Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia. Carlo Bianco
di vera gloria sensibili, trasandare? Dovremo noi, perchè quattro sciagurati abitano fra quelle venerabili classiche mura, ad una capitale rinunciare, che tutte le qualità possede per essere florida, e conveniente ad uno stato ben regolato dal filosofo stagirita prescritte? Che non è nè troppo lontana, nè troppo vicina al mare; acciocchè, come dice il succitato Aristotile, per la troppa lontananza non resti priva dei molti commodi che quello suole apportare, e non sia con la troppa vicinanza, ai pericoli d'assalti improvvisi, ed alla corruzione ordinaria delle città, che sono porti di mare, sottoposta; sarebbe il sito sanissimo, e buonissima aria spirerebbesi, quando fosse ben ripopolato, e che fossero gli abitanti attivi ed industriosi; perchè ben si sa che già lo era negli antichi tempi, e si legge in Tito Livio, saluberrimos colles; sito che per mezzo del fiume e delle strade può avere da ogni parte della penisola e dal Mediterraneo abbondanza continua di vettovaglie; difficile ad essere da popoli lontani all'improvviso assalito; e per la sua centrale positura; quasi ad eguale distanza d'ogni provincia, nel caso di facilmente con tutte le più lontane parti della penisola, ad un tempo communicare e per tal modo con energia, e prontezza a tutte egualmente sopravegghiare, dirigere e contenere! dove trovasi un'altra simile città in Italia? Il solo intoppo negl'abitanti consiste! Si purghi dunque il Panteon dell'antica gloria italiana dalle sozzure, che lo infettano; si mandino in quella città, robusti, e decisi Romagnuoli nei quali ancora una tinta si scorge dell'eroico carattere romano, si uniscano loro dei Liguri, Piemontesi, abitanti degli Appennini, Bresciani, Abbruzzesi, e Calabresi, Siciliani, Elbani e Sardi, tutti fra gli abitatori dei monti, trascelti; e non crediamo di cadere in isbaglio nel predire, che pel buon regime di governo italiano ben ordinato, e con quella capitale, saranno le maravigliose gesta degli avi nostri, per rinnovellarsi, e come fenice dal suo rogo, la sfolgoreggiante gloria dell'antica Roma eccelsamente risorgere, mentre gli eletti rappresentanti del popolo italiano, per prudenza, energia, saviezza, e dottrina, superiori a chiunque, nell'unico, mirabile, stupendo tempio del Vaticano congregati, faranno restar di maraviglia sospeso il mondo, e sarà per tal modo il più magnifico edifizio in oggi esistente, in ampia, e venerabil Aula del più luminoso parlamento del mondo, gloriosamente trasmutato.
CAPITOLO III. DELL'ONOR MILITARE.
Quel generoso sentimento, che destandosi nel cuor dell'uomo, alle grandi, generose, e laudevoli opere lo sublima, facendo sì che la publica estimazione dall'universale concessa come tributo alla virtù, per lui divenga una vera necessità, esser l'onore, noi opiniamo. Ma pell'ignoranza e per inveterate assuetudini, che spesso la natura delle cose corrompono, e per sciocche, e false opinioni dalla barbarie del medio evo generate, ed in retaggio tramandateci, reputasi in un paese, virtù, ciò, che in un altro, vizio si considera, cosa che punto non avverrebbe se la virtù nel far bene alla patria, primieramente, e quindi agli uomini tutti consistere, fosse dall'umana congerie, universalmente ammesso; e come virtuose quelle azioni non si considerassero, che da un tale scopo si allontanano; e vizio tutto quanto alla patria ed agli uomini nocumento arreca non si appellasse. Però siccome una piccola parte degli uomini vuol vivere nella mollezza, e lusso, e tenersi lieta, e contenta nelle corrotte usanze d'un viver guasto e licenzioso, a spese dell'altra maggiore, e non men dominarla, che calpestarla; ne avviene, che chiaramente la vera virtù, non sia mai nè ben deffinita, nè da tutti conosciuta, nè dalla maggior parte praticata se ad utilità non torna; epperciò ne consegue, che il suo proprio significato o a seconda de' tempi e dei luoghi si altera, o si trasforma in modo che un'azione, in America, dove gli uomini sanno di essere uomini e praticano la vera virtù, come virtuosa, e degna di laudi tenuta, sarebbe in Europa, dai tiranni d'Italia vituperata, e fors'anche capitalmente punita; per esempio, l'Americano che, scorgendo gli amministratori della cosa publica, senza darne conto, le rendite dello stato dilapidare, in continue prevaricazioni, e concussioni trascorrere, il giogo scuotere della legge; la giustizia fallare, infine la publica, e privata morale in ogni sua parte corrompere, per tali misfatti in giudizio gli appellasse, e stretto conto della loro viziosa condotta, ne domandasse, sarebbe in concetto d'uomo virtuoso da tutti, colà con ragione tenuto, e per lo contrario, se in Napoli, nello Stato Papale, Lombardia, e Piemonte, dove simili opere nefande sono abituali, ad uno degli schiavi di quei paesi, di solamente palesarle, l'animo bastasse, sarebbe quegli come insubordinato, a grave castigo soggetto, e per avventura di sediziose macchinazioni tacciato, appeso anche alle forche. Ed ecco in quegli infelici paesi chiarita infame quell'opera che virtuosa, e degna di grandissima laude, stata sarebbe in America oltremodo stimata.
