Il Re prega. Ferdinando Petruccelli della Gattina
coperto di tela gialla e qualche sedia.
Una signora entrò. Era vivamente commossa, pallida, tremante.
—Signora! disse Campobasso lasciandola in piedi dinanzi al suo tavolo, voi avete cacciato di casa vostra una giovane serva a cui noi portiamo interesse. Andrete a riprenderla.
—Ma, signor commissario, ella mi rubava.
—Voi non la pagavate abbastanza.
—Ma, signore, ella restava fuori tutto il giorno, Dio sa dove, mi mancava di rispetto, non faceva il suo dovere, mi dava degli ordini….
—E voi, non avete i vostri difetti, voi!
—I miei pensionari se ne lamentavano.
—Ah! Ebbene, essi avevano torto, e voi avete torto. Scegliete. Domani, o la serva rientra in casa vostra, e voi la compenserete di averla licenziata, o darete congedo ai vostri locatari e non affitterete più camere.
—Ma, l'è la mia sola risorsa per vivere, signor commissario.
—È dunque indispensabile che voi viviate? Ho detto. Uscite.
La signora salutò e si ritirò a ritroso.
Gli occhi del commissario si illuminavano.
L'ispettore rientrò. Campobasso fece un segno della testa, e due minuti dopo comparvero due bei giovanotti di una ventina d'anni. Restarono, cappello in mano, nel mezzo della stanza.
—Avvicinatevi, gridò Campobasso, alzandosi.
I due studenti avanzavano. Campobasso ne prese uno per le orecchie, e gli applicò, senza dir verbo, parecchi schiaffi sul viso. Poscia prese l'altro della medesima maniera e gli regalò la stessa correzione.
—Briganti! gridò egli in seguito, perchè non siete voi andati alla congregazione domenica scorsa?
—Mio fratello era ammalato, rispose il più giovane degli studenti, ed io restai a casa per accudirlo.
—Voi mentite, urlò il commissario. Voi siete due empi e mal pensanti. Il priore della congregazione si lamenta di voi. Non confessione, distratti alla messa, poco rispetto verso monsignor Scotti…. E poi, e poi, cosa sono codeste setole che portate sulle labbra?
I due giovanotti non risposero. Campobasso li riprese per le orecchie e, scuotendoli con violenza, strappò loro come potè la neofita lanuggine delle labbra.
—Dei mustacchi dunque? dei segni di libertini? Peste e sangue! noi vedremo codesto. Don Severio!
L'ispettore chiamato comparve.
—Un barbiere, all'istante. Fate radere fino al sangue questi due galuppi e metteteli in segreta, a digiuno. Andate! soggiunse egli poi allungando un calcio alle spalle dei due disgraziati giovanotti, pallidi come due statue d'avorio.
Dopo ciò, come se nulla avesse fatto, Campobasso si fregò le mani, si riassise e disse a Don Diego: Avvicinati.
Don Diego era tutto in iscompiglio. Delle idee di tutti i colori turbinavano nel suo capo. Ciò che aveva udito e veduto lo annientava. Campobasso impiombò i suoi occhi freddi, ironici, pieni di disprezzo, crudeli, su quel sembiante decomposto e disse:
—Sei tu Don Diego Spani di Lauria?
—Sì, signor commissario.
—Interdetto da Sua Eccellenza Reverendissima monsignore di
Policastro?
Don Diego abbassò gli occhi senza rispondere.
—Perchè quel santo vescovo di monsignore Laudisio ti ha desso interdetto?
—Egli non m'ha fatto l'onore di dirmelo.
—Egli! Egli! tu potresti ben dire Sua Eccellenza Reverendissima, mi pare? Infine, perchè sei tu partito da Lauria, innanzi tutto?
—Perchè non avevo più nulla a fare in quel paese, ed io ho bisogno di fare qualcosa; perchè quel soggiorno non mi era più possibile, dopo la mia disgrazia.
