Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8 - Giannone Pietro


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si predicava contra la Chiesa Romana, e cresceva ogni giorno il numero de' Luterani, i quali si facevan chiamare Evangelici.

      Giovò non poco allo spargimento di questa nuova dottrina nell'altre parti, l'erudizione di Filippo Melantone, fedele discepolo di Lutero, il quale vedendo che l'eloquenza e il credito d'una scelta erudizione a se chiamava gran numero di seguaci, impiegò ogni suo talento e tutte le sue belle lettere per mettere in ridicolo i Teologi scolastici; e facendosi ammirare dagl'ignoranti, dava lor facilmente ad intendere che i Dottori Cattolici non più sapevano di Religione, che di belle lettere: prese con queste arti molti, ed in Italia alcuni Predicatori più insigni di que' tempi, che si dilettavano d'eloquenza e che aveano tanto quanto di buon gusto nelle lettere.

      Scorgendo intanto l'Imperador Carlo V che non pure nella Germania, ma anche in Italia era penetrata la dottrina di Lutero, trovandosi in Napoli nel 1536 a' 4 febbrajo fece pubblicare in questa città un rigoroso editto, da pubblicarsi ancora per tutti li Regni suoi, che niuno avesse pratica o commercio con persona infetta, o sospetta d'eresia Luterana, sotto pena della vita e di perdere la roba35; e prima di partire raccomandò al Toledo, che sopra tutto invigilasse a non farla penetrare nel regno commesso al suo governo.

      Ma donde si credeva sperar salute, s'ebbe il male: era in que' tempi assai rinomato in Italia e per fama di gran Oratore assai celebre Bernardino Occhino da Siena, Frate Cappuccino, il quale sopra tutti gli altri del suo tempo erasi reso famoso sì per la sua dottrina, ed eloquenza e per l'asperità della vita, come anche per un suo nuovo modo di predicare l'Evangelio, non con dispute scolastiche, ed altre stravaganze, come gli altri fin al suo tempo facevano, ma con ispirito e veemenza e con fervore mirabile; onde s'avea acquistato gran credito non solo appresso il Popolo, ma anche presso i più grandi Principi d'Italia. Egli avea però in secreto ricevuta la dottrina di Lutero, e la andava occultamente disseminando, ma la copriva con accortezza tale, che non potea aversene niun sospetto. Dalla di lui fama tratti i Napoletani, proccurarono che nella Quaresima di quell'anno 1536 venisse a predicare a Napoli; egli ci venne con soddisfazione grandissima della Città, ch'ebbe il gusto, trovandovisi allora l'Imperadore, di farlo anche ascoltare da sì gran principe. Predicò egli a S. Giovanni Maggiore con tanto plauso ed ammirazione, che avea sbancati tutti gli altri Predicatori; poichè a gara tutta la Città correva alle Prediche di lui; e narra Gregorio Rosso36 testimonio di veduta, che in que' giorni di Quaresima, che l'Imperadore si trattenne in Napoli (poichè partì dentro di quella) andava spesso a sentirlo in S. Giovanni Maggiore con molto suo diletto; imperocchè, com'e' dice, predicava con ispirito, e devozione grande, che facea piagnere le pietre.

      Partito l'Imperadore da Napoli, proseguì egli le sue prediche, nelle quali con destrezza mirabile andava spargendo alcuni semi di Luteranismo, che non se ne potevano accorgere, se non i dotti, e que' di buon giudicio. Il Vicerè Toledo, che come Spagnuolo favoriva molto i Religiosi Scolastici, a quali non troppo piaceva questo nuovo modo di predicare l'Evangelio, essendo da costoro avvisato, che Fra Bernardino di nascosto nelle sue prediche seminava l'eresia Luterana, diede carico al Vicario di Napoli, acciò destramente s'informasse della verità, e provvedesse. Il Vicario dubbioso, per mettersi in sicuro, era venuto a fargli ordine, che non predicasse più, se prima in pulpito non dichiarasse chiaramente la sua opinione intorno a quegli errori, che gli venivan opposti; ma il Frate, come che dotto ed eloquente, si difese così gagliardamente, che fu lasciato finire di predicare in quella Quaresima: e non solo della sua dottrina finì ogni sospetto, ma acquistò maggior credito e molti seguaci, che istruiti della sua dottrina, partito che fu egli da Napoli, in sua vece la insegnavano nascostamente ad altri.

      Ma tre anni da poi, avendo lasciato di se un desiderio grandissimo, fu di nuovo, con molta istanza dei Napoletani, richiamato a predicare nel Duomo di Napoli, dove venuto, fu nel dire più alto e misterioso, e per quanto i giudiziosi s'accorsero, era più cauto, usando parole ambigue, per potersi difendere in caso fosse attaccato. Il nuovo modo di predicare su la Scrittura, diede occasione a molti di disputare sopra di quella, di studiare l'Evangelio, di disputare sopra la Giustificazione, la Fede e le opere; sopra la Potestà Pontificia, il Purgatorio, e questioni simili, le quali prima eran sol trattate da' Teologi grandi fra di loro e nelle loro Scuole. Ma ora, rese per le sue prediche popolari, erano trattate anche da' laici, e talora da uomini di poca dottrina, e di nessune lettere insino i più vili artigiani erano venuti a questa licenza di parlare e di discorrere dell'epistole di S. Paolo e de' passi difficili di quelle, e quel che fu peggio egli partendosene lasciò in Napoli alcuni suoi fedeli discepoli, e la sua cattiva dottrina sparsa ne' petti di molti; siccome avea fatto in ogni altra parte d'Italia, dove avea predicato.

