Egitto. Cagni Manfredo
queste ultime, sia per sorvegliare le sue messi; di modo che accade assai sovente di non trovare una direzione di tiro libero in qualunque senso ci si rivolga. Ma il pericolo più grave sta nel fatto che i contadini, specialmente le donne ed i ragazzi, un po' per la torpidezza orientale, un po' per ripararsi dal caldo, stanno sdraiati per terra tra il grano ed il trifoglio, sicchè il cacciatore novizio, o poco prudente può credere, nulla vedendo, di avere piena libertà di azione.
Una quaglia si leva ed al rumore che fa è cosa facile che una donna od un ragazzo alzi la testa: il colpo parte… ed ecco come può accadere una sventura. In questo caso non vi è che un mezzo solo per salvare la situazione. Il supremo e sempiterno riparatore di tutti i mali… il danaro! Non sempre però esso produce l'effetto desiderato, sia per la natura delle persone colle quali si ha da trattare, sia per la difficoltà che offre alle trattative la poca pratica della lingua del paese. Da qualche anno lo spirito commerciale ha dato ampio sviluppo alla caccia alle quaglie per mezzo delle reti. E questo sistema è quasi esclusivamente esercitato dagli indigeni, che finirà col determinare, ove non si metta riparo, una diminuzione notevole di questa specie di animali.
Infatti, ogni anno se ne esportano da Alessandria, la più parte per Marsiglia, per irradiarsi sui vari mercati di Francia ed Inghilterra, circa un milione di capi in media, non essendo costante la quantità dei volatili di passo.
La tortorella si caccia al passo, appostandosi il cacciatore a qualche albero isolato, od a qualche viale, o nascondendosi dietro ad un cespuglio. Questa caccia è però assai incerta e spesso si succedono anni di massima scarsità.
Il beccaccino comincia a fare la sua apparizione verso i primi giorni di settembre e se ne trovano in quantità durante tutto l'inverno, perchè non è l'acqua che manchi in Egitto, non proveniente dalle pioggie, ma bensì dalle infiltrazioni del Nilo. Quest'acqua, ritirandosi poco a poco, lascia dei terreni, ove il beccaccino trova facilmente un pascolo abbondante. Le località in cui si trovano in numero più rilevante sono presso i laghi di Menzaleh e di Mariout; dopo queste, i campi coltivati a cotone.
Un buon tiratore può colpirne 150 e più per giorno. È però una caccia superlativamente faticosa per la natura del terreno smosso ed appicicaticcio, sul quale si rischia ad ogni istante di scivolare, o di affondare sino al disopra delle anche. Il beccaccino dorato è comunissimo.
Ai primi di settembre, cioè al tempo delle prime inondazioni del medio e basso Egitto, si ha un passaggio, qualche volta abbondante, di pivieri e di curli grossi e piccoli: dura però pochi giorni; questi animali non si fermano nel paese.
Le anitre (e sotto questo nome si designano tutti gli animali di becco schiacciato) si trovano innumerevoli nei laghi di Menzaleh e di Mariout, nelle Bircket, specie di avallamenti inondati dalle infiltrazioni del Nilo e nel Nilo stesso.
Le oche, le rosse comprese, nei mesi di dicembre e gennaio si trovano a stormi di migliaia nella notte ed alla mattina nelle grandi pianure inabitate; nelle ore calde del giorno preferiscono restare alle sponde delle isole arenarie del Nilo.
È curioso un genere di caccia che si fa a tutta questa selvaggina lungo i canali rimasti a secco o quasi, e che sono ripieni di una discreta vegetazione di piante palustri. Due arabi strascicano nel fondo del canale attaccata ad una corda, i cui estremi vanno a finire ai due argini, una scatola di latta (abitualmente scatole da petrolio ripiene di sassi o di pezzi di ferro), mentre sopra i due argini i cacciatori camminano, precedendo i due arabi, tirano sugli animali, che fuggono spaventati dal rumore prodotto dalla scatola.
Oltre questi generi di selvaggina, che possiamo considerare come i più importanti, il cacciatore, che non disdegna la piccola preda, troverà ancora altre risorse di soddisfacimento alla sua passione.
Una caccia divertente assai è quella della sirena, per quanto essa sia poco apprezzata dai buongustai. Vi sono due specie di sirene, quella del medio e quella dell'alto Egitto; quest'ultima si comincia a trovare all'altezza di Minieh. La sirena è un animale grosso circa come un tordiello, rivestito di bellissime piume gialle, azzurre e verdi.
