Vita di Francesco Burlamacchi. Francesco Domenico Guerrazzi

Vita di Francesco Burlamacchi - Francesco Domenico Guerrazzi


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perpetuo dei medesimi eventi presagito dal Machiavello non è fatale: nuovi semi partorirono e partoriranno sempre nuovi frutti. — Speranza e pazienza veraci angioli custodi della vita. — Stato di Europa nel punto della storia nostra: conquiste normanne in Inghilterra; Inglesi conquistano la Francia. — A Carlo VII succede Luigi XI che compone il reame di Francia in arnese di guerra. Prosunzione dei giudici moderni; con quali norme hassi a giudicare dei tempi e degli uomini passati. — Come la religione diventi flagello del consorzio civile: colpe del cattolicesimo pervertitore di morale e impedimento al migliorare della stirpe umana. — Luigi XI morendo non si pente, anzi crede di aver ben meritato della monarchia e di Dio. — Se Ludovico il Moro e le donne di Savoia e di Monferrato fossero unicamente cause che i Francesi calassero in Italia, e sembra di no. — Stato d'Italia per colpa dei suoi principi dispostissima ad essere invasa. — I Francesi l'avrebbero conquistata e tenuta se non era la Spagna; la quale in breve per virtù e per fortuna si costituisce in potente reame. — I reali di Spagna; consentono a starsi in mezzo neutrali perchè Carlo VIII spogli gli Aragonesi di Napoli, poi sotto pretesto di soccorerli vanno a spogliarli essi. — Dura sentenza del Prescott contro la Italia e non giusta. — Tra il re di Francia e il re di Spagna cresce l'odio per la contesa dello impero: prevale la fortuna di Carlo, ch'è assunto imperatore; Francesco I è condannato nelle spese e perde la causa. — Larghezza di stato non fa grandezza. — Lo imperatore non arriva mai a soggiogare la Francia; se ne assegnano le cause diverse interne come esterne. — Carlo V come politico sommette ogni considerazione all'interesse, pure pende per natura al beghino. La libertà di coscienza in Germania si desiderava davvero, pure serviva a colorire il fine della libertà politica. — Pace inopinata di Crespy; in apparenza la Francia ne ha il meglio; vantaggi grandi che ne cava Carlo V. — Opinioni contrarie sopra cotesta pace: anche nelle famiglie dei contraenti genera dissidi. — Misero stato d'Italia. — La Francia procura tregua, non potendo pace, fra lo imperatore e il Turco. — Carlo scarrucola Francesco, e questi non se ne vuole accorgere. — Carlo si volta intero alle cose di Germania: convoca la dieta a Vormazia per istabilire il concilio, il quale abbia a definire le questioni religiose. — Interim che fosse, e quando, ed a quali fini si concedesse. — I Tedeschi cresciuti di forze repugnano a mettere in compromesso il presente loro stato: e poi non hanno sicurezza recandosi a Vormazia: salvocondotto imperiale da non se ne fidare: quando salva e quando no; perse Hus e Girolamo da Praga; difese Lutero ma perchè: parole animose di Lutero recandosi a Vormazia. — Ferdinando re dei Romani sotto apparenze sante nasconde fine scellerato pel quale convoca la dieta a Vormazia. Altri fatti donde i protestanti desumono prova di animo ostile dello imperatore contro di loro; e segnatamente dal caso dello arcivescovo di Colonia. — Si apre il concilio di Trento; con quali intenti di Carlo. — Morte di Lutero; allegrezza dei cattolici e sbigottimento dei luterani; a torto entrambi; le cose apparecchiate, protratte per necessità di tempi poco si offendono per la morte di un uomo. — Paolo papa mette le mani nel negozio dell'arcivescovo di Colonia per arruffare la matassa allo imperatore. — Lo imperatore apre la dieta a Ratisbona; i protestanti vi si presentano per via di mandatari. — Se meriti lode di astuto il contegno tenuto da Carlo in cotesta congiuntura. — Trattato dello imperatore col papa, e patti della lega: girandole di Carlo e stizza del papa che si vede rubare il mestiere. — La Germania va in fiamme: apprestansi armi a combattere. — I Veneziani dissuadono il papa di porgere aiuto allo Imperatore, e buone ragioni che ne danno, ma invano. — Tradimento di Maurizio di Sassonia a carico del suocero e del cognato. — Conchiudonsi nozze, come sempre, favorevoli a casa di Austria. — Iattanze del langravio: numero stupendo di milizie raccolte. — Dannose dimore e peggio che inutili proposte dei luterani a Carlo; il quale, montato in furore, senza consultare la dieta, gli mette al bando dello impero. — I principi mandano l'araldo a intimare la guerra contro lo imperatore ed a protestare contro il bando. — Così le armi dello impero ingaggiate in guerra piena di pericolo, ottima la occasione per tentare novità in Italia, il Burlamacchi poi uomo da volere e sapere cogliere la occasione.

