Senz'Amore. Marchesa Colombi
a sua madre, non si sentiva la forza di rivederla pel momento.
Scrisse un biglietto:
«Mamma cara,
«Perdonami se vado via per alcuni giorni senza salutarti; e consolati nel tuo cuore amoroso, pensando che sono guarito dalle ubbie che mi tormentavano,
«Vado dalle signore Nardi. Le mie circostanze sono un po' mutate. Non so se la sposa che avevo scelta quando mi credevo ricco s'accontenterà ora d'un povero giovane senza patrimonio.
«Perchè sai che non ne ho, non posso averne. L'usufrutto appartiene a te, e la proprietà della sostanza Bellazio spetta ai figli della mia povera sorella.
«Ho fede nell'affezione e nella generosità della Maria, e credo che il matrimonio si farà egualmente e presto. In tal caso accompagnerò quelle signore a Gradate, perchè desidero di maritarmi quietamente in campagna, e poi anderò a fare un breve viaggio per aspettare il giorno delle nozze. Allora ci rivedremo, mia cara mamma, e vivremo sempre uniti, nel nostro bel quartierino, che la tua bontà ci ha preparato, e dove la camera nuziale non sarà più chiusa. Parleremo dell'avvenire che ci aspetta, soltanto dell'avvenire; e saremo tutti felici. Tu pure sarai felice, mamma cara e venerata sempre.
«Il tuo MARCO.»
Quando la mattina volle consegnare la lettera alla cameriera, da rimettere a sua madre appena si fosse svegliata, gli fu risposto che la signora aveva dovuto uscire di buon'ora, ed aveva lasciato nella sua camera un'imbasciata per lui.
Marco entrò subito nella camera di sua madre, e trovò infatti un biglietto sulla scrivania diretto a lui.
—«Non posso assistere alle tue nozze, scriveva la povera donna, nè vivere, come avevo sognato, presso di te. Non si può illudersi che il male non si espii presto o tardi; e questa è la mia espiazione. Vado a Nervi presso i bambini della povera Elena, e se il loro babbo mi vorrà, rimarrò con loro. Posso sperare almeno che tu mi scriva?»
L'umiltà di quella lettera fece male al cuore buono di Marco. Ma egli non potè a meno di approvare quella separazione.
Erano appena le nove, e sarebbe stato impossibile andare a quell'ora in casa Nardi. Impiegò il tempo che gli rimaneva da aspettare, a scrivere una lettera a sua madre, invece di quella che aveva preparata. Le notificò la sua risoluzione di rinunciare al patrimonio Bellazio, ed aggiunse dei rimpianti per la sua lontananza e delle espressioni affettuose, molto al disotto però della tenerezza vivissima che provava in quel momento per lei. Temeva che qualsiasi manifestazione insolita potesse parere un'allusione alla confessione ricevuta, e si trattenne per non dir troppo.
Dalle signore Nardi, Marco trovò facilmente il modo di spiegare come si fossero dissipati i dubbi che lo tormentavano circa la sua salute. L'assicurazione ripetuta del medico dopo un'osservazione di quattro mesi, era più che sufficiente a persuadere chiunque della sua buona costituzione. Ma fu imbarazzato per addurre una ragione soddisfacente del suo improvviso cambiamento di stato. Non c'era tempo da pensarci su, e dovette appigliarsi al solito pretesto delle speculazioni mal riescite. Gli era rimasto soltanto un piccolo capitale, che aveva sacrificato per fare una rendita vitalizia a sua madre, affinchè potesse godere le agiatezze alle quali era avvezza….
Se si fosse trattato di persone più cupide ed esperte di affari, sarebbero forse nate discussioni sulla legalità della cosa. Ma la Maria era innamorata, e non badava ad altro; e la madre, vedova anch'essa, approvò di buon grado quello che un figlio devoto aveva fatto per un'altra madre vedova. Del resto gli sposi, tra tutti e due, potevano mettere insieme circa dieci mila lire all'anno; Marco era avviato in una buona carriera e la sua condizione prometteva di migliorare sempre; era ancora un discreto partito. Quelle ragioni d'interesse spiegarono anche l'allontanamento improvviso della signora Bellazio. Certo fra lei ed il figlio c'era stata qualche discussione che, per quanto accomodata, lasciava un lieve screzio, e li faceva desiderare di non far casa comune.