Si trova in marzo, ma più ancora in agosto. Durante i calori del giorno sta nascosta nei campi del grano e del cotone, secondo la stagione, ma di buon mattino e verso sera si libra per l'aria in larghi giri con un canto tutto speciale, che la fa sentire anche prima che si veda. Questo canto è difficile a definire, ma se a qualche suono può compararsi, sembrami possa ricordare quello di una piccola ocarina udita a distanza.
La sirena dell'alto Egitto è più piccola, ma più smagliante di colori, ed ha questo di speciale che porta ad uno dei lati della coda una lunga penna nera ripiegata ad arco con cavità in fuori.
In agosto comincia l'epoca dei beccafichi, più o meno grossi, che a milioni si riversano sull'Egitto. Questa caccia è puramente di competenza dei cacciatori di mestiere, che la esercitano mediante il vischio: in genere sono cacciatori indigeni.
È originale il metodo che adoperano per spennarli e che è realmente l'unico pratico, data l'enorme quantità che ne prendono giornalmente. Dopo averli inumiditi, li sotterrano nella sabbia del deserto che, a quell'epoca, è quasi infuocata; dopo un'ora li ritirano affatto spennati.
Il beccafico è buono e delicato, ma bisogna avere la precauzione di togliergli lo stomaco, altrimenti prende un gusto amaro sgradevole.
Il mese di settembre può dirsi il migliore per il cacciatore buongustaio. Oltre che dell'ortolano, del codibianco ed altri uccelletti di becco fino comincia, ai primi di questo mese, il passa dei ciarlotti o piccole lodolette, che vanno a stormi talvolta di parecchie migliaia.
La caccia di questi uccelletti si esercita colle reti e col fucile. In una buona giornata di passo si può, colle prime, prenderne al di là del migliaio, col fucile se ne possono colpire 500 o 600 specialmente in un terreno piano ed unito. Si tira abitualmente il primo colpo per terra, il secondo appena si alzano aggruppati, e non è raro il vederne cadere fino a 30 o 40 in un colpo. La lodoletta in questa stagione è grassa e profumata, e vale tanto da non temere il paragone dell'ortolano.
In novembre arrivano le batticode (ballerine) riservate unicamente alle reti. Verso la fine di questo mese si comincia a vedere qualche lodola grassa; poco a poco vanno aumentando, e verso il 15 il passo è nel suo pieno. Essa pure si caccia colle reti e col fucile; non occorre nè lo specchietto, nè la civetta, il solo fischio, se bene modulato, ha la proprietà di attirarla. Per il cacciatore che ama dimostrare la propria abilità, è una delle caccie più divertenti, poichè bisogna cacciarle una ad una ed alla levata, il che non è nè facile nè comodo.
I così detti uccelli di canto sono assai rari in Egitto: più facilmente si trovano il cardellino ed il montanello.
La beccaccia è una vera rarità e si può dire che le pochissime che vengono uccise di tanto in tanto sieno state sbalestrate sulla terra dei Faraoni da qualche burrasca, che le fece deviare dal cammino che avrebbero voluto seguire. Il merlo è altrettanto raro che la beccaccia. In certi anni di freddo esagerato in Europa si trovano dei tordi in qualche giardino, ma in numero quasi insignificante e ciò si spiega facilmente in ragione della assoluta deficienza di pascolo adatto per loro.
Oltre tutte queste specie summentovate si trovano abbondantemente in Egitto falchi grossi e piccoli, ibis (bianchi specialmente) tife, martin pescatori brillanti e di variati colori, storni, tortorelle fermiccie, castellaccie, nei padulini, sterzagnole, alcuni inseparabili e passeri in grande quantità. Però di tutte queste varietà, sia per il loro nessun valore, sia per la loro esiguità, il buon cacciatore, non si cura affatto, ma guarda e passa, con loro grande soddisfazione.
Riassumendo, si può dire che l'Egitto, come paese di caccia propria, è assai limitato. Non potendosi cacciare che selvaggina di passo, troppe sono le ragioni e assai frequenti perchè la caccia sia scarsa e meschina.
Che diremo poi del quadro che tanto concorre a rendere piacevole questo genere di sport? Non una montagna verdeggiante che riposi lo sguardo all'orizzonte, non un villaggio pittoresco, che dia al paesaggio il più piccolo rilievo, non una foresta per riposarsi dai raggi infuocati del sole, non un ruscelletto fresco presso cui assidersi a rinfrescare la fronte, a dissetare le labbra. Una pianura immensa interrotta di tanto in tanto da gruppi di tane fabbricate con materie organiche e fango e che chiamansi villaggi; dei canali di acqua torbida e malsana quando se ne trova; qualche gruppo