La sua compagna vergine. Grace Goodwin

La sua compagna vergine - Grace Goodwin


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stanza. Io la seguii, incuriosita dalla sua risposta.

      “Ah sì? Su Everis?” chiesi sedendomi di nuovo su quella strana sedia.

      Lei scosse il capo e guardò il suo tablet. Mosse le dita una volta, due. Mi ritrovai di nuovo bloccata.

      “No. Prillon.”

      Era stata inviata su Prillon Prime? Avevo sentito parlare di quel pianeta, dei grossi - no, enormi guerrieri che lo abitavano. Del modo in cui reclamavano la loro compagna sempre assieme a un altro uomo. Aveva avuto due compagni? Eppure ora era qui, sulla Terra. “Avevi due compagni?”

      “Sì.”

      Non mi offrì nessun dettaglio, ma non potei fare a meno di continuare a tormentarla con le mie domande. Sapevo che la mia mancanza di buone maniere stava facendo rivoltare mia madre nella tomba, ma non riuscii a porre un freno al flusso di parole che mi usciva dalla bocca. “Cos’è successo? Perché sei qui?”

      “I miei compagni sono morti, Lexi,” rispose lei con un sospiro. “Sono un caso speciale. È successo molto tempo fa. Ci andrei di nuovo? Lo farei se fossi te, se avessi dieci anni di meno?”

      Annuii. La guardai in faccia, osservandola e cercando di capire se mi stava mentendo.

      “Senza ombra di dubbio.”

      Nei suoi occhi scorsi solo tristezza, ma non rimpianto, e allora mi sentii meglio.

      “Sei pronta?” mi chiese.

      “Sì.” Feci un respiro profondo. Espirai.

      La custode premette un bottone e il muro dietro di me si aprì. Non vedevo cosa stesse succedendo, ma d’improvviso mi ritrovai circondata da un forte bagliore blu. Era come trovarsi su una giostra a Disney World. La mia sieda si inclinò all’indietro e scivolò verso lo spazio aperto dal muro. Un braccio robotico con un ago attaccato a un’estremità mi si avvicinò alla tempia. Mi punse.

      “Non temere. Ti ha innestato una NP. L’unità neuro-procedurale ti permetterà di parlare e comprendere qualsiasi linguaggio all’interno della Coalizione. Ora verrai trasportata su Everis.”

      La sedia si abbassò immergendomi in un bagno caldo, il bagliore blu si fece ancora più forte. Tutte le mie paure si sciolsero come una palla di neve sotto al sole. Stavo andando su Everis per incontrare il compagno a cui ero stata abbinata e finalmente avrei...

      “Partirai tra tre... Due... uno.”

      3

       Von, Pianeta Everis

      Non vedevo l’ora di tornare a letto. Per dormire, sognare. Per sognare lei. Era vicina, così vicina che mi sentivo costantemente eccitato. Dopo essere tornato dallo spazio e aver combattuto contro lo Sciame, non avevo desiderato altro che la pace, la tranquillità del vento che smuove gli alberi e dell'acqua che si riversa sulle rocce. Volevo la tranquillità e la solitudine.

      Ma non le avevo ottenute. La grande casa data come ricompensa al mio battaglione dopo che eravamo tornati a casa dalla terra era abbastanza grande da accoglierci tutti. Il nostro compito era di governare la regione, risolvere le controversie e decidere le punizione per chi infrangeva la legge. Adesso eravamo dei Cacciatori, i protettori dei deboli. Dovevamo mantenere la pace e consegnare alla giustizia tutti i criminali abbastanza folli da infrangere la legge di Everis.

      Da quando ci avevano assegnati a Feris 5, non avevamo avuto un attimo di tregua. In tutto eravamo cinquanta guerrieri, con un piccolo esercito di servitori e sottoposti pronti ad eseguire tutti i nostri ordini. Ma la Pietra Miliare, la fortezza dove venivano inviate le compagne da reclamare, si trovava al centro del mio territorio, e ogni paio di settimane, quando arrivava un nuovo gruppo di potenziali compagne, portavo almeno venti uomini con me per mantenere la pace.

      Le compagne marchiate erano preziose, e tutte le spose che arrivavano alla Pietra Miliare erano pronte per essere reclamate. Da sole. Protette solo dal protocollo e dall’onore degli uomini che competevano per conquistarle.

