Il Clan Del Nord. Jessica Galera Andreu

Il Clan Del Nord - Jessica Galera Andreu


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      Non furono in pochi che circondarono Jaren quando scese dal pozzo, riempiendolo di gratitudine, lacrime di gioia e abbracci.

      Quando riuscì a liberarsi dal tumulto, tornò da Erik, che lo stava aspettando appoggiato alla sua stampella. A volte la sua lesione non gli dava problemi e poteva camminare senza alcun aiuto o sostegno; altre volte, invece, la gamba malconcia gli faceva male e soffriva al punto che non era nemmeno in grado di camminare. A Jaren sarebbe piaciuto che quel giorno fosse uno di quelli in cui poteva correre e saltare, perché nei tre mesi in cui era stato lì era arrivato ad apprezzarlo davvero e a sentirlo come un fratello.

      “Non posso crederci!”disse Erik, mentre lo abbracciava, lasciando andare anche la stampella. “Non posso credere che questo giorno sia giunto alla fine.”

      “Beh, credici Erik. E' finita.”Jaren raccolse di nuovo la stampella e la restituì al ragazzo.

      “I messaggeri sono arrivati da mio padre nelle ultime ore. Likara si è arreso. Abbiamo espulso i suoi ultimi soldati e Vianta ha resistito. Adesso regna la pace.”

      Un uomo si avvicinò per prendere le redini di Donko, il cavallo di Jaren, e portarlo via, dopo aver fatto una leggera riverenza davanti al ragazzo.

      Erik aveva visto ripetersi quella scena da molto tempo, ma restava comunque incapace di abituarsi a uomini adulti del doppio dell'età di Jaren, che gli rendevano omaggio in questo modo e gli offrivano tali segni di rispetto. Non avrebbe dovuto essere strano, si ripeteva, poiché Jaren era il figlio del re di Isalia e nonostante fosse giovane, aveva accompagnato i suoi uomini in guerra in numerose occasioni, da quando suo padre l'aveva mandato per la prima volta quando aveva solo quattordici anni, come lui stesso gli aveva spiegato.

      I ragazzi camminavano tra la gente, che continuava ad avvicinarsi per ringraziare il giovane principe per la difesa del loro villaggio e per la fine di quella guerra che li aveva flagellati per tanto tempo, e che aveva raccolto lì le loro ultime forze.

      Avanzarono lentamente, mentre Erik zoppicava con la gamba sinistra, conseguenza, secondo quanto aveva raccontato, della caduta da cavallo.

      “Suppongo che ve ne andrete adesso, giusto?”chiese Erik, guardando dritto davanti a sé.

      Jaren lo osservò, portando la mano sul sangue che ancora sgorgava dalla tempia e che lo faceva sentire leggermente stordito.

      “Si” rispose “Mio padre ha ordinato di tornare immediatamente. Come ho detto, qui abbiamo finito.”

      “A mia sorella mancherai”, aggiunse Erik sorridendo. Questa volta il ragazzo lo guardò negli occhi.

      “Anche a me mancherà Sylvaen, e tante cose a Vianta.”

      “Stai scherzando!”rispose Erik “Nessuno sano di mente sentirebbe la mancanza di questo posto, tanto meno se si vive a Isalia, in un castello circondato da ogni sorta di lusso.”

      “Lusso, responsabilità, doveri, cose che non mi interessano nemmeno.”disse Jaren. “Passo la vita ad accompagnare mio padre a incontri con persone che non conosco, ma che ucciderebbe pur di accontentare e compiacere. Questo è l'opposto, isolato dal mondo, lontano da tutto, libero. Tutto è così semplice, così facile, nonostante le difficoltà. Credimi, non esiterei a cambiarlo.”

      “Solo qualcuno che ha sempre avuto tutto parlerebbe così.”

      “Non è come pensi Erik.”

      “Si...beh, che mi dici di Sylvaen?”

      Jaren si fermò e si guardò intorno prima di riportare lo sguardo su Erik.

      “Sai che sono fidanzato con la figlia del re di Esteona. Non posso offrire niente a tua sorella.”

      “Ma pensavo che tu e lei...”

      “Sono sempre stato sincero Erik, con lei e con te. Non ho ingannato nessuno.”

      “Già...immagino sarebbe stato da ingenui pensare che avresti cambiato una principessa per una semplice contadina.”

      “Non c'entra niente e lo sai perfettamente. Sai chi sono.”