Da tale varietà di virtù, deve per necessaria conseguenza quella dell'onore conseguire, epperciò saranno in Italia le azioni cavalleresche degne dei tempi di Orlando, oppure le umili, e contemplative di un san Luigi Gonzaga sommamente onorate, quando saranno le virtù di Bruto, e di Catone biasimate, e beffeggiate; ignaro un popolo servo, delle virtù ad un libero vivere civile necessarie non meno, che dei segnalati vantaggi da quello ridondanti; le ricchezze, lo sfoggio, e la sommessione al tiranno avrà in grande onoranza, ed ossequio: mentre vedrassi lo stato povero dispettosamente vilipendere, avere i robusti pensamenti a scherno, e rigettarli; finalmente depressa, e conculcata da quei servi imbecilli la vera virtù, la sola venerazione, ed omaggio verrà alla lussureggiante ricchezza, vilmente retribuito. Posto abbiamo ciò che per onore intender debbasi, e come sia quello nello stato attuale del mondo, da paese a paese, da popolo a popolo, da una generazione all'altra, per la falsa maniera di considerar la virtù, e d'interpretarne il significato a mutazione soggetto. Come debbasi l'onore, da un militare, in un regolato esercito e dal cittadino che per la liberazione della patria mettesi in campo, intendere, non meno, che la differenza fra di loro esistente, passeremo ad attentamente disaminare.
Come che, in alcune sue parti, in tempi, e luoghi differenti, sia puranche, l'onor militare mutevole; avendo nondimeno il coraggio, e l'ardimento per base generale, in tutti i tempi, ed in tutte le parti, trovasi pressocchè uguale, qualsivoglia pericolo di arditamente affrontare, vedere la morte in faccia, e non temerla, non aver al numero, nè alla qualità dei combattenti, il pensiero rivolto, ma solamente rintracciarli dove sono, ed anche a disvantaggio corrergli accerrimamente addosso, una morte certa piuttostochè dar le spalle al nemico, per la difesa della bandiera intrepidamente incontrare, un palmo di terreno passo, passo, ed a costo della vita ostinatamente contrastare, in ogni zuffa, in somma, tener la puntaglia; questo sono le nobili qualità essenziali dell'onor militare, da doversi in un regolar esercito sopra ogni altra cosa apprezzare, eccellenti pregi, per se soli capaci, in favore di quello fra due combattenti eserciti, che in maggior grado li possede; far la vittoria rivolgere; e la storia ne insegna che molti grandi capitani dell'antichità, i quali dubitavano in fronte al nemico (o non ancora conosciuto, od in maggior forza giudicato), non fosse questo sentimento d'onore per vacillare, hanno cercato di mettere la loro propria truppa nella stretta necessità di combattere in luoghi dove non potesse retrocedere, collocandola, ed all'onore, la disperazione, in quel modo sostituivano. Alessandro, al passaggio del Gronico, posesi secondo la relazione d'Arriano, col fiume alle spalle ed il numerosissimo esercito nemico in fronte; e così ne viene da un suo commentatore la cagione, spiegata: la sua in apparenza troppo avventurata impresa, essere più ragionevole che temeraria coll'evento ei dimostrò, perchè, siccome con un nemico nuovo, maggiore in numero, dovevano i suoi venir alle mani, volle col mezzo della disperazione fortificarli, affinchè essendogli dal fiume il passo alla fuga serrato, in altro che nella sola vittoria, speranza non nutrissero di salute: ma non mettendo la guerra nazionale d'insurrezione per bande, come la guerra regolare, nell'urto la speranza della vittoria, deve da sentimenti d'un differente onore essere guidata; l'unica principal mira del cittadino armato, a che debbono essere tutte le sue opere dirette, la liberazione essendo, e la futura felicità della patria: a misura dunque che più o meno, senza badare alla qualità dei mezzi che adopera, in vantaggio di quella s'affatica, il suo onore aumenta, o diminuisce. Fermo il soldato regolare, sul posto impavidamente si sagrifica, ed alla fuga, di essere scannato, preferisce, tornando quella morte, della sua memoria in onore; diversamente da ciò, deve per lo più il volontario della patria operare, punto non si vergogna quegli di dar le spalle al nemico, di correre una dubbia sorte non crede onorevole, ed eziandio in pari forza, ad affrontarlo non s'avventura, fugge alla sua presenza e per maggiormente danneggiarlo, si nasconde; quanti soldati raminghi cadongli nelle mani, a bell'agio, e senza pericolo distrugge, e si schermisce occultandosi