Il lampionaio. Maria S. Cummins

Il lampionaio - Maria S. Cummins


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di risentimento appassionato, di torva ostinazione, d'odio perfino. Ma v'erano in quella piccola anima sorgenti di caldi affetti ancor chiuse, una profondità di tenerezza mai evocata, un ardore di devozione al quale non mancava che un oggetto su cui espandersi.

      Ella prodigò quindi alla creaturina che dipendeva da lei per il suo sostentamento tutta la dovizia d'amore accumulata nel suo povero coricino desolato. E tanto più l'amava quanto più era obbligata a darsene pensiero, quanto più grandi, erano i disturbi e le ansie che le cagionava. Teneva la bestiola quasi sempre fuori, fra il legname del cantiere, nel suo rifugio favorito. Trovò un vecchio cappello nel quale mise il proprio cappuccetto, e fece così una cuccettina per il micio. Gli portava una parte, degli scarsi suoi pasti, osava per lui ciò che non avrebbe osato per sè medesima, procacciandogli la cena col sottrarre tutti i giorni dal bricco un po' del latte che Annetta Grant la mandava a prendere, ed esponendosi al rischio d'essere scoperta e punita: solo rischio, solo danno, di cui il furto e la frode potessero destare il timore nell'animo della misera bambina ignorante, perchè nessuno s'occupava di sviluppare le sue idee del bene e del male in senso astratto. Ella si divertiva ore intere a trastullarsi col suo gattino fra le cataste di legname, a parlargli, a dirgli quanto le fosse caro. Ma nelle giornate più rigide, non avendo modo di ripararsi dal freddo all'aperto, ed essendo assai pericoloso portare il suo protetto in casa, si trovava in un serio impiccio. Nondimeno, coraggiosamente nascondeva il micino in seno, e correva a rifugiarsi con lui nella soffittuccia ch'era la sua camera. Là, badando di tener l'uscio chiuso, riesciva a far sì che la presenza del suo compagno sfuggisse agli occhi ed agli orecchi della terribile Annetta. Due o tre volte invero, per sua momentanea distrazione, accadde che la vispa bestiola scappasse al piano di sotto, nel corridoio e nella cucina, anzi una volta la donna lo vide e lo cacciò con la granata; ma in quel popoloso quartiere dove i gatti vagabondi erano tutt'altro che rari, il caso non poteva parere così straordinario da provocare un'inchiesta.

      Sembrerà strano che Gertrude fosse libera di star fuori a baloccarsi dalla mattina alla sera. I fanciulli delle classi povere sogliono imparare per tempo a rendersi utili. Sono numerose le creature di tenera età che, per le strade, davanti alle porte e nelle corti delle case, vediamo andar curve sotto il peso d'una voluminosa fascina, o d'un paniere di trucioli, o, più spesso, d'un grosso marmocchio al quale si deve badare e prestare ogni sorta di cure. E noi compiangiamo un'infanzia soggetta a cotali fatiche, e giudichiamo troppo dura la sua sorte. Eppure non è quella, alla perfine, la maggiore delle disgrazie: stava per tutti i conti assai peggio la piccola Gertrude, che non era costretta a far nulla, e ignorava la sodisfazione d'aiutare qualcuno. Annetta Grant non aveva marmocchi, e stimava poco i servigi dei ragazzi. Donna attivissima, non sentiva punto il bisogno d'impiegare l'orfanella in qualche faccenda domestica; al contrario, desiderava di levarsela d'attorno. Sicchè, tolta la corsa quotidiana per il latte, Gertrude era sempre in ozio: causa feconda d'infelicità e di scontento, se anche non avesse avuto a soffrire per alcun'altra.

      Annetta, una scozzese non più giovane, aveva sortito da natura un cattivo temperamento, che, con gli anni, era divenuto pessimo. Conosceva la vita dal suo lato più rude, era gran lavoratora, e godeva la reputazione di femmina sveglia, ardita, e dominatrice. Ell'aveva reso al marito così disamena la casa coniugale, che egli, lasciando il suo mestiere di falegname, era andato piuttosto per mare. Faceva la lavandaia e teneva alcuni dozzinanti. I suoi proventi sarebbero bastati a sbarcare comodamente il lunario, se non fosse stata la sregolatezza del suo figliuolo, giovinastro turbolento, guastato da lei stessa nella prima età con le intemperanze e le ineguaglianze del suo carattere. Era un valente operaio quando aveva voglia di lavorare, ma scialacquava tutti i propri guadagni e buona parte di quelli della madre. Per certe sue ragioni particolari ella seguitava a tenersi seco la bambina: non erano però tanto gravi che non pensasse talvolta a liberarsi da quel peso.

