Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8 - Giannone Pietro


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terribile e spaventoso modo di procedere dell'Inquisizione di Spagna contra i Mori e gli Ebrei, rapportato alla notizia degli Italiani e de' nostri Napoletani, fece concepire loro un orrore grandissimo dell'Inquisizione. Avvenne che, col sospetto ch'ebbe Ferdinando, che in Napoli e nel regno si fossero (per isfuggire dalle sue mani) ricovrati molti Mori ed Ebrei, per estirparli in ogni parte ove capitassero pensasse di porre anche in Napoli un Tribunal conforme dipendente da quello di Spagna: e se deve prestarsi fede ad alcune lettere di Ferdinando del 1504, rapportate da Lodovico Paramo29, par che al medesimo, rivocando i patti e le capitolazioni accordate dal G. Capitano a' Napoletani, quando in suo nome prese il possesso del regno, fosse venuto in pensiero d'introdurre fra Noi l'Inquisizione suddetta; ma quando i Napoletani intesero il proponimento del Re, spaventati de' mali e ruine che poteva recar loro un sì fiero Tribunale, se lo ricevessero, costantemente si risolsero di resistere, anche con perdita della loro vita e robe alla volontà del Re; al quale avendo insinuato che in Napoli, e nel regno cotanto pio e religioso non vi era di ciò bisogno, e che ben per pochi Mori ed Ebrei, che vi s'erano ricovrati, potevan prendersi per discacciarli altri espedienti; finalmente gli protestarono, che in conto alcuno avrebbero un tal nuovo Tribunale ricevuto; ed avendo Ferdinando, non ben accertato della loro ostinazione, voluto a questo fine mandare di Spagna in Napoli alcuni Inquisitori, furono malamente ricevuti e poi ignominiosamente dal regno discacciati30.

      Ferdinando reso certo della loro ostinata deliberazione, per non entrare in maggiori brighe con pericolo di perdere il Regno, lasciò l'impresa, e contentandosi di promulgar contra gli Ebrei una Prammatica31 si quietò; anzi promise a' Napoletani, che per l'avvenire non avrebbe mai permesso, che si fosse posta Inquisizione, siccome lo testificano due gravissimi Scrittori, Zurita32, e Mariana33. Ciò che fu ancora approvato dal Papa; onde in tutto il tempo, che visse e regnò Ferdinando, fra noi non s'udì pur ricordare il nome d'Inquisizione. I Napoletani rimasero quanto soddisfattissimi, altrettanto spaventati di quel Tribunale, ed ebbero ne' loro animi tanto orror di quello che essi morti lo tramandarono, come per eredità, ai loro discendenti; e quindi avvenne, che d'allora in poi odiavano anche il nome di esso, e n'ebbero sempre abborrimento.

      §. I. Inquisizione di nuovo tentata, ma costantemente rifiutata sotto l'Imperador Carlo V

      Ma insorta dapoi nell'Imperio di Carlo V la nuova eresia di Martino Lutero, si diede, da questo principio, occasione a nuovi sospetti e nuovi attentati. Cominciarono nell'anno 1520 in Alemagna nella provincia di Sassonia a disseminarsi dottrine nuove, prima contra l'autorità del Papa, dapoi contra la Chiesa istessa Romana. A suscitarle nuovamente in Germania avea data occasione l'autorità della Sede Appostolica, usata troppo licenziosamente da Lione X, il quale, seguitando il consiglio del Cardinal Santiquattro, avea sparso per tutto il Mondo, senza distinzione di tempi e di luoghi, indulgenze amplissime, non solo per potere giovare con esse i vivi, ma con facoltà di potere, oltra questo, liberar anche l'anime de' defunti dal Purgatorio; le quali perchè era notorio, che si concedevano solamente per estorquere denari34, ed essendo esercitate imprudentemente da' Commessarj deputati a quest'esazione, la più parte de' quali comprava dalla Corte la facoltà di dispensarle, avea concitato in molti luoghi indignazione e scandalo, e spezialmente nella Germania, dove a molti di questi Commessarj s'era veduta vendere per poco prezzo, e giocarsi su l'Osterie la facoltà di liberare l'anime dal Purgatorio. Ma il motivo, onde nella Germania, e non altrove, cominciassero prima queste nuove dottrine, fu perchè avendo Lione donato a Maddalena sua sorella l'emolumento e l'esazione delle indulgenze della Sassonia e di quel braccio di Germania, che di là cammina sino al mare, costei, acciò che il dono del Pontefice le rendesse buon frutto, diede la cura di mandar a predicare l'Indulgenze e dell'esazione del denaro al Vescovo Aremboldo ministro degno di questa commessione, che l'esercitava con grande avarizia ed estorsione, poichè diede facoltà di pubblicarle a chi più offeriva di cavare maggior quantità di denari; ed ancor che nella Sassonia fosse costume che, quando da' Pontefici si mandavano l'Indulgenze, erano per lo più adoperati i Frati Agostiniani per pubblicarle, non vollero i Questori ministri del'Arenboldo valersi di loro, da' quali, come usati a quest'ufficio, non aspettavano cosa straordinaria e che gli potesse fruttar più del solito; ma le inviarono a' Frati dell'Ordine di S. Domenico. Da costoro, nel pubblicar l'Indulgenze, furono delle molte novità, che diedero scandalo, perocchè essi, per invogliare più la gente, ne amplificavano il valore più del solito.

