No. Alfredo Oriani

No - Alfredo Oriani


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ignuda allo specchio, imponendo a Rocco di fare altrettanto. Rocco vergognoso si era invece accasciato ai piedi del letto. Ella gli si volse camminando a fronte alta, col passo olimpico di una dea, le trecce nere che le sferzavano gli stinchi, lo prese lentamente per un braccio e lo portò allo specchio. Due candele lo illuminavano abbastanza vivamente.

      —Non sei contento?—gli disse, mostrandoglisi entro il chiarore limpido della lastra.

      Rocco le gittò le braccia al collo e si mise a piangere silenziosamente. Allora col cuore rabbonito dal trionfo, ella lo ricondusse dallo specchio al letto, ripetendogli con soave solletico:

      —Non sei contento, Rocco? Che cosa vuoi?

      Il ragazzo sollevò il viso lagrimoso e, guardandola arditamente, fe' un gesto.

      —Tu?!

      Il ragazzo insistè, ma Ida lo respinse brutalmente, schizzando dagli occhi una fiamma gialla.

      —Tu?! no.

      Quella notte fu l'ultima del loro stranissimo amore. Poco dopo Rocco si ammalò gravemente.

      Le zie, che lo amavano con tutto il trasporto della loro vita sterile ed abbandonata, ne furono inquietissime e si dettero lo scambio di notte per vegliarlo. Rocco non parlava: era mesto e rassegnato. Si accorgeva di tutto quel bene delle zie, ma l'occhio gli correva ostinatamente alla finestra chiusa di Ida con un affetto calmo di moribondo, perchè Rocco sapeva di morire.

      Quel corpicciattolo avea resistito fin troppo.

      Il medico non ordinò che del vino generoso, il solo olio che potesse ardere ancora qualche giorno in quella lucerna. Le vecchie piangevano, avevano staccato di sopra al loro letto il gran quadro di san Giuseppe, drizzandolo sul canterano di Rocco con quattro candele benedette appositamente dal parroco, sempre accese. Poi fecero scoprire la Madonna delle Grazie e benedire una camicia. Quando gliela misero, una zia stava in ginocchio mormorando una speciale orazione. Rocco lasciava fare, ma una volta disse con un triste sorriso:

      —Muoio!—poi guardò la finestra.

      Le zie credettero che fosse davvero innamorato, lo dissero col curato, colle vicine, così che la Lucia corse dopo dieci minuti a dirlo scherzando con Ida intenta al suo poema.

      —Proprio?!

      —Povero ragazzo!—aggiunse la Lucia.

      Ma la sera del giorno seguente la Lucia le tornò in camera con un contegno metà ilare e metà imbarazzato per dirle che c'era di là la signora Marcella, una zia di Rocco, la quale era venuta a supplicarla di un favore e non si arrischiava, perchè lei, la signorina... Insomma quel povero gobbo era innamorato sul serio e aveva tanto pregato il parroco, che questi gli aveva ottenuto dalle zie di vedere un'ultima volta la signorina.

      —Si è confessato?!

      —Già,—e la Lucia aprì tanto d'occhi.

      Ida si alzò.

      —Faccio entrare la signora Marcella? Se vedesse come piange, gli volevano tanto bene...

      —È inutile, non vado;—e un turbamento mal suo grado visibile l'agitava, desto da quelle parole: si è confessato.

      —Vada là... se vedesse...

      —È impossibile,—ripetè la fanciulla con voce più dolce:—certe scene mi fanno male, non dormirei per un mese. Povero ragazzo! me ne dispiace, ma sarà una fantasia da malato, che gli passerà. Non posso, dite alla signora Marcella che sono dolentissima, ella pure mi capirà, non posso.

      Rocco smunto, sfinito, attendeva col parroco al capezzale, ma sentendo muovere la gruccia dell'uscio alzò vivamente la testa. La zia Marcella entrò sola. Un pallore cinereo si diffuse sulla faccia del morente, che stette fiso, poi chiuse gli occhi e ricadde sul cuscino. Il prete gli si chinò sopra prendendogli il polso. Due lagrime gli scesero lentamente per le guance sciogliendoglisi sulle labbra. Erano l'ultima amarezza della sua vita; le bevve e svenne.

      La mattina, quando il sole venne curiosamente a guardare con un raggio nella sua camera, il curato se n'era ito allora allora per dire la messa e dimandare un'ultima volta al Signore quella vita sciagurata. Rocco aperse gli occhi indeboliti.

      —Come ti senti?—gli domandò piano la zia Marcella:—Eh! Rocco!

      E gli posò una mano sulla fronte.

      —Aprite la finestra.

      —Eh?

      Rocco non ripetè la domanda, ma la guardò con un'aria così patetica che la zia si sentì vicina a cedere.

      —Che cosa vuoi? L'aria...

      E gli carezzava affettuosamente il volto, ma Rocco levò una mano scheletrale e, pigliandole l'altra, se la portò alla bocca. Quella muta ed ineffabile preghiera la sconvolse; deviò gli sguardi, poi li incontrò ancora più insistenti, pieni di lagrime che non potevano più sgorgare, coll'ultima luce del pensiero, coll'ultimo calore del cuore, e non li potè sostenere.

      Ritirò soavemente la mano, andò alla finestra, spalancò gli scuri. Rocco pregava. Ella titubò, aperse i vetri. Il sole inondò la camera della sua onda dorata, e una parola armoniosa di Ida percotendo sul pavimento rimbalzò sul letto di Rocco. La fanciulla canticchiava un'aria della Traviata, pettinandosi i magnifici capelli. Una lunga treccia caduta sul davanzale vi si dibatteva come un serpente nel muro. Al rumore della finestra la fanciulla s'interruppe.

      Ella non scorgeva se non le coperte del letto, ma Rocco la vedeva bene.

      —Oh!—mormorò la zia, sedendosi sopra una sedia, così che la fanciulla non potesse scorgerla.

      Rocco guardava. Tutta l'anima, ritirandoglisi dal corpo, gli saliva alle pupille e vi bruciava. Era come una fiamma pallida e dolce di gemma, la quale si sciogliesse al sole e che, sprizzando sottile per la camera, traversava la strada, giungeva sino alla finestra della fanciulla a turbarle gli occhi colla moina di un invisibile riverbero. Ella li apriva involontariamente. Una metà dei capelli le pendeva come un velo sopra una spalla; avea il viso fresco, il seno male abbottonato; poi istantaneamente fremè, e quella fiamma le scese al seno. Quindi un'altra le si accese dentro, come un bruciore di rimorso, che cresceva sempre; le tempia le martellavano, il viso le ardeva e il seno le balzava con tale tumulto, che dovette appoggiare anche le mani al davanzale, chinandosi verso quella camera.

      Allora la fiamma dal seno le tornò agli occhi, vi rimase, si alzò, le lambì sferzando la fronte e si spense.

      —Ah!—sclamò la zia Marcella, vedendo che Rocco non si moveva più; e si appressò paurosamente al letto. Rocco avea gli occhi vitrei.

      —Ma no!...

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