      Forse una legge governa con ordine eternamente fisso così le fisiche come le politiche e le mortali cose; ma se riesce arduo a scoprirla nelle prime, disperato è poi nelle seconde e nelle terze; nulla fu senza grande di vita travaglio concesso ai mortali; anco la natura materiale s'inviluppa per entro veli impenetrabili, che a stento ella si lascia strappare da dosso o per grande amore che porti, o per grande violenza che altri le faccia. E lasciando la morale da parte, per toccare della politica, ti si fa manifesta la difficoltà di rintracciarne la legge da questo, che nonostante la molta scienza dei passati eventi e la molta pratica delle faccende quotidiane, male puoi presagire lo esito dei negozi prossimamente futuri, peggio i lontani, ossia perchè ti avvenga di scambiare per causa quello che insomma altro non è che effetto ossia che la sequela di ragione indotta dal giudizio vada esposta a trovarsi scompigliata da altre cause nè prevedibili nè prevedute; di questo somministrano esempi in copia le antiche e le moderne storie; il nostro Giuseppe Ferrari ci chiarisce come e quante volte s'ingannasse l'arguto ingegno di Nicolò Machiavello sia giudicando la potenza dei Medici, o le sequele della riforma, o il pericolo d'invasioni svizzere e turche in Italia, e via discorrendo: di tanti recenti ne basti uno solo a noi e d'ieri; per le superbe tumidezze francesi e per le procaccianti burbanze prussiane l'universale bandiva prossima la guerra; l'acqua è in terra, dicevano da per tutto, e pure i nugoli si sono tirati in su, ed abbiamo veduto succedere alla temuta procella una quiete torbida che salutano pace in mancanza di meglio.

      Ma ciò che sembra più strano a concepirsi si è, che nè manco degli eventi ormai compiti ed antichi ci riesca addurre ragione certa. Di vero s'impadronì delle storie una maniera di argomentatori, e chi tirandole da un lato, e chi dall'altro, chi sbattendole con ala che a taluno pare di aquila e ad altri di pipistrello, se ne serve di materia alle fantasie proprie o agli errori: di qui i sistemi filosofici, i quali nati appena, come i guerrieri dai denti del dragone di Cadmo, si combattono a vicenda e si uccidono: onde il secolo, che inclina al positivo, comincia a mettere passione nelle scienze fisiche da vantaggio che nelle filosofiche, nè a torto; imperciocchè nelle prime quantunque poco avanzo egli ci faccia alla giornata, pure questo poco mette da parte nel salvadanaio; così mano a mano crescendo di capitale, noi lo vediamo adesso possessore di quello stupendo patrimonio che tanti maravigliosi portati ha partorito, pure promettendone altri più mirabili ancora. Dalle metafisicherie si diparte; non già, che le odii, dacchè, agitando le braccia, se l'uomo non vola, ei fa esercizio utile all'agilità dei nervi, ma sì per questo, che al chiudere delle tende gli pare a modo del dio Odino avere perseguitato sopra le nuvole un cervo di nebbia sopra un cavallo di nebbia.

      Infiniti scrittori parlarono dei tempi intorno ai quali io pure mi affatico, e mirifiche cose ci escogitarono sopra: certo cotesto fu secolo caposaldo dei secoli; per lui incominciò nuovo ordine di cose, che a mio senno non è anco compito, dacchè io creda che innanzi tutto, cessate le conquiste e le sequele di quelle, bisogni che ogni popolo si costituisca gagliardo di propria potenza: allora la forza genererà il diritto, come il terrore ribadì tra tempia e tempia nell'uomo la idea di Dio; dove tu attenda giustizia dallo amore, aspetta prima mirare in branco pecore e lupi a pascere erba; e l'uomo ancora tiene del lupo più che non credi, e il civilissimo due cotanti sopra quello che i diari nostri costumano per vezzo appellare barbaro; non però di lupo, sibbene di volpe, ma bestia sempre. Quando per tanto gli universi popoli si troveranno armati di becco e di ugne, e tra sgraffio e sgraffio non ci correrà divario o poco, fatti e rifatti i conti, conosceranno come sia meglio per essi lasciarsi stare, barattarsi i frutti delle terre e le opere delle mani loro: si ameranno forse (e se senza forse, magari!) ma si rispetteranno di certo, e questo è quello che importa. Per ora non siamo a mezza via; bisogna che molte nazioni si compiano, altre che comincino a farsi: compite, si accorderanno prima per istinto, poi per ragione, all'ultimo per via di trattati, i quali niente altro faranno che ridurre in carta male ciò che avrà creato ottimamente la necessità, e i barbassori di allora, in tutto pari a quelli di ora, per avere scritto la fatale corrispondenza del genere umano reputeranno davvero di averla fatta essi. Così tenendosi per mano i popoli con più o meno celere, ma sicuro ed irrevocabile passo potranno camminare sopra la via del miglioramento umano: dacchè la storia somministri questo insegnamento solenne, che potenza ed intelletto pari creano reverenza ed emulazione, mentre sbilancio o dell'una qualità o dall'altra in un popolo a danno di un altro popolo lo spinge alla dominazione, alla ingiustizia, alla barbarie e con assidua vicenda ad essere preda del predatore: siffatto circolo fin qui agitò il mondo, e sembra


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