Egitto. Cagni Manfredo

Egitto - Cagni Manfredo


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tempo dopo la fondazione del regno. In cambio gli antichi Egizi possedevano parecchie razze di buoi a lunghe corna, analoghi a quelli di Dòngola sull'alto Nilo; molte varietà di capre e di cani; il cane volpe dal pelo rossiccio, dal naso affilato, dalle orecchie a punta, dalla coda spessa; lo sloughi, ossia grande levriere di Africa dalle orecchie lunghe e dritte; il bassotto; il cane-jena. L'asino, africano di origine, conservò sotto codesto clima favorevole una bellezza di forme ed un vigore che difficilmente possiede il nostro di Europa. A fianco delle specie domestiche i primi emigranti trovarono il lepre a lunghe orecchie; una quantità innumerevole di gazelle, antilopi colle corna foggiate a lira; poi animali più temibili, il gatto selvatico, il lupo, lo sciacallo, la jena a striscie e macolata, il leopardo, il ghepardo, che combattuti ad oltranza furono finalmente cacciati verso il deserto.

      Due mostri anfibî, il coccodrillo e l'ippopotamo vivevano sulle sponde del Nilo e rendevano l'accesso al fiume pericoloso per gli uomini e per gli animali.

      Gli ippopotami, numerosi assai sotto i primi re, diminuirono notevolmente, mercè l'insistente caccia data loro, talchè furono costretti a ritirarsi nelle paludi delle regioni equatoriali. Alcuni individui della loro specie esistevano ancora in Egitto verso la metà del tredicesimo secolo dell'era volgare.

      Il coccodrillo, adorato e protetto in alcune regioni, esecrato ed inseguito in certe altre, si è conservato sino ai giorni nostri. Ma a chi rimonta il Nilo non è dato di vedere coccodrilli prima di avere oltrepassato Assouan (1ª Cateratta) poichè essi continuamente disturbati dalle armi da fuoco e dall'agitazione prodotta dai numerosi battelli a vapore vanno sempre indietreggiando verso il Sud.

      L'Egitto possiede una grande quantità di uccelli; l'aquila, lo sparviero, il falco, l'avoltoio dal capo calvo, la gazza, il piccione, la tortora, la rondine, la pernice ed il passero.

      Gli ibis bianchi e neri, i pellicani, il cormorano, l'oca, l'anitra riempiono le paludi e coprono le acque del fiume delle loro infinite varietà. L'oca e l'anitra addomesticate, sin dai tempi i più remoti, riempivano i cortili dei sudditi del re Mene e sostituivano il pollo ancora sconosciuto.

      I vari rami del fiume formicolavano, nel vero senso della parola, di pesci la più parte buoni a mangiarsi: la triglia delle paludi di Pelosa, ingrassata nel loto, il mulo screziato degli stagni artificiali, il muletto ordinario, la tremola, e la gran tartaruga d'acqua dolce. La natura sembra abbia creato il fatraka in un momento di buon umore. È un lungo pesce coperto di spini, che ha la facoltà di gonfiarsi a suo piacimento; quando è gonfio oltre misura, per il peso del suo dorso, si rovescia contro sua volontà; viene trasportato in qua ed in là dall'acqua, avendo tutta l'apparenza di un riccio di terra.

      Allorquando succede l'inondazione, le acque nel ritirarsi lo abbandonano nei campi limacciosi, ove diventa preda degli uccelli e degli uomini, servendo di giocattolo ai ragazzi.

      Le foci del Nilo sono animate da un grande numero di pesci di mare, che vanno in fregola nell'acqua dolce e di pesci d'acqua dolce, che vanno a depositare i loro avannotti in alto mare.

Della caccia

      Le migrazioni in genere degli uccelli hanno due caratteristiche comuni a tutti i volatili:

      1º Di seguire sempre la linea più diretta.

      2º Di percorrere lo spazio con una rapidità meravigliosa.

      Tanto all'isola di Helgoland nel mare del Nord, che è la principale fermata degli uccelli di passaggio dei paesi settentrionali, quanto in Egitto, dove la maggior parte di essi si recano a svernare, vennero fatte numerose osservazioni, le quali hanno concesso di stabilire confronti curiosi.

      Gli uccelli migratori a volo rapido, come sarebbero i pettirossi, le rondini, le tortorelle, i beccafichi, ed anche le quaglie, percorrono lo spazio con una velocità media dai 50 ai 60 chilometri all'ora, velocità questa che corrisponde ad un dipresso a quella dei piccioni corrieri.

      In generale gli uccelli quando migrano viaggiano di notte, partendo poco dopo il tramonto del sole e fermandosi all'alba, od anche qualche ora dopo, nella località che loro meglio talenta.

