Racconti politici. Ghislanzoni Antonio

Racconti politici - Ghislanzoni Antonio


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fanciulla si levò in piedi – le sue pupille parvero dilatarsi – la sua bellezza marmorea e severa rifulse di insolita luce – ella accostò il suo calice a quello del giovane, e coll'accento dell'entusiasmo: Bene! gli disse – viva l'Italia e i generosi che vanno a combattere per essa!

      Il signor De Mauro potè a stento dissimulare la dolorosa sorpresa che veniva a colpirlo.

      Per alcuni minuti regnò nella sala un silenzio solenne.

      Appena servito il caffè, il signor De Mauro, sforzandosi a riprendere la disinvoltura dell'uomo d'affari, si volse a suo figlio:

      – Ebbene, Edoardo?.. Con buona licenza del signor marchese, non condurresti la signorina a respirare un po' d'aria in giardino? Al punto in cui stanno le cose, signor marchese… E poi non è bene che quelle teste là… prendano parte alle nostre conferenze… Direbbero che noi non sappiamo far altro che spoetizzare il sentimento colla prosa numerica delle cifre!.. Andate, figliuoli!.. Edoardo!.. offri il braccio alla tua bella fidanzata… andate a svolazzare tra i fiori… ad esalare la vostra poesia tra il profumo delle rose e dei giranii… Io spero che al vostro ritorno, fra me ed il signor marchese saranno conclusi i trattati!

      Enrichetta ed Edoardo si levarono in piedi – la fanciulla appoggiò confidenzialmente il braccio a quello del giovane – la signora Serafina li accompagnò fino all'anticamera, e di là passò nel suo piccolo appartamento.

      – Fatti l'una per l'altro! disse il signor De Mauro al marchese – due teste calde – basta! a noi altri, teste grigie, il provvedere alla loro felicità positiva!

      XI

      I due giovani attraversarono il gran viale del giardino senza proferire parola.

      Giunti all'estremo, laddove sotto un bosco di rubinie erano disposti dei sedili rusticamente foggiati, Edoardo accennò alla fanciulla di sedere. Le finestre del salotto erano aperte, e la voce del signor De Mauro giungeva all'orecchio dei due giovani innamorati.

      – Sentite, Enrichetta? – cominciò Edoardo con qualche esitazione – essi trattano del nostro matrimonio!

      – In verità, rispose la fanciulla, ciò che è accaduto ieri… ciò che accade in questo momento mi sembra un sogno.

      – Un sogno felice, non è vero, Enrichetta?..

      – Ma non è dunque vero ciò che mio padre mi diceva?.. Fra quindici giorni?..

      – Fra quindici giorni noi dovremmo essere uniti per sempre… Vostro padre non oppone nessuna difficoltà al nostro matrimonio, non è vero, Enrichetta?..

      – Voi sapete, Edoardo, che da quella parte non potrebbero sorgere degli ostacoli molto gravi…

      – Orbene, Enrichetta, ciò che vi ha di reale, ciò che vi ha di rassicurante per noi in tutto che accadde da ieri fino a questo momento, è che la nostra felicità dipende da noi soli, che il nostro avvenire è assicurato, e quand'anche…

      Edoardo esitava a proseguire.

      La fanciulla, fissando nel volto del giovane uno sguardo che esprimeva un sentimento indefinibile, ripetè macchinalmente le ultime parole proferite da lui.

      – Enrichetta! – proruppe l'innamorato coll'accento della risoluzione – se queste nozze dovessero ritardarsi, se questo ritardo fosse desiderato… richiesto da colui che ti ama… da colui che ti ha consacrato il suo cuore… che darebbe il suo sangue per risparmiarti una lacrima… cosa diresti, Enrichetta? rispondimi: che diresti?..

      Le guancie della fanciulla si animarono di un roseo vivace che era la irradiazione di una gioia mal repressa. Pure ella ebbe forza di dominarsi. L'egoismo dell'amore domandava di assaporare a lente stille la voluttà di una rivelazione desiderata. Enrichetta, simulando lo stupore, proferì a voce secca queste sole parole:

      – Io non vi comprendo, Edoardo!

