Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia. Carlo Bianco

Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia - Carlo Bianco


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progrediscono. Quando la meta di una congiura, il bene di tutti, e non la sola utilità di un qualche cittadino concerne, è sempre assai più probabile, venga ben conservato il segreto, ed una prova ne sia, la cospirazione del Piemonte nel 1821, che contava circa trenta mila federati, i quali tanto bene il segreto mantennero, che nè dal governo, nè dalla polizia mai nulla, se non al momento dello scoppio, si traspirò; al quale inaspettato avvenimento, oltremodo stupefatti ed impauriti rimasero, i rettori dello stato. Come sarà noto ai cospiratori, la lega per tutto il continente italiano esser generalmente accettata, e che se un traditore ad un principe, il segreto, che lo concerne, scoprisse, a quella spezial parte, potrebbe danno arrecare, ma non perciò, che il movimento in altre parti seguisse, impedire, difficilmente chicchessia, al guiderdone momentaneo, che può essergli dato dal principe, quello stabile della patria sarà per postergare: trattenuto eziandio dal timore di dover poi un giorno, e non lontano, caramente scontarlo, se in qualch'altra parte della penisola sarà vittoriosa la causa nazionale. Non vogliam però dire con ciò, che debbano i cospiratori tralasciar di prendere tutte quelle precauzioni necessarie, affinchè non possa il loro segreto, non che, la loro esistenza venir palesata, e conveniamo con Trajanno Boccalini, che «nelle congiure bisogna prima essere sicuro col pegno del rischio, di colui al quale si dicono» e che non debbonsi in quella scambievole paura, ch'è il vincolo delle medesime, di continuo mantenere. Ma solo è stata nostra mente di scemare con quelle osservazioni il troppo timore dal quale, animi non abbastanza decisi, e poco riflessivi cervelli, potrebbero lasciarsi invadere, ed impauriti dal nome di congiura, o cospirazione, e dalla lettura dei pericoli, che in quelle si corrono, fors'anche a bella posta dal nostro citato autore, amplificati, ed esagerati, di compiere un obbligo per ogni Italiano sacrosanto, vilmente tralasciare.

       E quanto finalmente abbiam detto di doversi i cospiratori nelle truppe degli attuali tiranni d'Italia insinuare, ella è cosa più difficile in apparenza che in fatto; a tutti è ben noto, e gli avvenimenti nell'anno 1820, e 21, ce lo confermarono, che forti, e generose idee sono in quelle truppe germoglianti, e che la maggior parte della gioventù ardente di cui sono composte, sarà senza dubbio al primo grido di libertà, in favor della patria, e dell'uman genere, per parteggiare. Ed avvegnacchè i tentativi del 1820 e 21, i primi che da secoli si siano armatamente intrapresi con intenzioni italiane, abbiano avuto un esito infelice e disastroso, e che i capi, e maneggiatori di questi siano stati dai tiranni, che coll'ajuto della perfidia, e dello straniero rimasero vincitori, esiliati, o carcerati, o alle forche appesi; sarebbe un grave errore, perciò conchiudere, siano per essere, attualmente gli eserciti Italiani tutti di persone devote alla tirannia, ed ai persecutori d'Italia, composti, perchè i condannati, e perseguitati, non furono, che una minima parte di quella grande massa d'amatori della italica patria che prima delle succitate rivoluzioni già esisteva, e soprattutto in Piemonte, dove molti per la rapidità degli avvenimenti, che fin dal principio, il nuovo stabilimento del governo rovesciarono, neppure il tempo ebbero di manifestarsi, ed inerti od anche nelle file dei tiranni sotto apparenza di nemici astutamente se ne rimasero; di fatto il numero dei scoperti, e condannati dal tiranno ascende in Piemonte a circa tremila, ed in quel paese prima della rivoluzione più di trenta mila federati si contavano e così più o meno negli altri stati italiani accadde; un forte numero dunque di prodi militari, che amano l'Italia, ed odiano i suoi oppressori, ancora in quelle esecrande file si trova. Il quale, a seconda dei progressi dell'opinione in quella penisola, dev'essersi fatto considerevolmente maggiore. Laonde non sarà a quelle congreghe molto disagevol cosa, di mettersi con uno o più uffiziali, per reggimento, in contatto, ed a quei militari accostandosi, che per la rettitudine del loro pensare, la prudenza del loro agire, o l'energia del loro animo essere idonei alla difesa della patria, hanno per certissimo; nella lega dei cittadini italici, prontamente annoverarli.

      Abbiamo detto uno, o più uffiziali, siccome siamo persuasi non esser di tanto nei reggimenti insinuarsi, ed allargarsi con molti di quelli in parole, per riescire, necessario; e che anzi crediamo addursi per tal modo troppo in forse, l'indispensabile segreto, e portiamo opinione, che uno, o pochi uffiziali scelti con precauzione, e dotati delle qualità convenienti per trar con loro il giorno stabilito, il reggimento intero, o una gran parte di quello, sia quanto si richiede, quand'anche uffiziali superiori non siano, ma solo sagaci, fermi, prudenti, la stima godano dei soldati, ed abbiano in somma, influenza e buon nome.

