No. Alfredo Oriani

No - Alfredo Oriani


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finchè il pensiero che nessuno se ne accorgeva la scoraggiasse. Allora le tempeste si quetavano, la fanciulla ripigliava i libri, si accomodava i vestiti si stirava un colletto. Però se la lividezza del suo viso perdeva le chiazze del pianto, l'anima le incancreniva.

      La fanciulla peggiorava tuttodì. Quella lotta impotente col destino la corrompeva, gli studi affrettavano quella corruzione. Siccome il mondo la opprimeva, ella studiava il mondo per combatterlo. Scrutava le sue leggi, i suoi pregiudizi, i suoi dogmi; rifaceva la sua storia e ne ricercava i confini. Ad ogni sosta un miraggio che svaniva, una grandezza che sfumava in una parvenza, una virtù che si risolveva in una ipocrisia: la scienza era impotente, la religione bugiarda, l'umanità affannata a sostentarsi la vita materiale e morale, l'una aiutando di fantasie, l'altra di delitti, perchè i forti divoravano sempre i deboli. La storia era una leggenda di dolori, la vita una marcia demente. Avea cercato un momento la formula della felicità senza trovarla; allora si ribellò nuovamente.

      Disprezzò la religione senza oltrepassarla, personificandola nei preti, rise della filosofia senza averla approfondita; quindi lo scetticismo le parve il trionfo della ragione, l'aristocrazia dei forti, e vi si tuffò ingordamente. Sua madre non l'avea mai amata, suo padre non la capiva, giacchè l'avevano rovinata a forza di volerle giovare, ambedue preoccupati del proprio egoismo, aspettandosi da lei per un giorno, forse prossimo, il pane della vecchiaia, dopo avere in gioventù goduto allegramente tutte le proprie sostanze. Ma allora che cosa era più la famiglia e il suo amore? Ella avrebbe preteso, per credervi, un affetto di poeta, squisito, sconfinato, anelante al sacrificio. Secondo lei la madre non era perfetta nemmeno nel poema cristiano di Maria, e Pierre Leroux aveva ragione quando accusava Cristo di non aver conosciuto abbastanza l'amore dell'umanità. L'uomo essendo quindi un animale, l'egoismo era necessariamente la sola legge e la sola verità della natura; l'anima era una chimera uccisa dagli scienziati, cui i poeti cristiani avevano imbalsamato il cadavere negli ammirabili scritti. Libera ogni avarizia dell'istinto, insensatezza ogni immaterialità.

      Questa era la sua tesi favorita, nella quale s'incaponiva quanto meno ne era persuasa; ma negava, perchè la negazione supponeva un orizzonte più vasto e una energia più acuta dell'ordinaria affermazione. Laonde non andò più a messa e staccò persino di sopra del letto l'immagine della Madonna. Forse di notte l'aveva più volte pregata col delirio della disperazione che ridiventa speranza; ma siccome la dolce immagine litografata non avea distolti gli occhi dal proprio paffuto bambino, ella si vendicava così della sua sordità sottraendosi alla sua protezione. La Lucia fu tutta stordita il mattino, trovando il quadro sul tavolo da lavoro.

      —Non lo voglio:—aveva risposto Ida di malumore.

      —La Madonna?!

      —Una donna...—e un sorriso fremente d'infinita empietà commentò quella parola:—una donna!

      Ida si arrovellava; non credeva, non ammetteva più nulla di ciò che credevano ed ammettevano le altre fanciulle sue pari, ma, struggendolo, non si era potuta liberare da quel vecchio mondo. Ogni tanto si sentiva addosso una ruina, che non riusciva a spostare. La sua vita dovrebbe passarvi sempre frammezzo.

      Vedeva le altre fanciulle felici, e le disprezzava senza volersi confessare d'invidiarle, perchè erano buone, ignoranti, si attiravano tutte le simpatie, facevano o avrebbero fatto all'amore, avrebbero vissuto sempre contente, mentre con tutta la sua superiorità essa non poteva nemmeno umiliarle. Anzi se il mondo avesse penetrate quelle sue opinioni, l'avrebbe presa in orrore. Ciò soventi la tentava, ma sebbene audace, aveva paura di mostrarsi a nudo; quindi interrompeva le conversazioni, o le riassumeva in un motto troppo profondo per essere capito da quelle fanciulle. Ida, natura violenta d'ingegno, aveva forse per le discussioni il celebre talento di madamigella d'Espinasse per le lettere.

      Allora si era data ai romanzi.

