Della guerra nazionale d'insurrezione per bande, applicata all'Italia. Carlo Bianco
lo richiedono? No certamente; perchè se uno ardisce di rifiutare, lo mandano all'istante come ribelle alle forche; dunque noi più di loro siamo da qualunque giuramento svincolati, che sia da noi stato in addietro a loro prestato; oltracciò ella è cosa certa, essere delitto servare un giuramento quando si conosce quello essere contrario alla libertà, e dell'esercizio dei diritti del popolo, impeditivo, di pregiudizio al paese, e funesto alla felicità e tranquillità dei compatrioti; e tutte le persone convengono che: Judicio caret juramentum incautum; e che: si vero sit quidem possibile fieri; sed fieri non debeat vel quia est per se malum vel quia est boni impeditivum, tunc juramento deest justitia, et ideo non est servandum: mettiamo dunque in non cale, anzi con tutto cuore abborriamo quella formalità del giuramento prestato ai tiranni, alla quale fummo nostro malgrado costretti, e che non è, se non per via del tormentoso patibolo obbligatoria; come non sarà per ripugnare, ad un cuore veramente italiano, d'essere da quella costretto a servire i capricci d'un tiranno, ajutarlo nelle rapine; oppure dare la roba, e fino la propria vita, per ingrassare un imbecille dominatore, poltrone, e maligno, in detrimento della massa de' cittadini, e della gloria della sua patria? Diasi dunque, ripetiamo, un nuovo giuramento all'Italia! Sarà quello senza dubbio inviolabile, perciocchè ogni cittadino verrà egli stesso ad eseguirlo, e mantenerlo personalmente, interessato, non meno che a costringere tutti gli altri ad osservarlo, mentre dall'osservanza esatta di quello, saranno il ben essere di tutti, la felicità, e gloria del suo paese dipendenti!
Ci pare di aver sufficientemente provato che trovasi l'Italia nell'ultimo grado di abbjezione, per essere stata da lungo tempo in qua, negativa, o passiva negli avvenimenti europei; per la sua vile prontezza nel sottomettersi a chiunque più forte di lei, falsamente stimava; e per aver tutti i gabinetti d'Europa piuttosto alla sua prosperità, elevazione, e grandezza contrarj che favorevoli, e soprattutto alla sua unione in un corpo solo di nazione, decisamente opposti; perciocchè se avviene un giorno che questa, sotto le stesse leggi, sotto lo stesso impero si riunisca, che tutta la sua energia attualmente dilatata, separata, e sparsa, ad un solo, e comune centro sia rispondente, sarà in poco tempo, ad un tanto alto grado di potere, di forza, e di grandezza per giungere, che i più potenti gabinetti d'Europa nè possono, nè vogliono tollerarne l'idea, poichè bene scorgono, che se non pel momento presente, certamente nell'avvenire, questa nazione ardita, ed intraprendente, divenuta florida, e prospera abbaglierebbe col suo splendore quelle che sono attualmente le più resplendenti, la nostra influenza diventerebbe preponderante in Europa, ed ecco il perchè, o apertamente o copertamente, tutti i gabinetti sono, per così dire, di comun accordo congiurati a tenerci avviliti, disprezzati, e di niun conto nella politica generale; abbiamo veduto, come siamo, non solo obbligati a violare quel giuramento dato alla forza, ma bensì a darne uno nuovo all'Italia, e ci pare aver le obbjezioni più delicate che far si possano dai contrari alle insurrezioni, con ogni scrupolo vittoriosamente respinte. Abbiam pure dimostrato che non ci manca nè la forza, nè gli elementi per resistere contro qualunque nemico, se veramente saremo armati di quella ferma volontà, che ad un tal uopo è necessaria; soggiungeremo quindi, per avvertimento degl'amatissimi nostri compatrioti, quanto dall'illustre scrittore Raynald viene in proposito di rivoluzione consigliato, cioè: che sollevato un popolo contra i suoi oppressori al momento che questo, schiavo del despotismo spezza le catene, e commette la sua sorte alla decisione del brando, è costretto di esterminare tutti i tiranni, di annichilarne la razza, e la posterità, di cambiare per intiero quella forma di governo, di che fù vittima da secoli: e se non osasse di ciò fare interamente, sarebbe tardi o tosto ben punito di non essere stato coraggioso che a metà, il giogo ricadrebbe con maggior forza, e peso sulla sua testa, e la simulata moderazione de' suoi tiranni, non sarebbe che una nuova insidia, dalla quale verrebbe accalapiato, ed incatenato per sempre: ci è stata questa verità gl'anni scorsi in Napoli, Piemonte, Spagna, Portogallo bastevolmente dimostrata; e da quella persuasi tutti gl'Italiani, che non avranno mai felicità da sperare se non insorgono, e fino all'ultimo, i tiranni che calpestano l'Italia, siano essi indigeni o stranieri, non distruggano; che non hanno bisogno di alcun appoggio straniero per divenir felici, nè debbono aver timore degli eserciti nemici, che siano ad invadere il nostro territorio disposti, fosse pur anche il loro numero d'un milione d'uomini, se forti, e decisi metteranno in pratica i precetti da noi in questo trattato minutamente esposti, e con argumenti ed estratti storici, comprovati; dal quale, fatti delle loro forze capaci, potranno trarsi da per se stessi, da quella fetida fogna, in che sono per essere affogati, e faranno sì che la loro patria, occupi quella brillante posizione in mezzo agli stati europei, a che viene dalla natura favorevolmente destinata.