      In prova di questa nostra asserzione, alcuni particolari accenneremo della condotta di un uffiziale piemontese, a quel reggimento appartenente, che il primo in Alessandria per la libertà, ed indipendenza italiana si mosse, e quello fù, che nella mattina del 10 marzo, entrò alla testa del reggimento nella cittadella d'Alessandria. Pel corso di varj anni, il modo di cooperare alla liberazione, ed unione d'Italia, questi seco divisava; altro nella sua positione, non poteva rinvenirne, se non quello di affezionarsi i soldati, onde essere da quelli nel giorno pericoloso del tentativo ajutato, e sostenuto; tre continui anni a tal uopo, il suo tenor di vivere dirizzò; chiaro, sincero, ed animoso, nel trattare con ognuno; ma cupo simulatore in ciò, che poteva al suo proponimento aver relazione, ben lasciava i suoi italici sentimenti, il suo amore alla libertà, ed independenza italiana traspirare, ma con avvisamento, e circospezione tale, che pensieri affatto inerti, e solo desiderj, come quasi ineseguibili da lui stesso riputati; ed al dovere di buon servitore di chi reggeva il Piemonte, posposti comparissero; nell'esecuzione del proprio dovere puntuale, ed attivo, contro i negligenti, ed infrattori dei regolamenti di disciplina, severissimo si demostrava; come quello, che il condiscendere al rilasciamento di quella, essere il vero modo di affezionarsi il soldato, non credeva, poichè questi la condiscendenza de' superiori, come una dimostrazione, d'affetto per lui, non interpreta, ma bensì a dappocaggine, e trascuranza del proprio dovere, glielo appone; se ne prevale, epperciò sfrenato, licenzioso, e disonesto, diventa; cessa la subordinazione, ed il dovuto rispetto; nello stesso tempo la stima perde, verso il suo superiore, e quindi l'affetto, che n'è la conseguenza; epperciò chi d'averlo in tal modo reso ligio alla sua volontà s'immagina, trovasi nel giorno del cimento messo dal soldato, in abbandono, perciocchè debole, ed incapace vien reputato; e quel soldato ch'egli credeva guastandolo, far suo, è costretto di vederlo nel momento critico sotto la direzione di un altro severissimo, accorrere, perchè da lui più energico ed attivo considerato. Ma non dimeno, se dall'un canto tutta la severità da una buona disciplina comandata, giammai dalla retta giustizia allontanandosi, metteva rigorosamente in uso; da altra parte, per quanto più possibile gli fosse, dei modi i più conducenti, onde a se trarre gli animi degli ufficiali, e soldati, di servirsi non tralasciava. Se uno de' primi alle strette di danaro si trovava, ciò che non di rado succedeva, con la conveniente somma, che a titolo di prestanza gli somministrava, senza mai più in seguito ricercarne il rendimento, a sovvenirlo s'affrettava. Salvò in quel modo l'onore ad alcuni ufficiali, che trovandosi al maneggio di fondi del reggimento, avrebbero, in mancanza quel soccorso, inevitabilmente perduto la spallina; quanto quelli grati gli fossero ed a lui intieramente devoti, ben può ciascuno immaginarsi! per le particolari occorrenze sapere dei sergenti e soldati, pur faceva continuamente diligenza, e se gli veniva a notizia, quegli essere indebitati, valendosi d'un terzo amico loro, con molta precauzione, e segreto, del pagamento incaricato, immantinenti a loro insaputa, il creditore soddisfaceva; due vantaggi in quel modo gli ridondavano; primieramente perchè quando il sergente, o soldato giungeva a sapere, che il suo debito era stato in una maniera delicata, che non offendeva il suo amor proprio, da lui pagato, maggiormente se gli affezionava; e secondariamente, perchè confidandolo ad un terzo, egli ben poteva supporre, che all'orecchio d'uno in altro passando, a breve andare, sarebbe il segreto, in contezza di tutti pervenuto, e la fama della sua beneficenza, viemmaggiormente estesa e magnificata. Come quello, che aveva il nome di ben conoscere le imbrogliatissime leggi del paese, era sempre dai soldati sottoposti ai consigli di guerra, scelto per difensore, ed o con la ragione, o con maneggio, o astuzie li salvava, o per mezzo de' molti amici, che aveva nella capitale, ogni qualvolta uno di questi era dal consiglio di guerra condannato, prima che la sentenza si eseguisse, dal Re la sua grazia otteneva.

      Incaricato per qualche tempo dell'istruzione delle reclute a cavallo, armato di molta pazienza, con buone maniere, a rendersi da bel principio quei giovani soldati amici, s'adoperava; ogni giorno nelle cucine del quartiere ad assaggiare il pane e la zuppa si portava; se il denaro dell'ordinario era tutto speso, senza che la minima parte per altri oggetti fosse invertita, munitamente prendeva informazione; e nel tempo, che il soldato mangiava, egli porgeva orecchio alle sue lagnanze, lo confortava con buoni consigli,


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