L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria. Cesare Lombroso

L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria - Cesare Lombroso


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I Coriacchi, i Mbaya puniscono l'omicidio commesso nelle proprie tribù, benchè non lo riguardino come delitto quando sia perpetrato nelle altre. Ognuno comprende, che senza una simil legge, la tribù non avrebbe coesione, verrebbe a disciogliersi.

      Però, anche a questa relativa morale vi sono tribù che spiccatamente ripugnano; così, nella Caramansa, in Africa, accanto ai pacifici ed onesti selvaggi Bagnous che coltivano il riso, vi sono i Balanti che vivono solo di caccia e di rapina; uccidono chi ruba nel loro villaggio, ma non perciò si risparmiano il furto nelle altre tribù (Revue d'anthropologie, 1874). I buoni ladri sonvi i più estimati e pagati per educare al furto i ragazzi, e scelti a capi delle spedizioni.

      Nel Marocco i Beni Hassan han con essi molta analogia: il latrocinio è il loro mestiere principale; sono disciplinati, han capi, diritti riconosciuti dal governo che se ne serve per riavere qualche volta gli oggetti rubati; si dividono in ladri di biade, di cavalli, da villaggi, da strada; ci son i ladri che van a rubare a cavallo e così rapidamente da esser impossibile il seguirli; s'introducono nudi, unguentati, nelle capanne; o nascosti da fronde onde non spaventare i cavalli; incominciano i furti ad 8 anni (De Amicis,Marocco, p. 205).

      Nell'India v'è la tribù Zacka-Khail, che fa professione di rubare, e quando le nasce un fanciullo maschio, ve lo consacra, facendolo passare per una breccia praticata nel muro della sua casa, cantandogli tre volte: Sii un ladro.

      Viceversa, i Kourubar sono famosi per sincerità; essi non mentono mai; piuttosto che rubare, si lasciano morire di fame, per cui sono scelti alla guardia dei raccolti (Taylor, Sociétés primitives, Paris, 1874).

      Anche Spencer notava alcuni popoli portati all'onestà come i Todos, gli Aino, i Bodos, e sono per lo più quelli che meno hanno in onore la guerra, e più gli scambi.

      In genere essi non rissano fra loro, lasciano regolare la questione dai capi, restituiscono metà di quello che loro offrite negli scambi quando lor pare sproporzionato. Non hanno la legge del taglione, rifuggono da ogni atrocità, rispettano le donne, eppure notisi non son religiosi.

      Negli Arabi (Beduini), sonvi delle tribù oneste e laboriose, ma ve ne hanno molte di parassitiche, conosciute pel desiderio di avventure, pel coraggio imprevidente, per il bisogno di continua mobilità, per mancanza d'ogni occupazione, e per tendenza al furto.

      Nell'Africa centrale Stanley trovò paesi leali, onesti ed altri, i quali con tendenza al ladroneccio, all'omicidio come Zeghe.

      Negli stessi Ottentotti e nei Cafri esistono individui più selvaggi, incapaci d'ogni lavoro, che vivono sulle fatiche degli altri, vagabondi; son detti Fingas dai Cafri, Sonquas dagli Ottentotti (Mayhew, op. cit.).

      Meno incerti sono i documenti che valgono a mostrar l'influenza etnica sui reati nel mondo incivilito. Noi sappiamo che gran parte dei ladri di Londra sono figli di Irlandesi o nativi del Lancashire. In Russia, scrive Anutschine, Bessarabia e Cherson dànno, toltane la capitale, il massimo di delitti: anzi, in confronto agli accusati, i condannati vi sono in numero maggiore; la criminalità vi si trasmette di famiglia in famiglia (Sitz. d. Geogr. Gesel., 1868, S. Petersburg).

      In Germania i paesi con colonie zingariche si conoscono per la maggiore tendenza al furto nelle femmine.

      In Italia sono tristamente celebri per brigantaggio la colonie albanesi.

