Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia. Carlo Bianco

Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia - Carlo Bianco


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erano da quella frequentate; contro tutte le colonne mobili di truppa di linea francesi, di guardia nazionale, e di gendarmi, che pel corso di circa sei anni, non cessarono di perseguitarla, senza poterla mai prendere, nè danneggiare, con estraordinaria protervia si mantenne; nel 1815, al ritorno del tiranno in Napoli, dell'indulto generale dato a tutti i fuorusciti, i Verdarello profittarono; ma penetrata dal Gaetano, l'intenzione del governo, che temeva un tanto feroce uomo alla testa d'un certo partito, ed avea deciso di farlo in beffe dell'indulto, trucidare, con i suoi fratelli nella Puglia, ove formò un'altra banda di cinquanta uomini, misesi di bel nuovo in campo; una colonna mobile di fanteria e cavalleria di Napoletani e Tedeschi composta fù dal governo, immantinenti ad attaccarlo spedita; avvertito a tempo di questa spedizione posesi Gaetano in imboscata: lasciò la vanguardia tutta di Napoletani liberamente passare; sui Tedeschi quindi, con furore avventossi, quelli alla prima giunta messi in isbaraglio, i Napoletani, che già eransi di troppo allontanati, alle spalle con vigore assalì, ed a precipitosa fuga li costrinse; varie volte furono simili attacchi ripetuti, ed ebber sempre la stessa riuscita; stanco alla fine il governo Napoletano, della continuata esistenza di questa banda colla forza, invincibile, a far pratiche col Verdarello si decise, e mandogli una bellissima capitolazione a proporre, ma vennegli a tutte le vantaggiose promesse negativamente risposto, e solo a negoziare qualora il governo austriaco, la parola del tiranno, ed il trattato mallevasse, mostravasi il capo della quadriglia propenso. Fra le tante sozze male azioni che il regno di Ferdinando disonorarono, sonvene senza dubbio delle crudeli, ed ai cuori onesti sommamente repugnanti, ma una di questa più abbietta vergognosa, e vile non crediamo nel registro delle nequizie di quel tiranno lazzarone trovare si possa; stretto dalla pertinacia del Verdarello, il codardissimo governo di Napoli alle sue pretese acconsentì, e fù il comandante Tedesco della piazza di Foggia, certo Tilla, una convenzione in nome del lazzaronico tiranno sotto la guarentigia dell'Austria a distendere, e firmare incaricato; conferiva questa convenzione a Gaetano Verdarello, il grado di colonnello negli eserciti del tiranno; tutti i suoi soldati come uffiziali, riconosceva; ed assegnava una paga corrispondente ai loro gradi con obbligo però di tenere quei cammini sgombri dai ladri. Furono da ambe le parti pel corso di mesi sei le condizioni mantenute, finchè passando un bel giorno Verdarello colla sua banda nel villaggio d'Ururi, diretto verso la Puglia, troppo nel trattato confidente, senza quelle precauzioni, che prima di essere al tirannico servizio solito era di prendere, fù da un'imboscata di militi, tesagli d'ordine del governo dalle finestre d'una casa, a schioppettate ammazzato. Basti questa narrazione per provare, non sola la possibilità, ma ben anche la facilità di ordinare, e mantenere le bande in campo; delle Calabrie, dei famosi fra Diavolo, abate Pronio, e Giuseppe da Furia non parleremo, perchè abbastanza per la loro resistenza, e pei luoghi dov'erano stabiliti, sono a tutti notissimi; noi di proporre questi masnadieri, per esser nel loro scopo imitati certamente non intendiamo, ma gli abbiamo ai nostri leggitori, citati, affinchè si vegga, non essere il luogo, nè i mezzi per la riunione, independenza, e libertà d'Italia, ma la sola buona e ferma volontà degl'Italiani, mancante; riflettendo inoltre che se gentaglia simile screditata, e da tutti aborrita, (perchè il solo bene da quella operato, fra i moltissimi mali, consisteva in ammazzare di tanto in tanto qualche straniero occupatore) buona accoglienza in tutti i luoghi villaggi, e città per dove passava, solita era siffatta canaglia di trovare; a cagione solamente del timore che pel presente, o pell'avvenire incuteva, e se per tal modo, esatte informazioni, vettovaglie, ed armi non mai gli mancavano; che facilità, che accoglienza, che soccorso, non dovrà quella banda, composta di veri amanti del paese, promettersi, il cui unico scopo sia lo sterminio dello straniero, la patria dai cattivi purgare, e la libertà, unione, independenza sinceramente bandire? Si verrà quella fuor di dubbio nella capanna del contadino, nel tugurio del pastore, sotto il villesco tetto del bifolco, nell'abituro del villico senza timore ricettata, e con giubilo, anzi con trasporti di gioja, dai semplici, ma sinceri e forti Alpigiani festevolmente accolta; a dovizia pure sarannogli dalle città le bisognevoli grascie con frequenza mandate; ed ove del tutto per mezzo del timore, al loro mantenimento tali masnade provvedevano, cui gl'abitanti la richiesta retribuzione, per via di spaventevoli, e villane minaccie porgevano tremanti, le bande rigeneratrici della patria, dalla massa dei contadini, appoggio troveranno, offerte volontarie, provviste, benedizioni ed applauso.

