Vita di Guarino Veronese. Remigio Sabbadini

Vita di Guarino Veronese - Remigio Sabbadini


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a Cluny un primo nucleo di orazioni ciceroniane e un secondo a Langres.

      84. I viaggi in Germania invece cadono negli anni 1416 e 1417. Il centro di questa seconda serie di esplorazioni fu la badia di S. Gallo, dalla quale egli mosse alle badie circostanti. Qui il Poggio ebbe compagni il Rustici e più ancora Bartolomeo da Montepulciano. Anzi Bartolomeo nel febbraio 1417 proseguiva per proprio conto le ricerche e giusto in quel tempo scoperse a S. Gallo un Vegezio e un Festo.

      85. Le notizie delle scoperte volavano subito per tutto, specialmente a Firenze e a Venezia. Da Venezia il 6 luglio 1417 il Barbaro scriveva al Poggio una lunga lettera di congratulazione, nella quale si trovano nominati i migliori acquisti fatti: Tertulliano, Silio Italico, Marcellino, Manilio, Lucio Settimio, Valerio Flacco, Capro, Probo, Eutichio, Nonio Marcello, Lucrezio, Asconio Pediano, Quintiliano, oltre ai suaccennati scoperti in Francia e a quelli di cui ci ha lasciato notizia il Rustici, cioè Vitruvio, Prisciano (Partitiones XII versuum Aeneidos) e Lattanzio (De utroque homine).

      86. Questi autori o erano interamente ignorati o mal noti. A Venezia e a Padova arrivò subito un Marcello, non dopo la metà del 1416; Guarino e il Barzizza ebbero anche un Asconio, Guarino un Lucrezio. Ma i due più preziosi acquisti furono Quintiliano e le orazioni di Cicerone. Un Quintiliano l'ebbe Guarino dal Poggio, uno il Barzizza, probabilmente dal cardinale Branda Castiglioni. Il Poggio poi scoprì un secondo Quintiliano, di cui si impossessò e che portò o mandò in Italia: quello stesso che ora si conserva nella Laurenziana di Firenze. Anche di questo ricevette Guarino copia dal Poggio.

      87. Per le orazioni di Cicerone invece Guarino e il Barbaro si dovettero rivolgere al circolo fiorentino, con cui il loro commercio epistolare non era meno vivo che con quello di Costanza, specialmente per alcuni Veronesi, che dimorando in Firenze contribuivano ad alimentare la corrispondenza tra le due città. Veronese era Galesio della Nichesola, ufficiale della mercanzia negli anni 1416-1417; veronese il Salerno, podestà nel 1418, col suo vicario Guglielmi; veronese Paolo de Paolinis, professore di filosofia morale. Nel 1418 Guarino raccomandava per l'ufficio della mercanzia in Firenze Filippo di Cipro al Corbinelli, allo Strozzi, al Barbadoro, al Boninsegni. E in uno di quegli anni fece, in compagnia di suo zio Francesco, una gita a Firenze il piccolo Ermolao Barbaro, che vi conobbe il Marsuppini, il Traversari e gli altri. Guarino era tornato in pace col Niccoli sino almeno dal 1416 e con lui e col Traversari scambiava codici.

      88. Questo commercio avea di solito per intermediario il Barbaro, la cui corrispondenza col Traversari era copiosissima. Il Niccoli mandava a Venezia le orazioni di Cicerone scoperte dal Poggio e le Epistole ad Attico, rendeva conto di un Tucidide vendutogli dall'Aurispa a Pisa, di un Trogo scoperto dall'Adimari in Spagna e mandava le orazioni di Demostene tradotte dal Bruni. Il Traversari poi inviava a Venezia le lettere del Crisolora, copiava per il Barbaro l'Agesilao di Senofonte ed emendavagli un Lattanzio; traduceva la Scala Santa e Grisostomo e ne spediva copia a Venezia.

