Racconti politici. Ghislanzoni Antonio

Racconti politici - Ghislanzoni Antonio


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ve ne pare, signor marchese?..

      – In verità… la marchesina nostra figlia non potrebbe desiderare una posizione più splendida dal lato delle ricchezze… e quando ella non avesse difficoltà… Voi sapete, signor De Mauro, che a tali proposte non si risponde definitivamente se non dopo mature riflessioni… Bisogna in ogni modo che io mi consulti con qualcheduno… coi nostri nobili parenti… che io interroghi il cuore di mia figlia…

      – Ma via, signor marchese! – Parliamoci apertamente… Credete voi che un par mio, un uomo d'affari, sarebbe venuto a formularvi così francamente la sua proposta, se prima non fosse stato sicuro del consenso di vostra figlia? Che serve?.. Le cose sono arrivate a tal punto che ai signori papà non resta che rappresentare la parte dei padri nobili della commedia – far venire i due ragazzi e impartire ad essi la loro benedizione. – Mio figlio Edoardo è innamorato pazzo della vostra Enrichetta… e madamigella Enrichetta è innamorata morta di mio figlio Edoardo… Da cinque mesi si scrivono lettere di fuoco…

      – Da cinque mesi!.. la mia Enrichetta… scrive delle lettere…!.. A che tempi siamo giunti!.. Ma siete voi ben sicuro, signor De Mauro..? Ed io non mi era accorto di nulla…

      – Oh! sta a vedere che tocca a noi altri l'accorgersi di queste frascherie! Noi altri si fa di tutto per indovinarli i nostri figli, ma essi, gli ingrati! adoperano tutte le arti per sottrarsi alla nostra amorevolezza! Essi non vogliono permettere a noi il piacere di renderli felici! – Non importa!.. se ad essi pesa la riconoscenza, ciò non toglie che il renderli felici sia per noi un dovere, una gioia!

      Il signor De Mauro proferì queste parole con voce commossa. – Il marchese portò la mano agli occhi per asciugarsi una lacrima. Egli era uno di quei vecchi che piangono facilmente d'ogni nonnulla per rilassatezza dei vasi linfatici.

      In quel punto Enrichetta Contareno entrò nella sala – Ella entrò senza punto badare a suo padre, ma alla vista del signor De Mauro, trasalì leggermente. Il marchese adempì come un automa alle formalità della presentazione; ma il signor De Mauro, ch'era uomo di mondo nel senso più positivo della parola, alla presenza di quella fanciulla, ripigliò il suo fare più disinvolto. Egli sentiva di avere in lei una alleata che poteva con una sola parola decidere della situazione.

      – Non potevate giungere più a proposito, madamigella! – prese a dire il signor De Mauro indirizzandosi alla giovane – Io era venuto dal signor marchese vostro padre per proporgli un affare… che in… qualche parte… o signorina, riguarda anche voi… Il signor marchese non è ancora ben determinato nelle sue idee… mi ha chiesto del tempo a riflettere… e desidera innanzi tutto consultarsi con voi… Troppo giusto! Io amo la sollecitudine nel disbrigo degli affari… ma sono abbastanza ragionevole per comprendere le esitazioni del signor marchese, e d'altra parte la sua adesione non gioverebbe gran fatto quando essa non fosse avvalorata, o signorina, dal vostro consenso. Orbene; io vi lascio soli… non voglio influire colla mia presenza sulle deliberazioni che sarete per prendere. – Solamente io vi domando una grazia: se avviene che dalle vostre private conferenze esca un voto favorevole alle mie proposte, vi prego di inviarmi entro la giornata due righe così concepite: «domani, alle ore cinque e mezzo pomeridiane, il signor marchese Contareno e la sua gentilissima figlia saranno a pranzo da voi.»

      – Oh… ma vi pare!.. signor De Mauro?.. Ciò è fuori d'ogni regola! Un pranzo… con mia figlia…

      – Signor marchese, disse il De Mauro levandosi in piedi, e voi pure, amabilissima signorina, ascoltatemi bene: io ammetto che abbiate a riflettere, che abbiate a discutere liberamente e ponderatamente prima di decidere – ma una volta che questa decisione sia presa, io intendo che si proceda a passo di carica, a marcia forzata… senza perdere un istante. Fra quindici giorni tutto dev'essere compiuto.

      Ciò detto, il signor De Mauro fece un profondo inchino al marchese, e con insolita galanteria baciò la mano della fanciulla che arrossì leggermente.

