Si Mr. Evans. Antonina Lentini
come per guardare a terra e gli infilzo i polpastrelli smuovendoli a destra e a sinistra, poi butto la testa allâindietro ed ecco che la versione umana del Re Leone è pronta. Mi do due schiaffetti sulle guance per dare loro un tocco di vivacità , non che già non lâabbiano ma serve giusto un qualcosa in più. Prima di uscire noto la sua divisa, piegata alla perfezione sulla cassettiera in legno massiccio. Prendo la maglia blu tra le mani e la odoro. âMio Dioâ vado in estasi, chiudo gli occhi e la mia mente vaga tra i pensieri più impuri.
Mi immagino tra le sue braccia, intrappolata dalla sua salda presa, felice e immersa nel suo calore. âMmâ faccio un respiro profondo sulla sua maglia ed a malincuore la rimetto al suo posto. Mi sistemo la camicia ed esco fuori.
Mi dirigo nella stanza da letto e Cade è seduto ai piedi del letto con i miei vestiti in mano. Sta fissando un punto fisso del pavimento.
Forse avrà sentito i miei passi perché ha appena alzato lo sguardo da terra per guardarmi. <<Ti sta benissimo la mia camicia.>>
<<Grazie.>> Rispondo timida, dopo porto lo sguardo per terra.
<<Puoi anche tenerla se vuoi.>>
<<Preferisco la tenga tu.>> Perché me la vuole regalare? Forse non la vuole più perché lâho indossata io. La può sempre lavare.
<<Come vuoi.>> Sembra che sia rimasto deluso dalla mia
risposta. Non la voglio la sua camicia. Per quanto bello sia
portarmela a casa, così potrò odorarla e sentire il suo profumo tutte le volte che vorrò, preferisco che stia al suo posto, cioè dentro il suo armadio.
<<Perché vuoi che la tenga io?>>
<<Perché ne ho tante.>> Mi rivolge un sorriso. <<Ciò non vuol dire che puoi metterti a regalare camicie a chiunque.>>
Mi fulmina con lo sguardo, come se avessi detto una bestemmia.
<<Non chiunque, ma a te.>>
âCosa?â
Forse è meglio che chiudiamo il discorso âCamiciaâ¦â adesso. Non possiamo discutere per un indumento. à abbastanza da bambini. Quindi cerco di approfondire un dettaglio che mi affligge da quando mi sono svegliata.
<<Senti, ma ieri sera ero ubriaca?>>
<<Per fortuna no. Chissà cosa avresti fatto se lo fossi stata.>> Fa un sospiro di sollievo.
<<Ah ok. Non sono solita divenire brilla.>> Esclamo, sedendomi accanto a lui.
<<Brilla o meno, ieri ti sei cacciata nei guai. E mi farebbe un sacco piacere se non ti ci cacciassi mai più.>>
<<Agli ordini capo.>> Faccio un saluto militare e accenno un sorriso.
Lui alza un sopracciglio, probabilmente per sottolineare la mia battuta. Improvvisamente da unâespressione seria ne assume una serena ricambiando il sorriso.
<<Di cosa volevi parlarmi ieri sera, Cade?>> Decido di affrontare il discorso. Dovrà pur sempre arrivare il momento e reputo che questo sia quello giusto. Si volta a guardarmi, con i miei vestiti ancora tra le mani.
Ha uno sguardo intenso.
<<Volevo scusarmi per averti mandata via quella sera. Non
so cosa mi sia capitato. Mi sono comportato da vero stronzo. Forse è stata per gelosia oppure per paura di affezionarmi a te.>> Fa una pausa. Poggia i miei vestiti sul letto e mi cinge le mani con le sue. <<Senti, io ho un passato alle spalle, non bello, che mi porto dietro e mi ha portato a diventare così. Spero un giorno di svegliarmi e dimenticare tutto ma non è così. Noele, il mio destino è segnato.>>
Lo sapevo che câera qualcosa del suo passato che lâha segnato per tutto il resto della sua vita.