      Sue più di ogni altro la sedusse, urtandola direttamente nel carattere. Quella continua intenzione al bene e quella inconcussa speranza nella redenzione dei poveri, le sorrisero come una soluzione del proprio accorante scetticismo. A poco a poco i quadri della vita laboriosa le acquetarono le smanie del lusso, così povero di significato morale, mentre dalle calde pagine del grande socialista le usciva una nuova vita più luminosa e più feconda. Il suo cuore chiuso come un fiore sinistro si aperse alla rugiada; quindi nata cogli umili, condannata cogli umili, che l'avevano tanto nauseata nei bozzetti sentimentali del Coppée, sentì che in essi solamente era la grandezza della civiltà. Essa, che non credeva più alla religione di Dio, credette alla religione dell'umanità per amare tutti gli infelici. Gli entusiasmi primaverili le sbocciarono dal cuore col profumo delle viole, e l'onda fulgida della fede li coperse nuovamente di sorrisi. Tutte le sue ingordigie erano appagate, la poesia le aveva ubbriacato la ragione.

      Ma neppure quella credenza durò. La Lucia, donna d'esperienza e di buon senso, che osava spesso deridernela, la vide ben presto rinsavire, poichè partecipando, per soccorrerli, alla vita d'alcuni poveri, dovette accorgersi di quanto differissero dai modelli di Sue e ne fossero anzi una terribile antitesi. Erano ancora più abbietti che lagrimevoli, più perversi che ignoranti, senza decoro sdegnoso di passato, senza aspirazioni nobili di avvenire, accattoni, perchè non abbastanza grotteschi per essere parassiti, o audaci per farsi assassini. La vanità di non essersi ingannata la fece resistere qualche tempo nel romantico apostolato, come aspettando da quell'anime corrotte di miseria qualche rivelazione di grandezza; ma alla fine dovette persuadersi, e capitandole fra mano l'opera di Malthus, ammise volentieri con lui la morbosa superfluità dei poveri.

      Aveva sperato con Sue che fossero anime cadute da rialzare, ed invece erano nature brutali da umanizzare.

      L'ultima opera di beneficenza verso una madre, alla quale dava gli abiti e gli stivalini usati per salvarle la figlia, la disgustò per sempre, mentre costei si serviva di questi avanzi di un piccolo lusso per abbigliare la piccina e cavarne un migliore guadagno. Ida lo aveva indovinato senza stento, giacchè se il suo cuore era adolescente e i suoi sensi bambini, la sua ragione era adulta. Ma l'apostolato aveva appena consistito nella conoscenza di due o tre famiglie, che per ragioni di lavoro facevano capo a quella del sarto.

      Intanto essa diventava sempre più donna. L'anno scolastico volgeva al termine, mentre la primavera moriva nell'estate. Lo sviluppo della persona essendosele arrestato nello sviluppo eccessivo dell'intelligenza, rimaneva con una testa di donna sopra un corpo quasi di fanciulla, stranamente allungato, e con una delicatezza di forme, che intratteneva il bisogno di una più sensuale efflorescenza. Ed era una contraddizione non meno fisica che morale, poichè i sensi le sonnecchiavano ancora, fremendo tratto tratto alle fredde temerità del pensiero, mentre una nebbia le passava per il sereno adamantino della ragione, e la fanciulla si sentiva avvolgere come in un calore di aliti, con certe strette al collo e un'inquietudine d'invisibili carezze per tutti i muscoli.

      Ma ciò avveniva raramente, perocchè studiava molto e ambiva troppo; d'altronde non conosceva ancora l'uomo.

      Quel ragazzetto falegname, il solo sul quale il suo pensiero si fosse fermato un istante, non le aveva ispirato che una forte simpatia di camerata, cui non erano forse rimaste estranee le contrarietà della sua vita casalinga e le confuse necessità di espansione, che travagliano l'adolescenza; poi lo avea dimenticato. Adesso non pativa bisogno dell'uomo, giacchè la differenza con lui le sfuggiva. Faceva la medesima strada, scorazzava nei medesimi campi, scalava le medesime vette gloriose, scandagliava i medesimi abissi, ostinandosi nella stessa lotta contro il destino, estenuandosi negli stessi sforzi contro il mistero; ma avendo in comune la scienza e la incredulità, si trovava superiore all'uomo nella bellezza del corpo e nella finezza del sentimento.

      Talora le pareva persino impossibile che uomini come il suo maestro o come il sarto potessero comunicare all'anima qualche emozione passionata; quindi un abbagliante romanzo di Gauthier ed alcuni altri di George Sand, che rilesse più volte meditandoli, la confermarono in questa opinione. Ma poichè la Lucia aveva in quel tempo un bambino alla mammella, che allattava per casa senza soggezione della gente, Ida per cortesia verso la buona donna doveva nelle urgenti necessità di lavoro o delle faccende domestiche consentire talvolta a divertirlo. Quindi lo cullava, lo vestiva nella loro camera buia, la più povera dell'appartamento. Il letto vi era quasi sempre disfatto, i lenzuoli poco bianchi, le coperte di cotone, a uncino, rammendate, di un bianco


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