Dice un autore moderno: che ai soli popoli classici, è concesso di riprodursi col loro proprio genio, o per via d'una recondita essenza, propria della terra degli eroi, e del sapere; ben chè lo straniero per sua convenienza gli privi dei loro mezzi, conoscenze, e virtù, ed estenda il vizio, l'ignoranza, e la miseria. Si domanda continuamente, che cosa sia la fenice d'Arabia, ella è l'Italia, che sempre rinasce dalle sue ceneri! Sì! e tocca pure oggi a questa fenice di rigenerarsi, svellendo il male dalla sua radice, se vuole la sua intiera rovina prevenire, essa è ben conscia, che da qualche tempo, i suoi tiranni la guardano con maggior avversione, e furore perchè sanno di essere dagl'Italiani abborriti; che la sua rigenerazione non potrà mai essere intiera, se uno solo lascierà in vita di quelli, avvegnacchè alcuno possa imbelle, mansueto, o nullo parere; che nessuna confidenza dovrà riporre in coloro, che la resero l'obbrobrio delle nazioni, e la tengono come loro trastullo; essa ben vede che una volta unita, independente, e libera, diverrà felice, e possente; che il fertile suo territorio darà un triplo prodotto di quello d'oggidì, che i costumi depravati, e molli, per via delle buone instituzioni diverranno migliori; che il vizio sarà precipitato dal trono, ed alla virtù verrà nel cuore di ognuno, un altare innalzato; che numeroso, attivo, obbediente alle leggi da lui fatte, o consentite, felice il popolo nell'interno; con la sanità, robustezza, e valore in una guerra laboriosa con le fatiche acquistato, si farà rispettare dagl'esteri, e quelle messi, che non saranno più scialacquate dai tiranni domestici, o dallo straniero divorate, vorrà, e saprà ostinatamente difendere; che venti milioni d'uomini uniti, liberi ed independenti, d'un genio maraviglioso, godranno come nazione, fra le potenze europee quella considerazione, che (quando schiavi deboli e divisi, non eccitavano che la compassione, o il disprezzo di tutti) giustamente gli rifiutavano; che spariranno le miserie, le iniquità, e vizj, per dar luogo al regno dei lumi, della prosperità, dell'abbondanza, e delle virtù; che tutte le parti della Penisola egualmente floride, egualmente contente, avranno fra di loro facile comunicazione, ed utilità comune; dimodocchè al primo cenno tutte le forze nazionali troveransi, laddove sarà il pericolo tosto riunite, per defendere i confini ma non per estendersi; essa già ben conosce i tanti e tanti beni che si dovrà a quell'uopo da una generale insurrezione promettere. Accingiamoci dunque all'opera, Italiani; svelgasi dalle fondamenta la gotica mole, facendola con terribile, inaudito scoppio precipitare; rimangano gli stranieri, ed i tiranni sotto le sue rovine sobissati, si annientino quei rapaci e sanguinosi nemici d'Italia, il cui solo intento è stato, e sarà sempre, di comandare, di sforzare, di uccidere, e di rapire, che mettono la crudeltà, la menzogna, il tradimento, le invidie, le minacce, e lo spavento indistintamente in uso, che producono le false, ed infide amicizie, le paci simulate, e le pestifere, infinte lusinghe! Si celino le loro ossa agli occhi d'ogni vivente, se ne perdano le vestigia, e solo la loro memoria rimanga perpetuamente al cuore di ciascun Italiano, cagione di fremito ed orrore....
Per giungere a quel punto, converrà insorgere contro i nemici, e giurare di fargli una guerra eterna, ed efficace; sguainar con animo deciso la spada e gettarne per sempre via il fodero. Non mai abbattuti da rovesci, risorger sempre finchè non siano compiutamente annichilati; trasportato l'Italiano da santissimo patrio furore, si slancierà con il pugnale alla mano, contro il barbaro Goto, che a bajonetta spianata l'attende, lo affronterà petto a petto, glie lo immergerà, tutto tutto nel cuore, e strapperagli dalle mani quello schioppo, che gli è per ammazzarne degli altri, necessario; abbandonate le pianure, in luoghi scabrosi ed inacessibili raccolti gl'insorti, piomberanno da ogni parte con furia, ed accanimento sull'atroce, sfinito ed affamato avversario; risoluti gl'Italiani di morire piuttosto che al giogo infame degli stranieri, e tiranni interni star sottomessi, assai più la servitù che la fame temendo, disposti a cessare di esistere sulla terra piuttosto che strascinar come schiavi una vita obbrobriosa, lascieranno come dice il citato Raynald, il nemico, e suoi squadroni, battaglioni, armi, vettovaglie, munizione, ospedali, etc., nelle pianure,