L'amore di Loredana. Luciano Zùccoli

L'amore di Loredana - Luciano Zùccoli


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      — Tua madre, mia cognata, la contessa Vagli, quella che ti ha dato alla luce, bontà sua! — esclamò lo zio Roberto irritandosi.

      — E come può sapere che noi siamo qui?

      — Chi, noi? Quanto a me, lo sapeva, perchè gliel'ho scritto. Quanto a te, avrai fatto le cose con la testa nel sacco. To' guarda!

      E il conte Roberto levò da una tasca e mise sotto gli occhi di Filippo il telegramma:

      « Flopi partito oggi constami trovarsi sul lago. Se incontri avvertilo domani denunzieranlo Procura Re. — Bianca ».

      Filippo gettò il foglio giallino sulla tavola e non disse nulla.

      — Mi pare, insomma, — concluse lo zio, — che non tiri vento propizio per te da queste parti.... Io tornerei indietro....

      — Indietro? — esclamò Filippo. — E dove? A Venezia?

      — Se preferisci che ti denunzino al Procuratore del Re, è un altro conto.

      — Ma perchè mi denunzierebbero?

      Il conte Roberto alzò le spalle.

      — E me lo domandi, tu che sei avvocato? La tua compagna di viaggio è una bambina; ti denunzieranno per corruzione, per seduzione, che so io? per ratto....

      E ricordando la famosa grida citata dal Manzoni, aggiunse con voce tranquillamente allegra:

      — « Per rapto de dona honesta ».

      — Non faranno niente, — disse Filippo. — In ogni modo, ci penserò....

      — Bravo, pensaci! Il Procuratore del Re penserà anche lui a modo suo: e quella disgraziata tua madre si divertirà un mondo, fra due pensatori di questo genere....

      Il conte Roberto si guardò intorno, poi seguitò con voce più cauta:

      — E chi è quella ragazza?

      — Lo hai detto: una bambina, che amo pazzamente, che mi ama, e che voglio tener con me.

      — Ma non ha più di sedici anni....

      — Diciotto....

      — Son sempre pochi. E ha il padre, i fratelli, una famiglia?

      — Non ha che la madre.

      — La vuol tenere con sè, — mormorò il conte Roberto, come ripensando alla frase del nipote. — O che cosa significa questo?

      — Vedremo più tardi, — disse brevemente Filippo.

      — È di modesta nascita? — riprese lo zio.

      — Di modestissima nascita. Con una madre che l'adora, e che è troppo debole, troppo ingenua, troppo facile a credere, la poveretta si sarebbe perduta....

      Il conte Roberto interruppe passandosi la mano tra i capelli bianchi, con un gesto di comico stupore.

      — E tu la salvi, — disse poi, — menandola a passeggio sul lago di Garda?

      — Chi sa? — rispose ancora brevemente Filippo.

      Il direttore dell'albergo ricomparve e i due uomini tacquero.

      — Buona, la vostra cena, — gli disse il conte Roberto. — Ma il Bardolino non aveva un bel colore. E poi dovete cambiar posto alle scuderie: il puzzo di lettiera e di fieno vi ammorba tutto l'albergo.

      — Il signor conte ha ragione, — assentì il direttore. — Vedremo più tardi!

      — Vedrà più tardi, anche lui! — borbottò Roberto fra i denti.

      Si alzò da tavola e s'appoggiò al braccio di Filippo ch'era rimasto pensieroso innanzi al vecchio. Il conte Roberto era più alto e più tarchiato del nipote; Filippo aveva statura media, capelli neri e lisci; gli occhi chiari dallo sguardo rapido e vivo dicevano un'anima irrequieta e audace; ma il colorito del volto che intorno agli occhi pareva quasi grigio e certe rughe sottili ricordavano una vita di tempeste e di disordini. L'uomo di sessant'anni, col volto acceso e i capelli bianchissimi, dava più grata impressione di freschezza, o avesse goduto e sofferto meno, o avesse sortito una tempra meno sensibile.

