Amedeide. Gabriello Chiabrera

Amedeide - Gabriello Chiabrera


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Nè mai sa ritrovar, salvo martiri,

       S'a lui rubella l'ardimento umano.

       Ei del gran Ciel dà movimento ai giri,

       Ha de la terra i fondamenti in mano;

       Comanda al Sol, che per cammin s'arresti,

       Ed i suoi corsi ad ubbidir son presti.

      IX

      Chi tra i confin de la minuta arena

       All'indomito mar costringe l'onde?

       Chi gli alti abissi in bella calma affrena?

       E chi fa tempestar l'acque profonde?

       Dio l'aspetto de l'aria apre e serena,

       E torbide su lei nubi diffonde,

       Austro addormenta, ed i suoi fiati ei lega,

       Ed ei le piume ad Aquilon dispiega.

      X

      Tabor, fra stuoli morti al pian distesi;

       Rupe d'Oreb fra sitibonda gente,

       Voi vel provaste; intra ferrati arnesi

       Tu tel sentisti, o di Cison torrente:

       Tra gran prodigi non altrove intesi,

       Gran Nilo, i pregi suoi canti dolente;

       E sul terren degli Amorrei fugaci

       Di lui temendo, o Gabäon, non taci.

      XI

      Absorse Faraon l'onda Eritrea,

       Le squadre di Moisè franche varcaro;

       E mentre che di manna ei le pascea,

       Edom, Moabbe e Canäan tremaro.

       Così cantando il coro umìl piangea;

       Nè le fervide note unqua cessaro

       Bench'appellasse con più cupi orrori

       Notte a posarsi i miserabil cori.

      XII

      Ma poi che 'l bel mattin per l'aria pura

       D'oro lucido e d'ostro il ciel dipinge,

       Alle piume Ottoman pronto si fura,

       E veste i regj manti, e 'l brando cinge.

       Allor Bostange, i cui pensier la cura

       Degli aspri assalti vigilar costringe,

       Inchino fassi al gran tiranno appresso;

       E così favellava in suon dimesso:

      XIII

      Sorta da l'Ocëan l'alba lucente

       Ne chiama a l'armi: io tue seguaci schiere

       Spingerò contra l'assediata gente,

       Se così ferma il tuo real volere.

       Gli risponde Ottoman: nel dì presente

       Mostri quanto ha valor, quanto ha potere

       Per la vittoria il mio gran campo: io poi

       Dò Rodi vinta in preda ai furor suoi.

      XIV

      Omai s'atterri; e tenebrosi ardori

       Volino al colmo de' suoi tetti egregi;

       Tolgansi a' templi le reliquie, e gli ori;

       E serbinsi a le donne onte e dispregi.

       Questo supremo dì de' suoi dolori

       Non vo', che risco, o mia fatica il pregi:

       Già così le sue mura ho tratte al piano,

       Che contra lei non fa mestier mia mano.

      XV

      E parmi udir, ch'a' Rodïani aita

       S'appressa omai; ch'uno AMEDEO sen viene.

       Venga quel fier: sia la sua destra ardita

       A farsi rimirar su queste arene.

       Io spogliando a costui l'armi e la vita,

       Tutto inondando il suol de le sue vene,

       Farolio agli altri Re ben chiaro esempio:

       Voi dentro a la Città fate gran scempio.

      XVI

      Sì minaccioso ei favellava; e d'ira

       Versa per gli occhi un duro incendio fuora;

       Poscia in verso i cavalli il passo gira,

       E con Araspe, ed Ebräin dimora.

       Quando non più parlar Bostange il mira,

       Chinando il capo il sommo Duce onora,

       Ed indi parte; e de l'armate schiere

       Favella ai Duci con sembianze altiere.

      XVII

      Ciascuno al fin de le battaglie intento

       Rivesta l'armi; ed infiammate in guerra

       I magnanimi cor d'alto ardimento.

       Hassi a sforzar l'assediata Terra:

       E del popol di Rodi il vigor spento,

       Dissipate le mura, onde ei si serra,

       Il fosso pien, da travagliarsi è poco

       Per entrar con l'insegne, e porla in fuoco.

      XVIII

      Ora in un punto sol vo' che si cinga

       La città d'armi, e 'n guisa tal s'assaglia,

       Ch'Alfange, Alcasto, e Turacan sospinga

       Le turbe tripartite alla battaglia.

       Se gli sforzi primier fia che rispinga

       L'impeto Rodïan da la muraglia,

       Allor Giassarte, e tu feroce Alete,

       Meco gli assalti a rinfrescar sarete.

      XIX

      Ma con Arsace il coraggioso Ebreno

       Torranno a guardia ogni spedito calle,

       Onde tra ferri e fra tumulti appieno

       Secure avran gli assalitor le spalle.

       E già Febo salendo al ciel sereno

       Ogni monte illustrava, ed ogni valle,

       E dentro l'arme i Rodïan ben desti

       Con sommo ardire a guerreggiar son presti.

      XX

      Di nove torri a meraviglia altiere

       Afforzasi di Rodi il muro antico;

       Tre col valor de l'assegnate schiere

       Incontra Alcasto ne difende Enrico;

       E sovra tre Fernando alza bandiere,

       Che l'intrepido Alfange avrà nemico;

       Su l'altre a Turacan, pregio Latino,

       Farà contrasto il giovinetto Orsino.

      XXI

      De' Cavalier su gli onorati petti

       Veggonsi sfavillar candide Croci,

       E vibrare armi in minacciosi aspetti

       Sotto l'insegne i Rodïan


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