Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis

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      — Lo so! Se l’ho pregata di venire qui, è appunto per questo…

      — Ella vuol dirmi quel che non mi ha detto poco fa?

      — Non creda che abbia da rivelarle qualche fatto decisivo!… Ma soltanto fornirle un filo conduttore… per la sua inchiesta…

      Fece una pausa.

      Il silenzio era solenne in quella grande sala, scarsamente illuminata dalle due lampadine. Ombre immobili occupavano gli angoli.

      Ad un tratto si sentì uno scricchiolio forte e secco, proveniente dalla Chiesa, al di là della porta nera. De Vincenzi sussultò e si volse.

      — Non è nulla!… Le panche nuove, che abbiamo fatto mettere da poco in Chiesa sono d’abete… Il legno non deve essere stagionato… Molto spesso nella notte, quando lavoro a questo tavolo, sento rumori simili… anche più forti, come colpi secchi di rivoltella…

      — Non è allegro! – mormorò De Vincenzi.

      Il Pastore alzò leggermente le spalle.

      — Lei mi stava parlando di un filo conduttore.

      — Ho detto questo?… Evidentemente, ho esagerato…

      I rumori nella Chiesa continuavano. Il commissario avrebbe giurato che lì dentro c’era qualcuno a muoversi. Anche gli parve di sentire il leggerissimo stropiccìo di un passo sul pavimento.

      — La Chiesa è vuota?

      — Senza dubbio!

      — Non può darsi che vi si trovi qualcuno… a pregare?

      — Nessuno vi entra, senza che io lo sappia.

      — Ma nella sua assenza? Lei era fuori, adesso…

      — La mia governante e il custode della Chiesa non lasciano entrare alcuno… Neppure i membri del Consiglio…

      Del resto, i rumori erano cessati.

      Il Pastore riprese a parlare con quella sua voce mordente, dura; ma al commissario parve che forzasse un poco il tono e che precipitasse le parole.

      — Non si può parlare di filo conduttore… e neanche di un vero e proprio indizio… Ma poiché quanto sto per dirle può forse aver connessione coi delitti… o per lo meno con le persone dei due uccisi… sento il dovere di riferirle una vecchia storia… Una vecchissima storia…

      S’interruppe. Adesso, fu lui che guardò l’uscio nero della Chiesa.

      De Vincenzi colse l’opportunità che gli offriva quell’interruzione e lo sguardo e si alzò.

      — Ci dev’essere qualcuno in Chiesa – affermò con decisione.

      L’altro sorrise.

      — Le ho detto di no!

      — Non pertanto ci costerà poco assicurarcene… – e fece qualche passo verso la porta.

      Il Pastore balzò in piedi.

      — Andremo a vedere, se le fa piacere…

      Ma perché aveva alzato la voce, come se gridasse?

      Il commissario fu il primo a trovarsi davanti alla porta; ma il Pastore lo raggiunse e mise la mano sul saliscendi.

      Aprì. La vasta sala della Chiesa era buia. Qualche riflesso, prodotto dall’aprirsi dell’uscio, apparve sulla fila delle panche e in fondo sull’alto pulpito e sulle colonne.

      — Vede che non c’è alcuno!

      Ed avanzò, dirigendosi nel buio verso la parete di fondo, che si stendeva subito a sinistra della porta.

      Accese le lampade. Erano otto lampade d’ottone pendenti dal soffitto e disposte a semicerchio sulle panche.

      Il pulpito alto, elevato contro la parete di testa, fra due colonne, aveva una lampada da tavola, che non s’accese. La luce delle otto lampade era chiara ma blanda e batteva verso il soffitto a volta.

      Le pareti bianche e nude eran corse tutt’attorno al cornicione da lunghe scritte in caratteri gotici. Versetti biblici. Dietro il pulpito, era una grande croce col Cristo trafitto e coronato di spine e un altro Cristo si rizzava snello e sottile, di legno nero, da un angolo del pulpito, sul piano del quale posava un’enorme Bibbia. Il Libro dei Libri!

      — Non c’è nessuno! – ripeté e si avvicinò a De Vincenzi, che aveva avanzato anche lui e che si dirigeva verso il pulpito.

      — Torniamo!…

      Ma questa volta il commissario aveva veduto un’ombra muoversi sulla parete di destra, di fronte a sé. Era stato un attimo. Una lunga ombra, uscendo dal rettangolo del pulpito, s’era proiettata sul muro. Ed era sparita.

      De Vincenzi si lanciò. Aveva cacciato la mano in tasca e aveva estratto la rivoltella.

      — No! – gridò il Pastore con voce imperiosa. – Non in Chiesa!

      E seguì la corsa del commissario attorno al pulpito.

      Non c’era nessuno. De Vincenzi guardò dovunque. Nell’interno dell’alta cattedra, negli angoli, dietro le colonne. Nessuno! Eppure non poteva ammettere che fosse stata un’allucinazione.

      Il Pastore s’era immobilizzato e lo guardava con severità. Gli occhi, che sembravano di vetro, gli brillavano come due carboni accesi.

      — È convinto adesso che qui non c’è alcuno?

      Lui non ne era affatto convinto o altrimenti avrebbe dovuto ammettere che i suoi sensi gli giuocavano dei gran brutti scherzi… Ma, ad ogni modo, come accanirsi contro quell’apparenza?

      Rimise in tasca la rivoltella e ritornò lentamente sui suoi passi. Tentò sorridere, ma ebbe la sensazione sgradevole di non esser riuscito che a fare una smorfia pietosa.

      — In questo luogo si prega il Signore!

      — Già – mormorò il commissario. – Mi perdoni…

      Ma doveva esservi qualche porticina nascosta, un passaggio segreto, una botola a molla… Roba da romanzo!… Perché non ammettere che si era ingannato? In fondo la luce era proprio quella che ci voleva per favorire le allucinazioni e la sala immensa, con le colonne, il pulpito gigantesco, le pareti bianche come schermi aveva generato l’inganno.

      Non poteva esser stata l’ombra del suo stesso corpo a proiettarsi sulla parete?

      Tornarono nella prima sala e il Pastore richiuse la porta dietro di sé, dopo aver spento le luci nella Chiesa.

      Si trovarono di nuovo seduti uno di fronte all’altro.

      — Vuol riprendere la sua storia, signor Pastore?…

      L’uomo si passò una mano sulla fronte, che aveva alta e spaziosa e velò così per qualche istante il fuoco delle pupille.

      A De Vincenzi l’intensità di quello sguardo, stranamente penetrante, dava una sensazione di vero malessere.

      Approfittò dell’istante di tregua, per tentar di coordinare i propri pensieri.

      S’era fatto vincere dai nervi, questa era la verità. Aveva voluto forzare quella soglia, guardare al di là della porta nera, sbarrata, e aveva messo in sospetto la diffidenza dello strano individuo che gli stava di fronte e che certamente in quel momento aveva tutti i vantaggi.

      Se lo aveva condotto di sua propria volontà al Presbiterio, se spontaneamente aveva provocato quel colloquio, non poteva non avere un piano da svolgere oppure era sincero e sapeva di non aver bisogno di nasconder nulla. In entrambi i casi, lui aveva agito precipitosamente e senza alcuna abilità.

      Notò che adesso dalla Chiesa non proveniva più alcun rumore. Il legno delle panche non stagionate aveva trovato la propria sistemazione!

      — Le ho detto che


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