      “Vuoi quella principessa?”

      “Non la conosco nemmeno , ma sai come funzionano queste cose. L'accordo sarà redditizio per Isalia ed Esteona e questa è l'unica cosa che conta. Mio padre ne ha bisogno. Ha troppi fronti aperti, e se non trova alleati non resisterà.”

      “E' l'unica cosa che conta?”

      “Non per me, Erik, ma in questa faccenda sono legato mani e piedi.”

      “Non vuoi quella principessa perché non la conosci nemmeno. E Sylvaen?”

      Jaren tirò un profondo respiro e non riuscì a incontrare lo sguardo del suo amico, che annuì comprendendo l'evasione del ragazzo.

      “Dovresti almeno andare a salutarla, fare le cose come si devono, lo sai. Entro i limiti.”

      Senza nemmeno salutare, Erik se ne andò zoppicando e si mescolò alla folla, che continuava a correre da una parte all'altra, immersa in un'attività insolita, diversa dalla quotidianità che Jaren aveva vissuto a Vianta sin da quando era arrivato. Si guardò intorno e tirò un profondo respiro. Anche se la guerra era finita, il villaggio avrebbe impiegato molto più tempo a cancellare i segni della sofferenza e della devastazione. Le capanne crollate, gli edifici distrutti, la polvere e la crescita del cimitero avrebbero dato mostra di tutto ciò che Vianta aveva sofferto, ma Jaren sapeva che sarebbe bastata la volontà del suo popolo per ricostruire quel luogo e instaurare una pace più che necessaria.

      Ricordò poi il giorno in cui suo padre lo aveva informato della sua decisione di mandarlo lì per salvaguardare il passaggio alle più grandi miniere della zona, un obbiettivo prioritario nella guerra che Isalia stava combattendo contro Likara. Difendere un villaggio così insignificante era stato un fastidio per Jaren più che una sfida, persino un'umiliazione. Non aveva mai capito perché suo padre si sforzasse così tanto per mantenere un posto che rappresentava solo un grande fastidio a causa della lontananza stessa da Isalia, e in cambio non apportava quasi nulla che potesse essere di beneficio per lui. Nemmeno le miniere d'argento erano preziose per Isalia, che poteva importare quel minerale da qualsiasi altra parte, ma a quanto pare era un argento unico al mondo per le sue strane proprietà e questo era un motivo sufficiente per lottare per la sua salvaguardia. Nemmeno il fatto che il crescente regno di Isalia fosse troppo lontano rappresentava un ostacolo, non solo per il re, per inviare lì una difesa più che sufficiente, ma perché fosse guidato da suo figlio, dando una buona spiegazione dell'importanza che il sovrano conferiva a Vianta.

      Tre mesi dopo l'incarico del re, Jaren era interiormente grato a suo padre che portasse cosi tanta stima verso quella piccola città. Andare in quel luogo gli aveva permesso di vivere in modo diverso rispetto a Isalia, mescolandosi tra la gente, sentendosi uno come tanti, chiamato per nome, trattato senza quel rispetto esacerbato, quasi al limite della paura con cui sembravano trattarlo i pochi cittadini di Isaia che avevano contatti con lui: solo i servi e alcuni mercanti o soldati.

      Avanzò di qualche passo fino a raggiungere la umile casetta dove viveva Erik con sua sorella Sylvaen e sua madre Elessa, un luogo dove aveva trascorso molti pomeriggi, come aveva fatto in tante altre case, le più umili, i cui proprietari lo invitavano con le migliori intenzioni, nonostante il poco che potevano offrire. Bussò alla porta senza ricevere risposta e si sporse per guardare dentro, sul fuoco ribolliva una pentola di stufato. L'odore lo travolse, entrò chiudendosi la porta dietro di sé.

      “Hey. Sylvaen!”chiamò “Elessa!”

      Si avvicinò lentamente alla pentola ci infilò un dito per assaggiare il delizioso brodo che bolliva dentro. Esaminò con calma l'ambiente circostante mentre si appoggiava al tavolino a quattro posti che occupava la parte centrale della stanza. Il mormorio dalla strada arrivava fino a lì, un po più sommesso, e Jaren pensò allora che forse anche le due donne erano uscite. Nello stesso momento Sylvaen apparve dalla dispensa che si trovava sul retro e quando incontrò il ragazzo si fermò all'improvviso.

      “Jaren!”esclamò.


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