      Appena il De Mauro fu uscito, il marchese ricadde sulla sua seggiola, e volgendosi alla figlia:

      – Tu avrai già capito di che si tratta, le disse con voce sommessa. – Il figlio del signor De Mauro aspira all'onore della tua mano… e il di lui padre vorrebbe farmi credere che fra voi altri due vi siate già scambiate delle promesse… le quali poco o nulla conterebbero…

      – Voi sapete che una mia promessa conta sempre per una promessa – rispose Enrichetta col piglio severo e quasi sprezzante ond'ella era usa a trattare con suo padre. – La mia fede è impegnata col signor Edoardo De Mauro; è l'unico giovine che io riconosca degno dei miei affetti e della mia stima. Solamente mi reca maraviglia ch'egli abbia scelto questo momento per realizzare i nostri desiderii!

      – Dunque a me non resta da far altro che… obbedire e apporre la mia firma! Come i tempi sono cambiati…! Una volta, il figlio di un mercante non avrebbe nemmeno osato levare lo sguardo sulla figlia di un nostro pari… quand'anche… Ma adesso!.. Viva la costituzione!.. Viva la libertà!.. Viva la democrazia!.. Ah! ci vorrebbe, per farla compiuta, anche un poco di repubblica…

      Enrichetta, senza badare alle querimonie di suo padre, che erano il ritornello quotidiano, si avviava per uscire dal salotto – quando il marchese, ingrossando la voce in segno di collera – Ebbene – domandò – cosa si ha da rispondere a quei signori? È ella disposta, la signora marchesina Contareno, a mettersi a tavola domani colla ditta Mauro e compagni?.. Sentiamo!

      – Io sono fidanzata al signor Edoardo da oltre cinque mesi – rispose la fanciulla – ecco la sola risposta che io possa darvi. Del resto fate voi!

      Il marchese, appena uscita la fanciulla, si accostò allo scrittoio, e sopra un biglietto di visita segnò le seguenti parole:

      «Tanto io che mia figlia Enrichetta aderiamo al vostro cortese invito, e domani, all'ora indicata, saremo da voi.»

      – Ad ogni modo, non è un cattivo affare – borbottò il marchese deponendo la penna – mia figlia è una testa positiva… essa tende alla aristocrazia dei milioni!

      X

      Non diremo ciò che avvenisse nelle due famiglie De Mauro e Contareno nel seguito di quella giornata fino alle ore cinque pomeridiane del giorno appresso. Oggimai i nostri lettori conoscono abbastanza i singoli personaggi di questa istoria per indovinare dal loro carattere certi episodii di nessun conto che sarebbe superfluo riferire. – Alle ore cinque pomeridiane la carrozza del marchese Contareno entrò nel palazzo del signor De Mauro. Il ricco industriale discese nel cortile, porse il braccio al marchese per aiutarlo a discendere dalla carrozza, mentre Edoardo, dall'altro lato, stendeva la mano ad Enrichetta colla timidità di un collegiale. – I due amanti si erano già ricambiati da lungi un saluto pieno di tenerezza, ma pure nei loro sguardi non brillava quella gioja serena, quella felicità espansiva, che ordinariamente trabocca dal volto di due giovani innamorati al momento in cui deve decidersi della loro unione indissolubile. – La fronte di Edoardo era ombrata da una ruga quasi impercettibile – gli occhi della fanciulla parevano approfondirsi sotto le palpebre folte. Quando la signora Serafina mosse incontro alla giovane per introdurla nella sala, Edoardo trasse dal petto un lungo sospiro, come se l'intervento di sua madre lo avesse liberato da un grave imbarazzo. Il pranzo non fu molto gaio. Il signor De Mauro sostenne quasi da solo l'incarico della conversazione, non risparmiando di lanciare tratto tratto degli epigrammi all'indirizzo del marchese, il quale divorava a due ganascie colla voracità plebea di un patrizio in bolletta. La mensa fu servita lautamente; la cucina del milionario, con quello sfoggio insolente di prodigalità, perorava cinicamente in favore del positivismo moderno.

      Il marchese, verso la fine del pranzo, avea le guancie rifiorite di due rose color pavonazzo – i suoi occhi bigi ridevano e piangevano ad un tempo. – La signora Serafina contemplava la fanciulla con uno sguardo di materna amorevolezza.

      – Orsù! disse il signor De Mauro levandosi in piedi per sturare di sua mano una bottiglia di sciampagna – beviamo il bicchiere della alleanza! facciamo un brindisi alla salute… dei nostri figli… e dei figli dei nostri figli, signor marchese!

      Erano le prime parole proferite a quella tavola, che suonassero così apertamente allusive al matrimonio di Edoardo e di Enrichetta.


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