Vita di Guarino Veronese. Remigio Sabbadini

Vita di Guarino Veronese - Remigio Sabbadini


Скачать книгу
rappresentavano l'umanismo, Venezia, Padova e Firenze.

      50. Nel luglio del 1414 mosse Guarino da Firenze col Barbaro verso Venezia. Passando da Bologna, i due umanisti risalutarono gli amici della corte pontificia. Giovanni XXIII sin dal febbraio del 1414 si era stabilito in Bologna, donde partì poi il 1.º ottobre alla volta di Costanza. Tra quegli amici Guarino e il Barbaro videro anche il Crisolora, il quale anzi volle accompagnarli fino a Venezia. Imbarcatisi sul Po i nostri viaggiatori percorsero felicemente il fiume, ma quando entrarono nel mare furono colti dalla nausea. Come mai, si domandarono, non si sofferse la nausea sul Po, bensì sul mare? Allora il Crisolora, «tesoro inesauribile di dottrina», spiegò ai compagni come cagione della nausea siano un senso esterno e un interno: «l'esterno essere l'olfatto, perchè l'acqua marina esala odori disgustosi, l'interno essere il timore, perchè il mare nasconde sempre, anche sotto belle apparenze, minacce e pericoli». Noi ci figuriamo Guarino pendere tutt'occhi e tutt'orecchi dalla bocca del Crisolora, nel quale ammirava tanto quel filosofeggiare bonario e sentenzioso anche sulle più minute questioni.

      51. L'arrivo di Guarino a Venezia «fu un trionfo». Ivi egli era molto conosciuto; ivi l'aveano veduto partire e tornare da Costantinopoli, avea già intimi vincoli di amicizia con la famiglia di Paolo Zane il suo benefattore, coi Donati, coi Barbaro e altre illustri case patrizie. Inoltre la gioventù veneziana lo aspettava con ansia, perchè tolte le momentanee apparizioni del Ravennate del Barzizza e del Crisolora, una scuola propria e stabile ivi non si era ancora fondata.

      52. Appena giunto fu intanto generosamente ospitato in casa Barbaro, dove oltre a Francesco c'era il fratello Zaccaria con la moglie e il figlio Ermolao, il piccolo portento d'ingegno, allora forse di sei o sette anni. E Francesco Barbaro meritamente si gloria di questa ospitalità offerta al grande maestro.

      53. Ma Guarino ben presto si costituì la propria dimora, che egli popolò di alunni privati, mettendo così le prime basi della scuola-convitto. Non era egli forse stato un famiglio in casa del Crisolora a Costantinopoli? e non praticava così a Padova il suo collega Barzizza, provetto institutore? Il Barzizza teneva in casa sua una parte dei suoi scolari, tra i quali forse quel Vittorino da Feltre, che più tardi era destinato a dare il proprio nome a questa instituzione. Ebbe a convittori figli d'illustri famiglie veneziane, tre nipoti del cardinale Branda Castiglioni, un figlio dei marchesi Malaspina e di qualche altro principe. Li faceva sorvegliare da persone fidate, qualche volta dai suoi stessi figliuoli; destinava alla loro istruzione appositi maestri: egli sedeva al timone, per dirla con la sua frase, invigilando il buon andamento generale.

      54. Così Guarino a Venezia. La sua casa era una famiglia di studenti, talvolta assai numerosa: chiamava convitto (contubernium) la famiglia, camerate (contubernales) gli studenti. Nell'invitare a Venezia l'amico Paolo de Paolinis, professore di filosofia morale a Firenze, così gli scriveva: «Vieni e faremo vita comune; comune avremo il cibo, i discorsi, il sonno. Nè ti credere in ciò di recarmi incomodo; tutto si acconcierà nel migliore e più agevol modo possibile. Per te non faccio nessuna novità nè di apparecchi nè di cibi nè di letti, nulla nulla; preparati a una vita da studente, alla quale tu sei stato avvezzato, educato, cresciuto. Non ti prometto pietanze squisite, vasi preziosi, ricca supellettile; mangerai rape e fave, berrai in bicchieri di legno e adopererai posate alla buona. Condiremo ogni cosa coi continui ragionari, con le risa, coi giuochi, col brio; così Curio traeva in terra una vita celeste. Oro e argento non te ne posso offrire, ma buon umore e lieta brigata quanta ne vuoi».

      55. Appena posto piede in Venezia, Guarino scrisse al Barzizza, che già dovea conoscere di persona, del suo arrivo e come sarebbe andato a trovarlo a Padova; a cui con altrettanta squisitezza ed urbanità il Barzizza rispose che sarebbe toccato a lui venirlo a vedere a Venezia. Così si strinse fra i due umanisti quel legame di reciproco affetto e stima, il quale fu veramente esemplare: che nè invidia nè gelosia rallentò mai, anche quando il Barzizza si vide rubare, come era naturale, dal nuovo collega gran numero di scolari «che erano stati primi ad amarlo». È bello veder quel loro scambio di codici e di pietosi sensi. Affettuose sono le condoglianze che Guarino fa al Barzizza in morte della moglie, affettuosi e veramente paterni gli ammonimenti che il Barzizza dà a Guarino sul mutar residenza e sul cercarsi dopo tanto peregrinare un posto sicuro e stabile. Da buoni colleghi si aiutano scambievolmente nei loro studi, professando l'un per l'altro quella stima che meritavano, nel che il Barzizza dava esempio di generosa modestia, proclamando Guarino il più dotto dell'età sua e il vero modello della bontà e dell'onestà.

