Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo. Francesco Domenico Guerrazzi
Voi dovreste ringraziare Gesù a mani giunte, come faccio io, di averci sortito al bene di servire il re Luigi. Di qual popolo più degno del francese potevamo noi desiderare riuscire vassalli? Di qual principe più magnanimo di Luigi XV diventare servitori? Luigi chiamato dai suoi fedelissimi sudditi la delizia del mondo.
— Veramente, interruppe il capitano francese con rara ingenuità, il suo giusto titolo è bene amato.
— Voi avete ragione: perdonate alla ignoranza; Luigi il bene amato. Ora per finire, illustrissimo, dirò che l'armatore finse pigliare le mie considerazioni in buona parte, e rispose: Ci penseremo. Fortuna volle, che un buon religioso mi avvertisse in segreto, l'armatore meditare il tiro di levarmi di punto in bianco il comando del bastimento. Allora dissi fra me: Che faccio? Permetterò io che questo legno, il quale dovrebbe glorificarsi con la bandiera dei gigli d'oro, si veda scorrere i mari sotto la brutta insegna della testa di moro? Può egli un buon cristiano in coscienza sostenere questa infamia, mentre sta in lui impedirla? Non lo può, e non lo deve: questa mezza galera prima di disfarsi abbia la grazia di aiutare quanto può la signoria del suo re in Corsica... ma, illustrissimo, era più onorato pigliare, che agevole compire il partito preso; da un lato mi bisognava fare presto e bene, dall'altro salvarmi dalle spie, che mi codiavano. Andare in consolato di Francia per ottenere la patente era un guastarsi l'uovo in bocca, indugiarsi era perdersi: insomma, io dissi: Che fai? Che pensi? A restare, il danno è certo; a partire, ti possono accadere tre casi, o traversare il mare senza imbattere in cosa molesta, o venire trattenuto da qualche nave francese e lasciato ire, ovvero essere accompagnato fino alla Bastia: certo questo ultimo sarebbe un grossissimo smacco; certo ciò non meriterebbe la tua fede pel re di Francia, nè il tuo trasporto per l'illustrissima nazione francese: ma che importano le apparenze a patto che si salvi l'onore, il quale consiste nello impedire qualunque ostilità contro il benigno sovrano, che vuole deliziare del suo governo la Corsica? Ed essendo venuto in cognizione come questo gentiluomo inglese intendesse passare in Corsica, dove si ripromette essere accolto lietamente, a cagione del merito guadagnatosi or ora dalla Inghilterra presso la Francia, per avere vietato ai suoi sudditi, sotto asprissime pene, di aiutare i ribelli côrsi, lo presi a bordo; molto più che, provvisto di passaporto francese e di commendatizie pei principali del governo, avrebbe in ogni caso ottenuto fede nella testimonianza di tutte quelle cose del mio racconto...
E qui gittò di scancio una occhiata sul Boswell, e vide come questi arrossisse, e imprimesse col dito una furiosa giravolta alla scatola: però da quel solenne pilota ch'egli era, con una stretta maestra di timone scansando lo scoglio aggiunse: — che riguardano la sua persona.
Alla coscienza degli Inglesi basta non dire il falso: quanto al vero è un altro paro di maniche: chiunque non sa, o non può pescarlo dentro le loro parole, suo danno: onesti fino alle porte dell'inferno, non già fino a quelle del paradiso: e pei mercanti è anche troppo; onde il signor Giacomo credè potere affermare senza rimorso: Per quanto mi spetta, io faccio fede del vero. E subito dopo, non aspettando invito, si cavò di tasca il portafoglio, e lo porse al capitano francese, il quale, composti i labbri al sorriso, tuttochè protestasse che non faceva caso, lo prese, lo aperse ed esaminò diligentemente le carte dentro al medesimo racchiuse. Il passaporto egli trovò in perfetta regola, delle lettere una andava al marchese di Graind-maison, un'altra al conte Narbonne Pelet di Fritzlar, eravene una pel conte Gabrielle Riquetti di Mirabeau, quel desso di cui la vita assai si rassomigliò alle processioni, le quali, dopo aver vagato un pezzo per poche strade buone e per moltissime cattive, rientrano sempre colà donde uscirono: conte nacque, e conte morì. Ma la lettera che, sopra tutte le altre, percosse il capitano, fu quella diretta a sua eccellenza Luigi Carlo Renato conte di Marbeuf, gentiluomo di camera del fu re di Polonia, duca di Lorena e di Bar, luogotenente del re nei quattro vescovati dell'alta Bretagna, commendatore, eccetera, tenente generale delle milizie regie in Corsica, eccetera, eccetera: questa, trovandola senza suggello, spiegò e lesse. Le lodi che in essa si facevano al signor Giacomo, comechè peccassero di esagerazione e non poco, bisogna dire però che nella massima parte egli meritava. Eravi ricordata la sua qualità di membro del parlamento inglese: nè vi si taceva il grandissimo conto in cui lo tenevano i medesimi ministri della Corona. Poichè il capitano l'ebbe scorsa fino alla firma, che trovò nientemeno essere quella del segretario del duca di Choiseul, si affrettò a restituirla ripetendo più ossequioso che mai: — Mio signore, vi aveva pur detto che non faceva caso, e mi sono piegato a leggerla proprio per farvi piacere. Capitano Semidei, quanto avete operato in servizio di sua maestà nostro padrone e signore vi manifesta perfetto galantuomo: in Francia si ammira lo zelo e si premia: signor Boswell, sono desolato, che con questo mare sottosopra non potrò farvi l'accoglienza che meritate, ma imperversino mare e vento quanto sanno e vogliono, non sia mai detto, che essendosi incontrate tante brave persone, non abbiano bevuto un tratto alla salute del re.