      L'arrivare di buon mattino od a giorno già fatto dipende dall'ora della partenza, dalla maggiore o minore rapidità di volo dell'uccello e dalle condizioni più o meno favorevoli dell'atmosfera.

      È da notarsi che anche i giovani volatili, di sei od otto settimane di età, partecipano a questi lunghi percorsi.

Della caccia in Egitto

      L'Egitto è per i seguaci di Nembrod il paese per eccellenza, un paese di dolci sorprese e di amare delusioni. Rara è la selvaggina propria del paese: pernici del deserto con piume gialle macchiate di nero, difficili e faticose a cacciare, quasi immangiabili; qualche rara gazzella nel deserto, che separa il Cairo da Port-Said e specialmente verso Tel-el Kebir, poche lepri in questi stessi paraggi, o nella oasi del Fayoum, piccole piccole, di gusto mediocre, in rapporto ai loro pascoli scarsi e punto profumati; e una quantità di uccelletti minori, tali da non destare la cupidigia del cacciatore.

      Nel deserto si trova assai sovente lo sciacallo, più di rado la iena. Si parla di tanto in tanto di qualche cignale, ma in realtà si può dire di esso come dell'araba fenice, perchè non se ne vide più da tempo un esemplare. Sembra che una volta ve ne fossero in quantità fenomenale, ma in causa dei guasti che producevano ai raccolti, fu organizzata contro di loro una vera crociata. Il vicerè Mohammed-Alì mise sotto le armi le sue truppe per questa guerra di nuovo genere, e la razza venne interamente distrutta. Ecco ciò che offre di per sè stesso il paese.

      In questo stato di cose il cacciatore, in Egitto, è costretto a concentrare tutte le sue speranze sulla selvaggina di passaggio e si comprende facilmente come questa risorsa sia aleatoria. Venti contrari, persistenza dei calori estivi, che qualche volta si protraggono sino alla fine di novembre, più o meno abbondanti piene del Nilo e conseguenti inondazioni possono del tutto turbare l'ordine abituale nel passaggio della selvaggina.

      Nelle condizioni normali in Egitto la caccia può dividersi in tre periodi assai distinti: l'epoca delle quaglie e tortorelle, quella dei beccacini e quella delle anitre. Le quaglie e le tortorelle si cacciano in settembre lungo tutta la spiaggia, mentre di rado se ne trovano nell'interno, che essendo tutto allagato non può offrir loro di che nutrirsi. Provenienti dal Nord, appena arrivate, filano, dopo un breve riposo, direttamente verso l'alto Egitto, ove covano, per discenderne verso il marzo, ai primi forti calori, ritornando al Nord. In questa stagione appunto si trovano di preferenza nel medio Egitto e talvolta in numero eccezionale.

      Per la caccia alle quaglie il cane non è molto impiegato, perchè la caccia avendo luogo in settembre e sulla spiaggia all'arrivo delle quaglie, esso non riesce di necessità assoluta, e non resisterebbe a lungo sulla sabbia e coi calori di quella stagione.

      In marzo poi ed aprile poco servirebbe nei campi di grano o di trifoglio già alti. Di preferenza si adoprano i Beduini, che fanno una vera battuta e sono abilissimi a rintracciare gli animali uccisi.

      In generale ogni cacciatore ne conduce seco due o tre, e si può immaginare con quanta soddisfazione del povero agricoltore, che vede precipitarsi sulle sue messi, già prossime a maturità, una vera valanga umana.

      Fortunatamente il Fellah (contadino) è assai paziente, e se tollera a malincuore di vedere spesso rovinato il frutto delle sue fatiche, stenta a ribellarsi apertamente.

      Ciò non ostante qualche rissa ha luogo di quando in quando, anche con esito funesto. Così, or non sono molti anni, un medico del Cairo venuto a questione che degenerò poi in lotta, con due contadini, rimase ferito, nella colluttazione, dal proprio fucile, ed in seguito a tale ferita l'indomani moriva.

      Poco tempo dopo due ufficiali inglesi dell'armata di occupazione, cacciando essi pure le quaglie, uccisero inavvertentemente un fellah e ne ferirono un altro. Non lo avessero mai fatto! Tutta la popolazione del prossimo villaggio, uomini e donne, si precipitarono in un istante sopra di essi, che non trovarono altro di meglio, che ritirarsi combattendo. Raggiunti, furono legati, insultati, percossi ed ebbero a subire un lungo martirio, fino a che la polizia non giunse a sottrarli alla furia del popolo oltremodo eccitato, specialmente le donne.

      È però indiscutibile che la caccia alle quaglie richiede la più grande attenzione da parte del cacciatore.

      Il fellah ha l'abitudine di passare nei campi tutta la


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