Le nozze, il viaggio, quelle prime sorprese della felicità, assorbirono talmente Marco, che non ebbe testa di pensare a nulla. Mandò due telegrammi a Nervi, nei quali non faceva che dare nuove ottime di sè e della sposa, e sfogare la sua gioia. Fu soltanto al ritorno, coll'animo più tranquillo, che cominciò ad avvedersi d'un grande riserbo nelle lettere di sua madre.
Erano scarse e brevi; parlavano pochissimo di lei, e più dei bambini, che crescevano sempre bellini e gracili. Marco aveva risentita tanta riconoscenza per l'abnegazione, con cui quella povera donna, ch'egli avrebbe onorata sempre come una santa, s'era avvilita con una confessione tanto penosa, pur di rassicurarlo sulla sua salute, che non capiva come mai ella non gli tenesse conto di tanta gratitudine e di tanta indulgenza. Dal canto suo la madre, in quella prima lettera di Marco, dove anche le parole di perdono e d'amore erano tenute nei limiti del linguaggio abituale, per timore d'offenderla con un'allusione al suo errore, aveva trovata una freddezza, che non la faceva pentire di certo della sua confessione eroica, ma gliela faceva considerare mal compensata.
Ella si andava ripetendo la vecchia storia di Cristo e della Maddalena che ha incoraggiati tanti errori, e imbaldanziti tanti colpevoli, e pensava che Marco era stato crudelmente severo verso di lei, che gli aveva consacrata tutta la vita. Quel rifiuto del patrimonio non l'aveva preveduto, e la crucciò profondamente. Avvezza ad una vita molto agiata, le pareva che Marco dovesse patire delle privazioni. E d'altra parte, a che titolo poteva insistere perchè accettasse quel danaro? Non osò parlarne; non osò neppure mandare il dono di nozze che aveva preparato per la sposa; tutti i suoi gioielli nuziali rilegati a nuovo. Era ancora una ricchezza di casa Bellazio; la respingerebbero di certo, e lei fremeva al solo pensiero di quell'affronto.
Dal canto suo Marco diceva:
—Povera donna. Nell'impeto dell'affetto materno la sua coscienza le ha strappato quella confessione: ma ora rimpiange l'aureola d'onestà che ha dovuto sacrificarmi, e nel suo orgoglio offeso non mi perdona d'averla involontariamente obbligata ad un'umiliazione.
Finirono per credere ciascuno ad un risentimento che in realtà non esisteva nell'altro. Cioè, esisteva, sì, nell'animo di Marco, un immenso rammarico per quella colpa della madre. Come mai aveva offuscata la sua bella riputazione di donna onesta? E chi era quell'uomo? Ci pensava con fastidio, e non avrebbe voluto conoscerlo. Non gli perdonava d'aver avvilita sua madre. E quel povero marito malato, debole, condannato ad una morte immatura, e, per colmo di sventura, tradito, prendeva nel suo cuore generoso il posto del padre che disprezzava. Di tutto questo si era proposto di non lasciar trasparire nulla alla sua povera mamma, e di perdonare, di perdonar tutto, di gettare un velo sul passato, ricordandosi soltanto la sua lunga vita di solitudine e di dolore e di devozione materna.
Ma la freddezza di lei inasprì il suo giudizio, ed egli finì per pensare:
—Infine, se si allontana da me, se non vuol vivere colla mia sposa onesta, vuol dire che sa di non meritarlo, o che non mi ama quanto io credevo.
E rivolse tutto il suo affetto alla propria famiglia, la quale andò d'anno in anno aumentando d'un piccolo essere, che reclamava un grandissimo posto nel suo cuore e ne' suoi pensieri.
Quando i bambini furono quattro, e la Maria, un po' stanca, sentì il bisogno d'un aiuto, Marco non osò pregare sua madre di venire a vivere in casa sua. S'era allontanata di sua volontà, non gli aveva fatto neppure una visita in sei anni; non conosceva nessuno de' suoi figli; non lo amava più. Egli diceva fra sè:
—Accade alle volte che una donna onesta, trascinata in fallo da un momento di passione, prenda in uggia il figlio che le ricorda quell'ora vergognosa della sua vita. Io poi, che fatalmente dovetti saper tutto….
Fu la madre di sua moglie che andò a vivere con loro per assistere la
Maria nelle sue cure materne.
Marco provò un momento d'imbarazzo quando dovette annunciare alla signora Bellazio quella novità. Due volte cominciò una lettera su quell'argomento, ma non gli riescì di concluder nulla. Finì per dire la cosa semplicemente, come una circostanza secondaria in una lettera delle solite, senza mostrare di darci maggior importanza.
«Mia suocera, che in causa dei bambini