      56. Questa stessa affettuosa corrispondenza troviamo negli scolari delle due città vicine. Col Barbaro e col Giuliani, già allievi suoi ed ora di Guarino, il Barzizza è sempre in carteggio: loda al Giuliani l'orazione in morte del Crisolora, al Barbaro il De re uxoria, a lui e al Giustinian le traduzioni dal greco. Comuni amici del Barzizza e di Guarino restano il Corner e il Vettori, che ora fanno vita a Venezia, i fratelli Giona e Lazzarino Resti, Alfonso portoghese, Filippo di Cipro, che stanno a Padova; amico comune Cristoforo Parma, maestro vagante, che un anno troviamo a Padova, un anno a Ferrara, un anno a Verona, un anno a Venezia. Da Venezia Guarino si congratula degli studi di Battista Bevilacqua, a cui raccomanda gli amici suoi; e da Padova il Bevilacqua compiange in una affettuosa lettera a lui diretta la morte di Zaccaria Barbaro. Passa da Venezia a Padova e da questa a quella Pietro Donati, arcivescovo di Creta, ben voluto dai letterati delle due città. Da Venezia Guarino mette in relazione Francesco Bracco, suo camerata, col Donati, col Gualdo, col Barzizza a Padova e briga con tutti gli amici di Firenze per far nominare alla magistratura della mercanzia Filippo di Cipro, residente in Padova.

      57. A Padova si erano incontrati alla scuola del Barzizza Giorgio da Trebisonda, Francesco Filelfo, Vittorino da Feltre, destinati tutti e tre ad occupare un posto cospicuo tra gli umanisti della prossima generazione; e da Padova si partono l'un dopo l'altro tutti e tre: il Filelfo a piantar scuola in Venezia, il Trebisonda a udirvi Guarino e a fare il copista in casa Barbaro, Vittorino a imparare un po' di greco dal dotto Veronese, a cui per compenso raffinò il gusto latino, facendo così quello che il Platina felicemente chiama «scambio di merci».

      58. Ma ciò che più tiene vive le relazioni tra Venezia e Padova è la corrispondenza di Guarino con Girolamo Gualdo vicentino, a cui lo legavano anche rapporti di famiglia. A lui manda gli scritti suoi, come la lettera sulla vittoria di Gallipoli, e gli scritti degli amici, come l'orazione funebre del Poggio per lo Zabarella, le traduzioni dal greco e qualche lettera del Barbaro; e con lui scambia codici.

      59. Nè in questi rapporti manca l'arguzia e la burletta, giacchè per quanto gli umanisti fossero quasi sempre al verde e in lotta tutto il giorno con le prime necessità della vita, pure la serenità e il brio non venivano loro mai meno. Quegli che alimentava la gaiezza in questa società era soprattutto il veneziano Giannino Corradini, che faceva il medico a Padova; «l'amenissimo e argutissimo Corradini,» ammiratore entusiastico di Guarino e delle sue lettere, al quale per ogni lettera che riceveva mandava in dono una gallina. «Ma bada, gli doveva scrivere Guarino, bada che questa mia non è nè lettera nè epistola, se no c'è il pericolo che mi capiti qui all'improvviso una gallina. Del resto vogliamo proprio fare il patto dello scambio delle lettere con le galline? io già non mi preoccupo che me ne venga nausea; tu valente medico non puoi mandare, naturalmente, cibi nauseosi. E intendi bene: io non seguo la setta degli Stoici e dei Peripatetici, ma degli Epicurei. Ho poi speciale antipatia per certi autori e simpatia per certi altri: antipatia per Cicerone, Lentulo, Fabio, Macrobio, autori insipidi; simpatia per Vitellio, Cepione, i sacerdoti Galli, Perdicca, compagno di Alessandro, e Carneade, non il vecchio ma il giovane».

      60. A Padova andava spesso Guarino «a celebrarvi, come egli diceva, i sacri riti dell'amichevole sodalizio, del quale era consigliere e ospite». «Di ritorno ier l'altro, o diletto Gualdo, dalla mia visita al sodalizio di Padova, avevo d'innanzi agli occhi e mi risonava ancora negli orecchi la vostra festività, la cortesia, il brio condito di gravità; e tanto la mente mia si era immersa nel ricordo, che voi mi eravate al fianco compagni del viaggio». In un altro ritorno da Padova a Venezia si erano imbarcati Guarino, il Barbaro, il Giustinian e il Giuliani. Chiese di salire con loro un vecchiotto, che fu lo spasso della brigata. «Di che genere sei?» gli domandò il Giuliani. «Maschile», rispose quegli. «Me ne ero accorto, riprese il Giuliani, dalla barba bianca che ti copre il volto.» Allora il vecchiotto disse che era maestro di scuola. «Ho capito, replicò il Giuliani, sei


Скачать книгу