      Ma il mio letto era vuoto. Erano anni che era così, ma da quando ero ritornato su Everis e mi ero sottoposto al testi, ogni notte il vuoto dentro di me si faceva sempre più grande. Ero abituato a stare da solo. Ero bravissimo nel farlo. Non mi aveva mai dato fastidio - fino alla scorsa notte, quando avevo fatto il primo sogno.

      Quando avevo sognato lei. La mia compagna. La mia compagna marchiata.

      Era arrivata qui da un altro pianeta, non poteva essere altrimenti. Ieri, quando il mio marchio si è risvegliato. Ha cominciato a formicolare, si è scaldato. Era una delle compagne marchiate provenienti da un altro pianeta. Non c’erano altre spiegazioni.

      Siccome il mio marchio non si trova sul palmo della mia mano, pensavo di essere difettoso, che non ci fosse nessuna compagna per me. Nessuna. Ma ora si era scaldato, così come avevo sentito da ogni altro Everian che era entrato in contatto con la propria compagna marchiata. Sì, si trova in un posto strano, ma funzionava!

      La mia compagna ora era qui. I miei sogni ne erano la prova. Non sapevo il suo nome, ma la sua mente aveva toccato la mia. L’avrei trovata. L’avrei sedotta. Non avrei avuto nessuna pietà. Dèi, erano anni che speravo di trovare una compagna. Combattere contro lo Sciame era una cosa brutale, e solo l’idea che un giorno forse avrei potuto trovare la mia compagna era riuscita a farmi andare avanti. Le probabilità di trovare la propria compagna marchiata erano meno di una su cento. La maggior parte di noi si accontentavano di una sposa qualunque, di una donna con cui si trovavano bene. Non tutti i maschi Everian avevano il privilegio di sentire il loro marchio che avvampava. Ma io mi ero aggrappato a questa speranza. Avevo sfruttato questa magra possibilità per restare in vita, così da avere la possibilità di trovarla. Di farla mia.

      E ora l’opportunità era qui. Lei era qui su Everis. Qui alla Pietra Miliare.

      Avrei avuto solo trenta giorni per convincerla ad accettare la mia reclamazione. Lei era la mia compagna marchiata, ma niente le impediva di scegliere un altro uomo come suo compagno. Niente mi garantiva che avrebbe scelto me.

      Solo la mia bocca sulla sua fica che la faceva gridare, il mio cazzo che la riempiva. Avrei dovuto prendere il suo corpo in tutti e tre i modi per reclamarla. L’avrei fatta fremere di piacere, si sarebbe immersa nel mio odore, nel mio tocco, fino a quando non avrebbe smesso di pensare agli altri uomini. Fino a quando non avrebbe desiderato che me.

      Il cazzo mi si fece duro e mi mossi sulla panca su cui ero seduto. Di fianco a me c’era Bryn, un altro Cacciatore.

      Normalmente, Bryn non se ne stava mai zitto, stava sempre a parlare, a tormentarci. Ma ora, mentre era seduto di fianco a me, se ne stava stranamente in silenzio e finiva di consumare il proprio pasto a base di verdure e carne. Da quanto eravamo tornati a casa, pasteggiavamo ogni giorno con del breet del nord e uccelli arrostiti provenienti dalla nostra terra natia. Le unità S-Gen sulle corazzate della Coalizione offrivano diverse migliaia di cibi tra cui scegliere ma, con così tanti pianeti membri, era irragionevole aspettarsi di trovare qualunque cibo da qualunque pianeta. Gli ingegneri incaricati di programmare le unità S-Gen analizzavano i benefici nutrizionali dei pasti più comuni su ogni pianeta e si assicuravano che ogni singolo guerriero potesse nutrirsi a dovere e restare in salute. C’erano concesse una o due delicatezze ogni tanto. Ma ora eravamo a casa, e i miei uomini si erano dato un bel da fare cercando di riportare i semplici piaceri dei nostri pasti.

      “Quando partiamo per la Pietra Miliare?” mi chiese Bryn ruotando il bicchiere pieno di birra.

      “Col primo volo.” Non ci aspettavano prima del tardo pomeriggio, quando sarebbero cominciate le presentazioni ufficiali, ma io non potevo più aspettare. Lei era lì. La mia compagna. Non potevo rischiare, non potevo fare tardi. A causa di impegni di lavoro, dovevamo passare la notte qui. Non che io avessi intenzione di sprecare l’oscurità, non ora che la mia mente aveva trovato la sua. Non vedevo l’ora di ritornare nelle mie stanze. Non vedevo l’ora di sognarla


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