      Erano allora in Napoli alcuni Teologi e predicatori parimente insigni d'altre religioni, alcuni de' quali, molto favoriti dal Vicerè Toledo, non si lasciarono contaminare dalla dottrina di costui, anzi la contrada dicevano, e con somma vigilanza proccuravano farne accorti gli altri, perchè la detestassero. Fra gli altri fioriva a questi tempi Frat'Angelo di Napoli Riformato di San Francesco, molto versato nella Teologia e nella dottrina Platonica, ma sopra tutto Oratore eloquentissimo. Costui era favorito molto dal Toledo, che lo elesse per suo Confessore, e l'avrebbe innalzato a maggiori dignità, se la morte non avesse interrotti i suoi disegni; fecegli però ergere nel Monastero della Croce, ove dimorava, una degna Sepoltura con elogio, che ancora ivi si legge. Risplendeva ancora più luminoso il P. Fra Girolamo Seripando dell'Ordine di S. Agostino nobile del Seggio di Capuana, uomo dottissimo, di probità di vita, nelle prediche mirabile, e sopra tutto dotato di somma saviezza e prudenza, tanto che nel Capitolo generale celebrato in Napoli l'anno 1539 fu creato Generale della sua Religione; ed avuto in somma stima dal Toledo, per la sua interposizione fu assunto all'Arcivescovado di Salerno, e poi fatto Cardinale da Pio IV. Romano Pontefice. Questi fu che morendo, memore della sua Patria, lasciò la sua gran Biblioteca adornata di famosi, e di più peregrini, e rari Codici M. S. al Convento di S. Giovanni a Carbonaia37, ch'era uno de' maggiori pregi di questa città; ora già posta a sacco da' Monaci stessi, che ne tenevano cura: ed ultimamente (con molto dispiacere de' buoni) da chi men dovea. Rilussero ancora Frate Ambrogio di Bagnoli dell'Ordine de' Predicatori, Oratore insigne, poi Vescovo di Nardò, di cui nella Chiesa dello Spirito Santo si vede ancora la sua Statua di marmo con elogio; Fra Teofilo di Napoli disputante massimo e parimente Oratore eloquentissimo, che recitò l'orazion funebre per la morte dell'Imperadrice accaduta in quell'anno: Fra Agostino di Trivigi, e molti altri, che disputando, orando ed insegnando, e favoriti dal Toledo, erano tutti intesi a non far allignare le nuove dottrine, che occultamente serpeggiavano; ma svellerle tosto, prima che mettessero più profonde radici.

      Dall'altra parte non mancavano chi con molta accortezza, e sotto manto d'agnelli, così disputando, come insegnando, cercavan stabilirle in Napoli. Avevano alcuni, con nuovo istituto, cominciato a leggere pubblicamente l'Epistole di S. Paolo, nella sposizione delle quali insinuavano la nuova dottrina. Fra gli altri, che in ciò si erano resi celebri, furono Giovanni Montalcino dell'ordine de' Minori di S. Francesco, Lorenzo Romano Siciliano, Apostata de' PP. Agostiniani, e Pietro Martire Vermiglio, Prete e Canonico Regolare, Fiorentino e di cui il Tuano nelle sue Istorie non si dimenticò tesserne elogio.

      Fra Giovanni, non pur esponendo quelle Epistole, ma disputando più giorni continui col P. Teofilo di Napoli suo competitore ed emolo, malmenandolo con motti acuti e mordaci, erasi reso sospetto già d'eresia, siccome l'evento poi chiaramente lo dimostrò; perchè alcuni anni appresso, arrestato in Roma, e convinto, fu giustiziato. Pietro Martire, assai più famoso, esponeva con molta eloquenza e dottrina l'Epistole di S. Paolo in Napoli, in S. Pietro ad Ara, dove ebbe tanto credito e concorso di gente, che chi non v'andava, era riputato mal Cristiano. Costui avea a se tirati molti, fra' quali un certo Catalano chiamato D. Giovanni Valdes ch'era anche stretto amico di Fr. Bernardino da Siena; ma la vigilanza del Vicerè, e più de' di lui emoli, che non lasciavano di fare minuto scrutinio sopra i suoi detti, frastornarono i suoi progressi; poichè un giorno, spiegando quel passo di S. Paolo38: Si quis autem superaedificat, etc. ancorchè con accortezza, e con molte proteste e riserve lo sponesse, diede però gran sospetto, ch'egli non ben sentisse del Purgatorio. Di che avertito il Toledo, gli fece proibire la lezione, donde avvenne, ch'egli vedendo, che in Italia non poteva


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<p>35</p>

Gior. del Rosso, fol. 133.

<p>36</p>

Giorn. del Rosso, fol, 135.

<p>37</p>

V. Toppi Biblioth. lit. G.

<p>38</p>

Epist. I ad Corinth. cap. 5. Si quis autem superaedificat super fundamentum hoc, aurum, argentum, lapides pretiosos, ligna, foenum, stipulam, uniuscujusque opus manifestum erit: dies enim Domini declarabit, quia in igne revelabitur: et uniuscujusque opus quale sit, ignis probabit.