      Centri criminali.—In tutte le regioni d'Italia, e quasi in ogni provincia, si additano alcuni villaggi per avere somministrato una serie non interrotta di speciali delinquenti; così in Liguria, Lerici è proverbiale per le truffe, Campofreddo e Masson per gli omicidî; e sul Novese, Pozzolo per le grassazioni; nel Lucchese, Capannori per assassinî; in Piemonte, Cardè (su quel di Saluzzo) pei suoi ladri campestri e San Giorgio Canavese, Vische, Candia[18]; nel Lodigiano, Sant'Angelo pei furti, come una volta Guzzola sul Cremonese, Ponteterra sul Mantovano, Este, Cavarzere, S. Giovanni Ilarione e Montagnana sul Veneto; altrettanto Pergola nel Pistoiese, sicchè Pergolino vi è divenuto sinonimo di ladro; nel Pesarese, San Pietro in Calibano è famigerato per furti campestri, Sant'Andrea in Villis e Ferreto per l'assassinio negli uomini, e nelle donne per piccoli furti.

      Nell'Italia del sud, Sora, Melfi, S. Fele diedero sempre briganti fin dal 1660, come Partinico e Monreale in Sicilia.

      Questo predominio del delitto in alcuni paesi è certo dipendente dalla razza, come per alcuni ci è rivelato dalla storia. Così Pergola nel Pistoiese fu popolata da zingari, Masson da assassini portoghesi e Campofreddo da corsari côrsi, così che ancor il dialetto vi è misto di côrso e di ligure.

      Più famigerato di tutti è il villaggio d'Artena nella provincia di Roma studiato così da Sighele (Arch. di Psich., XI, 1890):

      «Situato in cima di una collina, fra una campagna verde e ridente, con un clima dolcissimo, questo paese ove è sconosciuta la miseria, dovrebbe essere uno dei più onesti e dei più felici. Invece esso ha una celebrità infame e i suoi abitanti sono considerati nei dintorni come dei ladri, dei briganti, degli assassini. Questa nomea non data da ieri: nelle cronache italiane del Medio-Evo si trova spesso il nome d'Artena, e la sua storia si può riassumere in una lunga serie di delitti.

      «Si può giudicare della gravità del male dalla seguente tavola statistica:

Numero annuo dei delitti
(ogni 100.000 ab.).
DELITTI anni 1875-88 Anni 1852-88
ITALIA ARTENA
Omicidi, assassinii e furti con omicidio 9,38 57 —
Ferimenti 34,17 205 —
Grassazioni 3,67 113,75
Furti semplici e qualificati 47,36 177 —

      «Da cui appare che si distingue per un numero di ferimenti, omicidi ed assassinii sei volte maggiore di quello della media dell'Italia e per un numero di grassazioni trenta volte maggiore di quello della media dell'Italia. E ancora queste cifre non danno un'idea della ferocia ed audacia dei delinquenti Artenesi. Per rendersene conto, bisognerebbe descrivere tutti i delitti, bisognerebbe vedere come si assassina di pieno giorno sulla pubblica piazza, come si strangolano i testimoni che osano dire la verità ai giudici!...

      «Le cause, secondo il Sighele, sarebbero il carattere degli abitanti e l'influenza esercitata dai cessati Governi, che produssero altrove brigantaggio e camorra: l'impotenza dell'autorità a colpire i colpevoli pel silenzio dei testimoni, comprati o impauriti, ma sopratutto l'eredità. Studiando, infatti, i processi intentati contro gli Artenesi dal 1852, Sighele vi ha trovato sempre gli stessi nomi: il padre, il figlio, il nipote si seguivano a distanza come spinti da una legge fatale. Montefortino, che è il nome precedente d'Artena, era celebrato per delitti sino dal 1155. Paolo IV nel 1557 fu condotto a bandirne dalla vita tutti gli abitanti, e dar facoltà a chiunque d'ucciderli e distrugger il castello «acciocchè non abbia esser più nido et recepto di tristi ladroni».

      Certo è all'influenza di razza che si deve il fatto del predominio di alcune specie di reati in alcune regioni; così nel Mantovano predomina il delitto dei furti di polli, e l'incendio.

      Udine correrebbe a ferimenti con grassazione per un centesimo, ed è famigerata pare per le percosse e i ferimenti dei genitori (28 in un anno)—e così Cilento, provincia di Napoli, assassinii per arma da fuoco su 200 abitanti 30% in un anno.

      Che la razza entri come fattore nella maggiore criminalità di questi paesi, io lo sospetterei, anco, dall'avere veduto in parecchi dei loro abitanti, come Sant'Angelo, Pozzolo, S. Pietro,


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