— Bene; con tutto il cuore, rispose il Boswell stringendo la mano al capitano e scotendogliela alla dirotta. Intanto che aspettavano il vino, il capitano Angiolo, cui premeva avere carte in tavola, uscì con queste parole:
— Illustrissimo, dell'ottima mente che vi degnaste mostrare verso di me, vi rendo grazie quanto posso maggiori: spero e desidero, che come questa fu la prima volta che c'incontriamo, così non sia l'ultima. Ora vi pregherei a mettere il colmo alla vostra cortesia veramente di gentiluomo francese concedendomi due cose: di cui la prima è il presto di una bandiera di sua maestà cristianissima, affinchè la mia galera possa con quella fare il suo onorato ingresso nel porto di Bastia; l'altra un certificato, che renda testimonianza delle mie dichiarazioni e della obbedienza prestatavi prima di qualunque richiamo.
— Ma ci s'intende, ci s'intende: anzi vi chiedo perdono se non vi ho offerto prima la bandiera: capisco benissimo quanto vi angustii entrare senza di lei in un porto francese: però voglio darvi la bandiera, ma ad un patto, ed è che ve la teniate in dono per amor mio, circa alla dichiarazione ci aveva già pensato: e mi corre anzi l'obbligo di munirvene per discarico mio non meno che vostro: solo mi rincresce, che gli sbalzi del bastimento non mi consentiranno dilungarmi quanto vorrei io e meritate voi.
— Illustrissimo, o breve o lungo, voi non potete fare altro che bene — rispose capitano Angiolo abbassando le palpebre per nascondere gli occhi che gli smagliavano come quelli del gatto salvatico; poichè volete ch'io tenga la vostra bandiera, sarà mia cura darvene un'altra.
In questa venne il mozzo coi bicchieri e col vino. Allora il capitano francese con bella cortesia sollevando il bicchiere; invece di propinare pel suo re, fece brindisi per sua maestà Giorgio III re d'Inghilterra, cui il signor Giacomo prontamente replicò bevendo alla salute di sua maestà Luigi XV re di Francia, e il capitano Angiolo, facendo coro ad entrambi con urli da spiritato, gridava: Viva il Re, viva il Re, vivano tutti i Re!
La marineria, comecchè non convitata a bere, pure a cotesto grido sentì commoversi le servili viscere, e dal ponte, dalle coffe, dalla sentina con tuono formidabile di voce rispose viva il Re! Lo sciabecco intero parve avere preso senso di umanità francese, per fare atto di servitù. — A cotesti tempi (bisogna pur dirlo) i Francesi erano ebbri di dispotismo peggio che di vino; e per le storie occorre, come a certa ciurma di vascello in procinto di sprofondare nell'oceano, nulla calse di patria, di famiglia e nè di Dio, bensì coll'urlo di viva il Re, disparve nella morte. Di tal gente nacquero coloro, i quali nel passato secolo vennero a insegnarci libertà, e in questo a ministrarci servitù, aspetto diverso di una medesima tirannide. Qualche menno d'ingegno vorria che queste cose non si avessero a dire: non gli date retta; l'adulazione è delitto di lesa maestà presso i popoli grandi.
Il capitano francese non capiva dentro la pelle, abbracciava il signor Giacomo, stringeva il capitano Angiolo fino a levargli il respiro, e non rifiniva di gridare, come Gargantua quando uscì fuori dall'orecchio sinistro della madre: — Da bere! da bere! — Però rammentandosi della promessa, chiesta licenza scese nel suo camerotto, donde, scorso spazio non lungo di tempo, tornò con la bandiera e col foglio, dove con elogi sgangherati metteva il Franceschi col nome di Semidei innanzi ai massimi difensori della patria antichi e moderni, perchè tradiva la sua. Pervertimento di senso morale, di cui l'anima nostra va contristata con esempii quanto schifosi, altrettanto spessi. Consegnati il foglio e la bandiera, il capitano Angiolo, in grazia del primo, venne a conoscere il nome del capitano francese, per la quale cosa riempito il bicchiere a modo di addio propinò alla salute dell'illustrissimo