      89. Da Venezia non erano meno generosi; di là partivano le nuove produzioni del Barbaro e del Giustinian; di là Guarino spediva gli opuscoli di Senofonte e il Barbaro colmava una lacuna al Livio del Traversari. La ricca collezione del Barbaro, della quale presentemente stava compilando il catalogo, fornì ai Fiorentini le lettere di Platone e di Basilio, un Nicandro, Alessandro Afrodisio, un Apollonio, un Filostrato, un Diogene. Anche Venezia ebbe la sua importante scoperta, poichè Guarino nei primi giorni del 1419 trovò fra molti codici sacri l'Epistolario di Plinio in otto libri, antichissimo, ora perduto, e che fu l'archetipo di una intera famiglia di codici Pliniani.

      90. Tirata la somma, Guarino nel quinquennio che stette a Venezia impresse un potente impulso agli studi. Quello fu un breve periodo, ma un periodo aureo, in cui Venezia brillò come faro dell'umanismo. A Venezia mettono capo le fila da Costanza, da Firenze, da Padova; e Guarino le raccoglie e le compone in mirabile unità. Ma Venezia dovea cedere presto il primato ad altre città, contentandosi di passare in secondo ordine, vuoi perchè non era favorita da tutte quelle condizioni che danno lunga vita a un centro di studi, vuoi perchè Guarino piantò altrove le sue tende, lasciando però dietro di sè larghe tracce in quella schiera di valorosi patrizi, che frequentarono la sua scuola.

      91. Guarino si cominciò a sentire a disagio in Venezia sin dalla fine del 1417; anzi trattava per avere un posto presso la curia pontificia. Che volesse abbandonare l'insegnamento per cercarsi uno stato meno precario e più durevole? Già si lamentava nel 1416 quando comparivano i primi capelli grigi; e il Barzizza lo eccitava paternamente a costituirsi una buona volta una posizione stabile. Quelle esitanze di Guarino fecero rinascere la speranza nei Fiorentini di riaverlo, ma fu vana lusinga.

      92. Fallito il tentativo con la curia, Guarino mutò punto di appoggio e rivolse le sue mire a Verona. Quanti vincoli non aveva egli a Verona! Tutti gli amici, tutti i parenti, che lo amavano, che lo stimavano, lo avrebbero voluto colà. Colà si era trasferito nella prima metà del 1418 il suo carissimo Cristoforo Parma, colà egli avrebbe desiderato tirare da Firenze il veronese Paolo de Paolinis. Il suo diletto Maggi e l'ottima madre metteano in opera tutti i mezzi per farlo venire a Verona; e pare che egli cominci a cedere.

      93. Le sue visite alla città natale diventano più frequenti: il Maggi e la madre gli aveano proposto un matrimonio. Si offriva a Guarino quella posizione, che egli poteva considerare ormai come stabile e definitiva, il suo sogno era in via di avverarsi; egli avrebbe abbandonato la vita del maestro errante, che piaceva tanto all'amico Cristoforo. Alla fine di ottobre del 1418 egli torna da una visita a Verona lasciando, come si dice, carta bianca alla madre e al Maggi; e il matrimonio è combinato con Taddea Zendrata figlia di Niccolò.

      94. Le nozze furono celebrate il 27 decembre dello stesso anno; come dote gli vennero assegnate delle case in Verona e dei terreni a Valpolicella. Non condusse però seco subito la moglie; il che non gli impedì di difendere strenuamente, per quanto νεοθάλαμος, il matrimonio quando Antonio Corbinelli pretendeva tra il serio e lo scherzevole di dimostrargli, che esso nuoce agli studi. Verso il principio del 1419 prese moglie anche Francesco Barbaro, a cui poco dopo morì il fratello Zaccaria: due nuove ragioni che distaccarono maggiormente Guarino da Venezia.

      95. Nel marzo 1419 Federico Pittato, cugino della moglie, gli scriveva come ella lo sospirasse e come fosse aspettato a braccia aperte da tutta la città. Spesi pochi giorni a sbrigare le ultime faccende e a prender commiato dagli amici, Guarino già ai primi di aprile dovette probabilmente trovarsi a Verona.

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