—Insomma, che cosa vieni a fare qui?
—Cercare un posto e del pane. Io sono pronto a tutto. Procurerò di apprendere, se mi chiede cosa che io ignori.
—Quando si sloggia, vendendo tutto ciò che si ha nel paese ove si è nato, si ha uno scopo. Quale è codesto tuo? Rispondi categoricamente.
—Vorrei darmi all'insegnamento.
—Per far ciò, occorre il nostro permesso, che noi non accordiamo, ed il permesso dell'arcivescovo e del presidente della pubblica istruzione, monsignor Apuzzo, che lo rifiutano agli empii.
—Vedrò allora di collocarmi come segretario presso di qualche persona.
—Noi l'impediremo, dando sul tuo conto dei cattivi ragguagli.
—Mi procurerò un impiego come potrò, continuò Don Diego, cominciando a turbarsi.
—Lo Stato non nudrisce i suoi nemici, li schiaccia. Noi respingiamo i carbonari.
—Potrei domandare di scrivere in un giornale, almeno?
—E quale? Non vi sono giornali qui, anzitutto. Se qualcuno ne apparisce, se qualcuno alligna, esso è nostro; e noi ci opporremo. Quali dottrine possono professare gli atei ed i demagoghi? Va poi a fregarti con Scrugli e con Ruffa—due convertiti.
—Ebbene, cercherò di trafficare di una piccola industria.
—Io non ti accordo la patente.
—Procurerò in questo caso di entrare come commesso nel commercio, come prefetto in un liceo, in un seminario….
—Noi noi permetteremmo. Lo Stato e la gente onesta vogliono in codesti posti persone fedeli e non sospette di fellonia contro la Chiesa e lo Stato.
—Ma, signor commissario, se voi mi sbarrate tutte le vie per le quali io potrei utilizzare la mia educazione, e' non mi rimane che divenire commissionario, facchino, ed io sono abbastanza forte….
—Affatto! Ti occorre un autorizzamento che la polizia non è disposta a concederti.
—Signore, e' non mi resta allora che morire di fame quando avrò terminate le mie ultime risorse. Infrattanto, studierò la medicina o altra cosa per espatriarmi di poi.
—Ed il passaporto? Ma hai tu insomma di che vivere qualche tempo!
—Ho di che non morire d'inedia per un anno, signore.
—Tu ti presenterai qui ogni otto giorni. Andrai alla congregazione degli studenti, a S. Domenico Soriano ogni domenica. Ti confesserai a monsignor Scotti. Noi teniamo gli occhi aperti sopra di te. Sovvientene.
Don Diego, fulminato, piegò il capo e partì. Uscita finta, come al teatro. Il commissario lo richiamò.
—Don Diego, nel vostro paese si trovano degli eccellenti formaggi, cui il prefetto gradisce molto, ed io egualmente. Fate venirne un cantaro e mandatemeli. Voi ci direte poi il prezzo.
—Io mi stimo fortunatissimo, signor commissario, di rendervi servigio, rispose l'infelice taglieggiato, ritirandosi.
Nella strada, Don Diego mancò trovarsi male. L'imagine lurida della miseria, l'imagine pura di sua sorella, s'incrociarono nel suo spirito. Egli vide queste due terribili potenze, il clero e la polizia, rizzarsi come due boa innanzi a lui, per assalirlo dovunque e' si volgesse. E' vide le sue facoltà, la sua forza, la sua intelligenza, stritolate, annichilite: la polizia ed il clero gli rubavano tutto ciò che Dio gli aveva prodigamente largito. Gli si lasciava unicamente il diritto di mendicare e di morire.
Rientrò in casa e non disse nulla a Bambina. Delle idee sinistre gli ottenebravano la mente. Ei non poteva neppure sbarazzarsi interamente delle sue spoglie di prete e farsi cantabanco, giocoliere: doveva restare e crepare sotto la corrosiva bardatura.
La