      Queste cose eccitarono Martin Lutero Frate dell'Ordine degli Eremitani a parlar prima contra essi Questori, riprendendo i nuovi eccessi; poi provocato da loro, e venutosi in dispute sopra il soggetto dell'Indulgenze, cosa non ben esaminata ne' precedenti secoli; vedendo, che i suoi emoli non si valevano d'altra ragione per difenderle e sostenerle che dell'autorità Pontificia; cominciò a disprezzare queste concessioni, ed a tassare in esse l'autorità del Pontefice; e continuando il calore delle dispute, quanto più la potestà Papale era dagli altri innalzata, tanto più da lui era abbassata. E multiplicandogli, in causa favorevole agli orecchi de' Popoli, il numero grande degli auditori, cominciò poi più apertamente a negare l'autorità del Pontefice.

      In breve tempo videsi maravigliosamente disseminata la sua dottrina e favorita; onde trasportato poi dall'aura popolare e dal favore del Duca di Sassonia, non solo fu troppo immoderato contra la potestà de' Pontefici, ed autorità della Chiesa Romana; ma trascorrendo ancora negli errori de' Boemi, cominciò in progresso di tempo a levare le Immagini dalle Chiese, ed a spogliare i luoghi Ecclesiastici de' beni, e permettere a' Monaci ed alle Monache professe il matrimonio, corroborando questa opinione non solo con autorità e con argomenti, ma eziandio con l'esempio di se medesimo. Negava il Purgatorio, e perciò non doversi pregare per li morti; negava la potestà del Papa distendersi fuora del vescovato di Roma; ed ogni altro Vescovo avere nella Diocesi sua quella medesima autorità, che avea il Papa nella Romana: disprezzava tutte le cose determinate ne' Concilj, tutte le cose scritte da' Dottori della Chiesa, tutte le leggi Canoniche, ed i decreti de' Pontefici, riducendosi solo al Testamento vecchio, al libro degli Evangelj, agli Atti degli Appostoli, ed a tutto quello, che si comprende sotto il nome del Testamento nuovo, ed all'Epistole di S. Paolo; ma dando a tutte queste nuovi e sospetti sensi, e non più udite interpretazioni.

      Nè si contenne in questi soli termini la follia di costui, e de' seguaci suoi, ma seguitata da quasi tutta la Germania, trascorrendo ogni giorno in più detestabili e perniziosi errori, penetrò a ferire i Sacramenti della Chiesa, disprezzare i digiuni, le penitenze e le confessioni; scorrendo poi alcuni de' suoi Settatori (ma divenuti già in qualche parte discordanti dall'autorità sua) a fare diaboliche invenzioni sopra l'Eucaristia: le quali cose avendo tutte per fondamento la reprovazione dell'autorità de' Concilj e de' Sacri Dottori, diedero adito ad ogni nuova e perversa invenzione o interpretazione.

      Si vide perciò in molti luoghi, eziandio fuori della Germania, ampliata questa dottrina, la quale liberando gli uomini da molti precetti, li riduceva ad un modo di vita assai libero ed arbitrario. Negli Svizzeri, Ulrico Zuinglio Canonico di Zurich, avendola abbracciata, colle sue prediche l'avea disseminata per que' Cantoni, e da molti ascoltato, avendo acquistato gran credito, faceva prodigiosi progressi.

      E mentre i Principi d'Europa tutti stavano occupati alla guerra, le cose della Religione andavano alterandosi in diversi altri luoghi; dove per pubblico decreto de' Magistrati, e dove per sedizione popolare. In Berna, fattosi un solenne convento e de' suoi Dottori e dei forastieri, ed udita una disputa di più giorni, fu ricevuta la dottrina conforme a quella di Zurich. Ed in Basilea, per sedizione popolare, furono ruinate ed abbruciate tutte le Immagini, e stabilita la nuova religione. L'esempio di Berna fu seguitato a Genevra, Costanza, ed altri luoghi convicini; ed in Argentina, fatta una pubblica disputa, per pubblico decreto fu proibita la Messa.

      Cominciava per tanto questo pestifero veleno a diffondersi, ancorchè occultamente, anche in Italia, non meno che apertamente erasi disseminato in Francia; poichè in Italia, vedendosi tanta corruttela de' costumi nell'Ordine Ecclesiastico e nella Corte di Roma, credevano molti, che fossero tante calamità per esecuzione d'una sentenza Divina vendicatrice di tanti abusi, onde molte persone e accostavano alla riforma: e nelle case


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<p>29</p>

Param. de Orig. S. Inqu. lib. 2 tit. 2 cap. 10.

<p>30</p>

Ubert. Foliet. Tumul. Neap. Thuan. loc. cit. Itaque nec Ferdinandus cum eo tempore Neapolim venisset, id impetrare potuit, et Inquisitores illuc tunc missi, a Neapolitanis male accepti, ac postremo Regno ejecti sunt.

<p>31</p>

Vedi la Prammatica 2 de Judaeis, nell'impressione di Napoli del 1570.

<p>32</p>

Zurita Ann. d'Arag. lib. 5 cap. 70 et lib. 9 cap. 76. En las pregones, que se hizieron en la publicazion d'esto, se proponia al principio, que aviendo conocido el Rey l'antiqua observancia, y religion de aquella Ciudad, y de todo el Reyno, y el zelo, que tienen a la Santa Fee Catolica, avia provido, que la Inquisicion se quitasse por el sussiego, y bien universal de todos.

<p>33</p>

Mariana lib. 30. Hist. cap. 1. Totius Provinciae in verae Religionis constantia, et animorum pietate, satis prospectam Inquisitionis rem, et nomen minus videri necessariam, proinde cessare, et amoveri sancitum.

<p>34</p>

Guic. lib. 13.