      – Voi non mi comprendete?.. Eppure avrei sperato… Quest'oggi… nel vostro contegno… nelle vostre parole mi pareva di leggere… Non importa… Poichè dite di non comprendere, converrà che io mi spieghi davvantaggio. Il nostro matrimonio non può effettuarsi entro quindici giorni, come mio padre avrebbe stabilito… Prima di unirmi a voi, Enrichetta, conviene che io parta da Milano, è necessario che io vada laddove in questo momento sono chiamati tutti gli italiani che sentono la voce del dovere… Questa mattina, mentre mio padre stava trattando col vostro della nostra prossima unione, io ho presentato la mia domanda per essere ammesso nelle guide dei volontari.

      Edoardo non aveva finito di proferire queste parole, che la fanciulla obliando ogni riserbo, cadde ai piedi del giovane, e coprendo la sua mano di baci, esclamava coll'accento del più sublime entusiasmo:

      – Io ti chieggo perdono, Edoardo, se per un momento ho potuto dubitare del tuo nobile cuore!

      I due giovani stettero alcun tempo abbracciati, assaporando quell'estasi voluttuosa che inonda due anime sorelle allorquando per la prima volta si riconoscono completamente. Estasi rare nella vita, fremiti passeggieri della intemerata giovinezza, misteriosi tripudii di quella essenza divina che è nell'uomo, e a cui i sensi non prendono parte. – Una lunga carriera di piaceri ci consuma la vita, e all'età di sessant'anni ciascuno può formare un grosso volume delle sue amorose peripezie; ma in questo volume non spiccheranno che due o tre pagine bianche – e saranno le pagine che ricordano una stretta di mano e il ricambio di un bacio santificato da quei giovanili entusiasmi che riassumono i più elevati sentimenti dell'anima.

      – No! Io non dubitava del tuo patriotismo – riprese la giovane sciogliendosi dall'amplesso e ricomponendosi in sulla seggiola – io temeva che l'insistenza di tuo padre, le preghiere e le lagrime della tua ottima madre, e quest'ultimo stratagemma del matrimonio avessero sorpreso la tua buona fede… Io temeva che l'esuberanza dell'amore potesse, per un momento, paralizzare in te la coscienza dei più sacri doveri…

      – Il pericolo era grande, ma tutt'altri, meno il tuo Edoardo, avrebbe potuto cedere al fascino di questa seduzione!.. Tu non sai, Enrichetta… Io non ti ho mai detto le orribili angoscie del mio passato… Combattere per l'indipendenza della patria… è dovere di tutti, e la gioventù italiana ha mostrato di comprenderlo… Ma io!.. Non è solamente all'Italia che devo il mio braccio – per me vi è ancora un altro dovere… quello di riabilitare la mia famiglia… Sì, Enrichetta!.. Mio padre mi accusa di poca tenerezza per lui… mi chiama ingrato!.. Egli non capisce che io non potrei dargli maggior prova di affetto che questa di ribellarmi alla sua volontà… Il giorno in cui mio padre potrà dire: io aveva un unico figlio, e questi è andato ad esporre la vita sul campo di battaglia – allora cesseranno i sospetti… Io tornerò dal campo colla fronte rialzata, io prenderò per mano questo vecchio quale egli sia, e la gente, vedendolo passare, non dirà più certe brutte parole… La gente dovrà dire: è il padre di uno che ha esposto la sua vita nella campagna 1866… a fianco di Garibaldi!

      Con questo sfogo, Edoardo aveva rivelato alla sua fidanzata il segreto di quei dolori che davano al di lui carattere una impronta severa e qualche volta cupa all'età di ventun'anni.

      In quel punto, la voce del signor De Mauro uscì più spiccata dal vano della finestra:

      – Si sono dunque perduti quei ragazzi? Eppure, voi vedete, marchese, che il labirinto non è vasto!

      – Siamo chiamati! disse Enrichetta.

      – Prima di tornare lassù, io vorrei domandarti…

      – Indovino il tuo pensiero, Edoardo. Tu non hai coraggio di dire a tuo padre…

      – Non è che il coraggio mi manchi, rispose il giovane. Ma se l'opposizione partisse da te, se tu dicessi apertamente che non acconsentiresti a sposarmi se non a patto che io abbia prima adempiuto ai miei doveri di buon cittadino – allora non vi sarebbero più repliche… e mio padre sarebbe costretto a transigere…

      – Vieni, Edoardo! – interruppe la Enrichetta – andiamo!.. accetto con orgoglio la missione che mi hai affidata… Vedrai che io saprò parlare come si deve.

      I due giovani si strinsero la mano e si baciarono – quindi, annodati delle


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