Valenzia Candiano. Giuseppe Rovani
dell'indole sua e delle sue virtù, abborriva e detestava apertamente il nome di Bernabò; però, come udì una simile proposta, si senti tutto avvampare di sdegno, che non si versò per altro nelle sue parole, e stette per qualche tempo perplesso e in grandissima agitazione prima di rispondere. Ma gli occhi de' senatori erano fissi in lui, e volevano dire che al partito ch'era stato preso, non era autorità paterna che si potesse opporre. L'ammiraglio Candiano senza parlare chinò la testa soltanto, e tutti mostrarono prendere quell'atto come una decisa risposta.
La notizia di quegli sponsali non tardò a spargersi per tutta Venezia. Alle mense del senator Grimani, dove Alberigo era stato invitato, si parlò, com'era di ragione, di quell'avvenimento, e il giovane non seppe dominarsi così che nulla trapelasse del repentino suo turbamento. Quantunque fosse preso del più sviscerato e sincero amore per Valenzia, non aveva tuttavia mai osato sperare potesse mai giungere a congiungersi in nozze con lei, che ben sapeva come le leggi della Republica fossero di ferro; ma senza pensare a nulla che non fosse l'amore per Valenzia, illudevasi e lasciava andar le cose a beneficio di fortuna Alcuna volta bensì, in uno di quei momenti che la passione si lascia un tratto padroneggiare dalla ragione, aveva pensato che un dì o l'altro quella che tanto amava, avrebbe pur dovuto andar sposa a qualcheduno. Ma codesto fatto riferivasi allora ad un tempo indeterminato, e il pensarvi non poteva essere gran che doloroso. Or si consideri la condizione del povero Alberigo, quando egli si trovò gravato di quella sventura che aveva temuta lontana.
Uscito il più presto che gli venne fatto dalle sale dei Grimani, che colà dentro gli si era fatta insopportabile l'allegria baccante che lo circondava, saltò in una gondola, e dalle ventitrè ore fino a notte chiusa, seduto nel fondo e colla testa appoggiata alle palme, corse e ricorse per quei canali facendo mille pensieri e maledicendo continuamente la propria fortuna. Quando a tutti gli orologi suonò la prim'ora di notte, per caso egli venne a trovarsi in canal grande, e alzando un tratto la testa e veduta la nera massa del palazzo di Candiano, tentato ancora da una vaga speranza che le nozze della Valenzia col Visconti fossero al tutto una finzione, prese il partito di salire negli appartamenti dell'ammiraglio.
Confuso com'era e alterato da mille affetti che tumultuavangli nell'animo, senza punto domandare a' servi se gli era permesso l'accesso, entrò, come lo sospingeva la passione, nelle sale dove di solito soleva ridursi il Candiano. Era la prim'ora di notte, attraversa due o tre sale oscure, passa in un'altra; ode un singhiozzo continuato e straziante, si ferma ad ascoltar meglio. Nella stanza vicina la lampada ch'era accesa, mandava un po' di lume anche in quella dove trovavasi Alberigo. I singhiozzi continuano, poi ode a parlare. Conosce che è Valenzia, e dal contesto delle parole piene di un dolore e di una disperazione indicibile, viene a comprendere che trovavasi con suo padre. La pietà che gli si gettò improvvisamente nel cuore, a quel pianto, a quelle parole, fece sì che anch'egli non potè dominarsi tanto da trattenere le lagrime.
In un momento che nella sala contigua si fece un profondo silenzio, il suono del suo pianto si udì troppo bene, ed al Candiano che se ne stava ritto e immobile, confuso esso pure dall'enormità della disgrazia e dall'angoscia straziante della povera sua figlia, che, gettatasi a' piedi di lui e strettegli le ginocchia, non aveva mai voluto rilevarsi, parve di sentir qualche cosa, ed entrato in sospetto e svincolatosi dalla fanciulla che facea forza a tenerselo stretto, entrò dove trovavasi Alberigo. «Chi è qui?» disse Candiano, e nel fare questa domanda ravvisò tuttavia in quel barlume di luce la figura del Fossano. Un momento prima la figlia aveagli confessato com'ella fosse presa d'amore per quel giovane, e il buon Candiano che amava l'unica sua figlia di una tenerezza straordinaria, e che non seppe trovare alcun delitto in quella innocente passione, non seppe neppure adirarsi trovandosi d'aver presso colui, pel quale vedeva pur troppo che dovevasi andare incontro a dolorosissime vicende. Nel frattempo Valenzia, a seguire il padre suo cui voleva costringere a prometterle non l'avrebbe giammai sagrificata concedendola al Visconti, entrò essa pure nella stanza dove trovavasi Alberigo. Mandò un grido represso alla vista di lui, e dovette appoggiarsi alla parete per reggersi sulle gambe che male la sostenevano. Tutti e tre stettero per molto tempo in un perfetto silenzio. Il vecchio Candiano, ritto nel mezzo della camera colle braccia incrocicchiate sul petto, la testa china e gli occhi fissi quasichè osservasse un oggetto con attenzione; la povera Valenzia che guardava di sottocchio il padre suo come per ispiare quel che venivasi svolgendo nell'animo di lui, e di quando in quando guardava Alberigo, il quale, fuori di sè, teneva costantemente gli occhi su di lei. E quantunque stessero muti, pure ciascheduno di loro comprendeva troppo bene quel che passava nell'animo dell'altro. Al tristo silenzio di que' tre personaggi, al cupo dolore che variamente li atteggiava, alla smorta luce che li vestiva, faceva poi un troppo sentito e doloroso contrasto il romore festante che udivasi al piede del palazzo sulla laguna, e le grida e i canti dei gondolieri. Non v'è cosa che più accresca il dolore di che uno può essere compreso dell'istantaneo confronto che ei fa coll'altrui gioia. Il considerare che di quella spensieratezza giuliva che ne circonda, noi pure potremmo godere se non fosse venuto a sturbarci un ordine inaspettato di cose, e ciò che accresce a più doppi il peso della sventura che ci ha assalito.