      Roberto e Filippo salirono le scale fino al primo piano; innanzi all'uscio della sua camera, lo zio disse a bassa voce:

      — Arrivederci. Io parto domattina presto. Pensa a quello che fai; comunque vada a finire, mi sembra una corbelleria, perchè io credo che l'uomo non è monogamo.

      — Grazie. E... scusami, che cosa scriverai alla mamma?

      Il conte Roberto alzò bruscamente le spalle e sparì nella sua camera senza rispondere.

       Indice

      — Perdonami, cara, — disse Filippo entrando e avvicinandosi a Loredana, che scriveva, seduta innanzi a un tavolino. — Mi ha data una lezione di storia: la torre, la battaglia, i quadri con gli episodii più importanti.... Un quadro rappresenta anche lui, che a quei tempi era tenente di cavalleria e si è battuto a San Martino.... E tu, che hai fatto?

      Loredana scriveva a sua madre una lettera felice e disperata, piena d'umiltà e di carezze. Filippo vide che gli occhi dell'amica erano umidi.

      — Amore mio, — disse, chinandosi a guardare, — se tu adoperi la carta dell'albergo con la veduta del lago, di Desenzano, dei piroscafi, e il nome del proprietario e l'indirizzo, tanto vale chiamar qui la mamma e il Procuratore del Re.

      Si morse le labbra, ma ormai troppo tardi: Loredana lo fissava corrucciata e pallida.

      — La mamma e il Procuratore del Re? — disse. — Che cosa significa?

      — Nulla, proprio nulla, ti assicuro, — rispose Filippo, accarezzandole lievemente i capelli.

      — Che cosa volevi dire? — incalzò la fanciulla. — Come ti son venute queste idee?

      — Volevo dire che non dobbiamo trascurare ogni precauzione e che le imprudenze potrebbero recarci qualche noia.

      Loredana prese il foglio di carta già coperto di scrittura diritta e uguale, lo fece in pezzi minuti e li gettò a terra.

      Filippo conosceva da tempo l'anima sdegnosa e taciturna della fanciulla. Non pareva fosse nata da piccola gente operosa (il padre era stato mercante di stoffe a Rialto); ma la sensibilità intellettuale, l'intelligenza acuta, la rapida intuizione e sopra tutto un orgoglio e un coraggio più pronti all'azione che alla parola, facevan pensare a un'origine aristocratica, a un atavismo imperioso, a un ambiente squisito. E tuttavia, ella ora così carezzevolmente e voluttuosamente femmina, così sommessa a chi sapeva guidarla, che Filippo non ricordava d'aver conosciuto una donna più varia d'atteggiamenti e più degna d'amore.

      Da tre anni ella si recava a villeggiare con la madre a San Donà, in una villetta confinante coi poderi dei conti Vagli; e così Filippo le era diventato amico, senza sognare che un giorno egli, a tanta distanza d'età, avrebbe avuto bisogno di quella giovanetta, allora tuttavia con le sottane corte e coi capelli sciolti, che le scendevan per le spalle.

      Egli le aveva raccontato molti fatti della sua vita, che gli amici più intimi di lui ignoravano; e senza amarlo, ella ne sentiva la protezione e la forza. Quand'egli partiva o da San Donà o da Venezia per qualche viaggio, una tetra malinconia le piombava sul cuore. Ella trovava in lui i modi, le forme, la perizia di vita, che scarseggiavano o mancavano interamente fra le persone le quali frequentavano la casa della mamma, piccole borghesi che con l'instancabile chiacchierìo la inviperivano e l'allontanavano.

      In tre anni, la bambina s'era fatta una giovane bella, della fresca e molle bellezza veneziana, e a Filippo piaceva. Ma anch'egli non l'amava; era la piccola amica....

      La piccola amica! Quante volte, sprofondato tra i cuscini della


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