       Indice

      Dall'epoca della rivoluzione di Francia infino al giorno d'oggi, misesi dai guerreggianti capitani, la napoleonica massima di marciare a dirittura sulla Capitale dell'avversario, continuamente in pratica, il possesso della quale metteva un termine alla guerra e faceva la vittoria in favore di chi assaliva, dichiarare; ella è in oggi opinione universalmente ammessa, che una volta la Capitale caduta, debbasi aver la guerra per terminata; e ben si appone, perchè molti, e molti esempi delle ultime passate guerre lo comprovano; e noi quando si tratti di una guerra regolare, tra tiranno e tiranno, o tra re e re costituzionale, e che non sia una guerra nazionale d'insurrezione non possiamo, nè vogliamo il contrario asserire; perchè siccome nel primo caso le principali risorse, per fornire l'esercito del bisognevole, magazzeni, depositi di materiali, d'armi, e di munizioni, le casse dello stato, e dei principali possedenti, e ricchi del paese, le più distinte famiglie, e magistrature in quella trovansi raccolte; ne avviene che se il nemico giunge ad impadronirsi di quell'emporio delle risorse dello stato, manca la fonte delle provigioni pell'esercito, cade in isfacelo il trono, e privo il principe degli elementi, pel possesso, di quali pareva agli altri uomini superiore, ed agli occhi degl'imbecilli un certo prestigio conservava, diventa un uomo come gli altri, e sovente meno de' suoi sudditi, perchè assai più inetto di loro, per la sua dappocaggine, paura, e stupidità vituperevole; così lo stato è conquistato, e messo a soqquadro, per la sola caduta della città ordinariamente la più corrotta, e fra tutte le altre la meno energica, gli abitanti della quale sono per lo più dalle dilicatezze d'una vita effeminata, e lussureggiante, che passano spensieratamente nei bagordi, e vizj d'ogni specie, ammorbiditi, e snervati; per lo chè diventano gracili di corpo, cagionevoli di salute, raggiratori, paurosi, di sottili e timidi consigli, perchè conscii della loro individuale debolezza; non resi pertanto da quella conoscenza, di esser da meno dei provinciali, persuasi, dannosi sopra quelli, con incomportabile jattanza, il vanto di superiorità, sui quali non hanno diritto alcuno di primeggiare se non nei vizj e nella fiacchezza; e vogliono senza esporre la loro vita alla durezza delle fatiche di una guerra laboriosa, a tutti i loro compatrioti orgogliosamente comandare; si cimenteranno forse con ardore in una zuffa passaggiera, e si comporteranno anco gagliardamente, a ciò, dalle massime d'onore stimolati; ma non avranno mai quella tanto commendevole, e tanto necessaria ostinazione, che col prolungare la contesa, assicura la vittoria, perchè il loro imbozzacchito dilicatissimo corpo non potrebbe i disagj della guerra lungamente sopportare, verrebbe, la loro bellezza dalle intemperie della stagione danneggiata, e del pari la loro eleganza e morbidezza; sarebbe per la recovidità, semplicità, ed energia del guerriero da lunga pezza assueffatto ai campi, ad un continuo smacco soggetta; laonde sono gli abitanti delle capitali, e sempre i più disposti saranno, a negoziare col nemico, ed a cedergli la città; eppure secondo il modo di far guerra oggidì, dalla resistenza o caduta della capitale, dipende la salute dello stato! la presa di Vienna, e di Berlino diede varie volte il possesso della Prussia, e dell'Austria a Napoleone; la presa di Parigi nel 1814 diede la Francia, popolata da più di trenta milioni d'abitanti con molte fortezze ben guarnite, e capaci di lunga resistenza, con l'esercito della Loira, con altre molte legioni sparse in varie parti dello stato, che tra tutte potevano a più di duecento mila uomini di truppa sommare, con cinquanta mila guardie nazionali di Parigi, ed il decuplo se tutte quelle delle varie città del paese si contassero, la diede in mano di seicento mila stranieri settentrionali, che i maggiori possibili danni gli cagionarono, ed il maggior insulto fecergli che mai si potesse aspettare, cioè quello di costringerla a tenere sul trono come padrone, uno di quei Borboni, ch'essa, o per isbaglio o per inopportuna moderazione, aveva nel tempo de' suoi rivolgimenti politici alla scure vendicatrice della patria, risparmiati; e migliaja d'altri esempi di tal fatta vengono in appoggio di quanto abbiam detto; ma s'egli è vero che nella guerra regolare in questi tempi, la presa della capitale all'aggressore dia la vittoria, ciò però in una guerra nazionale d'insurrezione non accade, quando il popolo è ben deciso di respingere una invasione straniera, quando vuole disfarsi dei nemici interni, perchè allora


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