       Indice

      Misericordia e amor sul tuo cammino

      T'hanno incontrata, o misera reietta.

      Wordsworth.

      Gertrude aveva il suo gattino da circa un mese, quando in conseguenza del rimanere esposta alle intemperie si buscò una fortissima infreddatura. Allora Annetta, per tema delle noie che una seria malattia della bambina avrebbe cagionato a lei, le ingiunse di non uscire all'aperto, e perfino di starsene nella stanza riscaldata dov'essa lavorava.

      Certo, con quella tosse terribile, sarebbe stato buono sedere tutto il giorno accanto alla stufa, e tenersi calduccina, se non l'avesse tormentata il pensiero del micio, che innanzi ch'ella fosse in grado di ritornare nel cantiere a custodirlo poteva sperdersi, o perire d'inedia, o, pericolo non meno grave, dare una corsa nella casa in cerca della sua padrona.

      Passò la giornata, senza che la bestiola si facesse vedere. Ma verso sera, proprio nel momento che gli uomini venivano a cena, capitò tra i piedi d'uno di essi, là, sulla soglia della stanza dove Gertrude si trovava con la vecchia Grant ed era preparato il grossolano loro pasto.

      — Accidenti! — esclamò l'uomo che tutti chiamavano Iacopino. — È un gatto! O Annetta! Credevo che li odiaste i gatti, voi.

      — Non è mica mio, — disse ella. — Cacciatelo fuori. —

      Iacopino s'accinse a farlo. Il micio balzò indietro e, girando largo, andò a precipitarsi tra le braccia di Gertrude, la quale trepidante per il suo fato spiava con ansia gli eventi.

      Annetta gli domandò:

      — O cotesto gatto, di chi è?

      — Mio, — rispose coraggiosamente la bambina.

      — Tuo? E da quando tieni gatti? Come l'hai avuto? Parla! —

      Gli uomini le guardavano. Gertrude aveva paura degli uomini. Essi qualche volta le facevano dispetti e sempre erano per lei una sorgente d'apprensioni. Ella non osava dire a chi dovesse quel regalo, ben sapendo di peggiorare le cose, perchè Annetta Grant non aveva mai perdonato al lampionaio le sue dure rimostranze contro la crudeltà di picchiare una bimba per aver avuto la disgrazia di versare un bricco di latte; nè la soccorreva in quel momento tanta prontezza d'animo da inventare qualche fandonia che spiegasse altrimenti la presenza del gattino. Del resto non avrebbe esitato punto a mentire. La sua deficiente educazione non le aveva inculcato l'amore e l'abitudine della verità a segno ch'ella potesse preferirla quando la menzogna le faceva più comodo o la salvava da un castigo. Tacque e ruppe in lacrime.

      — Via, Annetta, — disse Iacopino — dateci la cena e lasciate stare cotesta mocciosa fino a poi. —

      La donna accondiscese, non però senza brontolare minacciosamente.

      La cena fu presto finita. In quella un sonatore d'organetto venne a fermarsi davanti alla casa e intonò un'aria popolare. I pigionali scendevano e gli si affollavano intorno, attratti dalla scimmietta che ballava in cadenza con la musica. Gli uomini andarono a raggiungerli. Gertrude impedita di uscire corse alla finestra. I grotteschi sgambetti dell'animale la divertivano un mondo; finchè sonatore e scimmia non si furono allontanati, ella stette a guardare intensamente assorta nello spettacolo, così intensamente da non accorgersi che non teneva più il micio, il quale, sfuggitole dalle braccia, era saltato sulla tavola e cominciava a divorare gli avanzi del pasto. Ella seguiva ancora con gli occhi l'uomo dall'organetto, quando vide apparire in fondo alla strada il vecchio lampionaio. Mentre si proponeva di trattenersi finch'egli avesse acceso il lampione, un urlo di rabbia la fece sobbalzare. Spaventata si volse giusto in tempo per vedere Annetta abbrancare il suo caro gattino. Si slanciò alla riscossa, balzò sopra una seggiola, afferrò un braccio della donna; ma costei la respinse vigorosamente con una mano e con l'altra scaraventò la bestiola attraverso la stanza. Gertrude udì un tonfo in un liquido, e un grido straziante. Annetta aveva gettato il povero micio in un gran catino pieno d'acqua calda a bollore pronta per qualche uso domestico. La piccola vittima si contorse un momento e morì in uno spasimo.

      Tutto il furore di cui l'impetuosa natura della bambina era capace, divampò. Senza titubare, ella raccolse un pezzo di legno che giaceva lì presso, e lo scagliò contro la megera. Aveva mirato bene. La vecchia Grant era stata colpita


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