Dopo esser durato gran tempo in quella posizione Candiano a un tratto si scosse, e accostatosi a Valenzia presala per la mano seco la condusse fuori di quella stanza, lasciando solo il Fossano. Ma dopo pochi momenti rientrò. «Tu l'hai veduta,» disse, accostandosi al Fossano che gli alzò in volto gli occhi con tale atto che pareva si destasse allora da un sonno profondo. «Tu l'hai veduta, e chi la rese così infelice, tu lo sai;» e tacque per un poco.
«Se al consiglio de' Dieci potesse mai trapelare ciò che è passato nel tuo cuore e nel cuore di quella povera sventurata, credilo a me che c'è da inorridire pensando a quel che avverrebbe di noi tutti. Io non ho con te rancore di sorta però… tu non ci hai colpa. Ma vattene con Dio; e non mettere mai più il piede in questa mia casa. A quella povera fanciulla intanto provvederà Iddio, che in quanto a me non posso più nulla per lei.»
Il Fossano fece per rispondergli qualche parola, ma il Candiano lo pressò ad uscire, onde all'infelice giovane senza più altro convenne partirsi.
Quando il Candiano si trovò solo, ritrattosi nella sua stanza, si gettò su di un ampio seggiolone, e colà stette vegliando gran parte della notte.
Egli era scrupoloso osservatore delle leggi, ed anche a' suoi soggetti le faceva osservare con estremo rigore. Essendo però tanto più ligio alle leggi della sua patria, quanto più aderivano alle eterne della natura, lo scrupolo dell'osservanza in lui veniva scemando qualora in una legge creata da un bisogno fittizio della società, ci fossero gli elementi dell'assurdità e dell'ingiustizia, e non seppe mai acconciarsi ad ammettere che le leggi relative potessero per nessun caso opporsi alle assolute.
E se gli accidenti della sua vita fossero sempre stati tali da non metterlo nella condizione appunto di dover sottostare ad una di quelle leggi, noi non avremmo a narrare la presente storia, e il nome di Candiano forse sarebbe registrato ne' fasti dei dogi veneziani. Ma l'aver egli avuta troppo spregiudicata la mente, l'animo troppo generoso, e il cuore troppo buono, fu causa d'ogni sua rovina. Ma non preveniamo gli eventi.
In quella notte egli stette pensando e ripensando ai mezzi di poter liberare la diletta sua figliuola dalle mani del Visconti, ma per quanto colla sua mente sagace si sforzasse rintracciarne alcuno, non gli venne però mai trovato. Anzi quanto più durava in questa idea, tanto più vedeva che il caso era assolutamente disperato, e che in vece di provvedere al modo di liberarsene conveniva pensare a darsi pace ed a confortare più che si poteva Valenzia ad accettare quel che voleva la Republica. Ma il dolore, le lagrime, le preghiere della sua figliuola, troppo le stavano nella memoria e nel cuore. E in quanto a lui non reggeva all'idea che la sua figlia fra poco dovesse andar nuora di quel Bernabò, le cui atrocità, magnificate d'aggiunta anche dalla fama, lo aveano sempre fatto inorridire. Amante com'egli fu sempre della patria sua, a tale da mettere la propria vita in qualunque occasione per la difesa di lei, egli aveva sempre ascritto a sua fortuna e gloria l'essere cittadino e patrizio di Venezia; pure in quella notte, per la prima volta, sentì con vera molestia il peso di essere veneziano, e maledisse a chi aveva sancita quella legge assurda e spietata.
Alberigo intanto, veduto come assolutamente si fosse chiuso l'orizzonte ad ogni sua speranza, che in quanto a lui non avrebbe mai più riveduta la povera sua Valenzia, che l'abborrito Visconti l'avrebbe trascinata con sè,