<<Cosa ti è successo?>> Chiedo. Provo compassione nei suoi confronti. Prova ancora dolore.
<<Non ne parlo mai con nessuno.>>
<<Fallo con me.>>
Per un attimo mi sembra che mi abbia lanciato uno sguardo maligno. Non vorrei essere stata fraintesa. Mi affretto a precisare. <<Confidati, parla con me.>>
<<Non posso.>> Sussurra con un filo di voce.
Lascerò che sia lui a parlare di sua spontanea volontà . Quando sarà pronto ad affrontare lâargomento. <<Per favore potresti passarmi i vestiti?>> Gli porgo la mano.
<<Si certo.>>
<<E per favore potresti uscire dalla stanza? Dovrei cambiarmi.>> Arrossisco.
Cade si alza e rimane per qualche secondo bloccato di fronte a me a fissarmi, come se fosse immerso nei suoi pensieri. Poi scrolla la testa. <<Si certo.>> Lo accompagno alla porta e la chiudo. Mi cambio in fretta. Non voglio più sentire parlare di cibo almeno per una settimana. Ho lo stomaco pieno. Devo andare nel mio appartamento e in fretta. Fare una bella doccia rinfrescante e andare a lavorare.
Apro la porta e mi ritrovo Cade di fronte, in piedi. Mi
guarda fisso. Lo voglio. Lo voglio tutto per me. Adesso. Non ho mai desiderato un ragazzo così tanto in vita mia.
Ha qualcosa in mente, ma si trattiene. Vorrei tanto saperlo. Si mordicchia le unghie. Perché? Non lo ha mai fatto.
<<Tutto bene?>> Mi guarda con occhi pieni di smania.
<<Sâ¦si.>> Balbetto. <<Tu?>> Lo scruto in viso.
<<Noele non so se resisterò a lungoâ¦>> Fa un sospiro.
<<Resistere a cosa?>> Rimango immobile sulla soglia della porta con la mano poggiata sulla maniglia. <<A te.>> Mi poggia la mano sulla guancia. Chiudo gli occhi e sento dei brividi percorrermi la schiena e le orecchie divampare.
<<Non farlo allora.>> Esclamo con un filo di voce. <<Ho promesso di non farti soffrire mai più.>> Sussurra con voce piena di rimorso.
<<Non lo farai. Non mi farai soffrire.>> Lo guardo con occhi piena di frenesia. Ã agitato e desideroso. Fa scorrere la mano lungo la mia schiena e mi avvicina a lui.
<<So che finirò per farlo.>>
<<Mi fido di te.>>
<<Fai male. Non mi conosci.>> Fa un sorriso malizioso.
<<Provaci almeno.>>
âBaciami.â Esclamo nella mia mente. Il respiro si fa sempre più affannoso. Del cuore non ho più il controllo e la mente si è persa tra i pensieri più impudici.
Non so cosa accadrà ma di una cosa sono certa. Lo desidero più di ogni altra cosa.
Infilo le mani sotto la sua maglia. Ã caldo e al mio tocco si contrae.
<<Non farlo.>>
<<Lo voglio Cade.>> Non mi importa cosa abbia appena pensato dalla mia frase, lascio a lui il libero arbitrio di tirare una conclusione.
<<No.>> Mi guarda negli occhi ed emette un sospiro.
Faccio scorrere le mani lungo i suoi fianchi alzando la maglia con i pollici ed emana un gemito. La alzo lentamente e sento che rabbrividisce. Non riesco a fermarmi.
Improvvisamente mi fa rientrare nella sua camera. Cammino allâindietro, mi guida lui con le mani poggiate sulle mie guance fino a quando non perdo lâequilibrio e cado sul letto. âà quello che voglio, è quello che voglioâ, ripeto, ânon me ne pentirò.â
Lo