Terra vergine: romanzo colombiano. Barrili Anton Giulio
fare di quelle che abbiamo udite, don Rodrigo Sanchez se ne ritornò nel suo covo; e poco stante gli tenne dietro il Gutierrez. Ma non si mosse Cristoforo Colombo dal suo osservatorio. Vegliava sempre, nella notte, e quasi quasi non si sapeva dire, a bordo, quando trovasse l'ora per chiudere un occhio: ma quella volta doveva vegliar più che mai.
Immaginate, del resto, con quale ansia egli aspettasse il mattino. Ma erano a mala pena le undici di sera, e l'alba doveva farsi aspettare un bel pezzo. L'almirante passeggiava convulso in quel piccolo spazio del cassero di poppa; ma ad ogni tanto si fermava, aguzzando lo sguardo verso l'orizzonte, immerso tuttavia nelle tenebre.
Intanto la Santa Maria procedeva gloriosa, fendendo i flutti, col vento in fil di ruota, e al fioco lume delle stelle baluginavano nell'ombra tutte le sue vele gonfiate. Veniva di conserva la Nina, che le sue vele quadre, sostituite alle latine nel forzato soggiorno alle Canarie, avevano resa più svelta. Precedeva di buon tratto la Pinta, la gran veliera della spedizione, a cui questa sua qualità e l'umore del suo comandante Martino Alonzo Pinzon avevano fatto dare i soprannomi d'impaziente e di smaniosa. «Sì, dite, dite quel che vi pare» rispondeva Martino Alonzo Pinzon, quando sentiva celiare sulla andatura frettolosa della sua caravella. «Se la Pintamangia più leghe di voi altri, ogni giorno, è segno che ci ha buono lo stomaco. E senza bere; notate, senza bere! quantunque il suo nome gliene darebbe quasi il diritto.»
Erano le due dopo la mezzanotte, e Cristoforo Colombo passeggiava ancora sul cassero, quando da prora via gli venne un lampo negli occhi, e dopo il lampo negli occhi uno scoppio rumoroso, uno schianto agli orecchi. Era la Pinta, la precorritrice della squadra, che traeva un colpo di cannone, il lieto segnale della terra veduta.
Un'altra volta la Pinta aveva fatto quel colpo di cannone, e di testa. Se n'era pentita, e non c'era più ricascata. Se questa volta si arrisicava a sparare, doveva averlo fatto con buon fondamento.
Tutta la marinaresca della Santa Maria, tutti gli ufficiali di poppa, saltarono dai ranci e furono tosto in coperta.
I marinai di guardia alle vele avevano già data la voce, da prora e dalle gabbie. Era la Pinta che aveva sparato; la Pinta che aveva scoperta la terra. Infatti, dopo quel colpo di cannone, imbrogliava le vele, rallentava il suo corso. Così almeno pareva di vedere, nella penombra della notte stellata.
La Santa Maria proseguiva intanto il suo cammino. Raggiunse la Pinta, mentre questa compieva la manovra per mettersi in panna.
– Terra! terra! – gridò Martino Alonzo Pinzon, appena vide accostarsi la Santa Maria, – La terra, signor almirante, la terra! —
E tutti, dal bordo della Pinta, ripetevano il grido. Tutti lo ripetevano con eco formidabile, dalla Santa Maria e dalla Nina, che si avanzava a gonfie vele pur essa.
Cristoforo Colombo aspettò che si chetasse il clamore; poi ad alta voce domandò:
– Chi è stato che l'ha scoperta?
– Un marinaio di guardia, Rodrigo di Triana.
– A che ora?
– Un'ora fa; subito abbiamo sparato il cannone, per darvene l'avviso.
– Anche il signor almirante l'ha scoperta, e quattro ore prima; – gridò a sua volta Pedro Gutierrez. – Erano le dieci di sera, quando egli ha veduto un lume che brillava alla spiaggia. —
Così ricambiate le notizie tra le due caravelle, tutti si diedero ad osservare la lingua di terra, che incominciava a vedersi distintamente, come una massa nera, sulla superficie del mare, a due leghe di distanza.
– Lesti a serrar le vele; – gridò l'almirante.
Le vele furono prontamente serrate, sulla Santa Maria. La Nina non fu lenta a seguitare l'esempio. Bisognava mettersi tutti in panna, per evitare il pericolo, dato che ci fossero frangenti, o bassi fondi, in prossimità della riva. Per muoversi da capo, per accostarsi all'approdo, si aspettava il sorger dell'alba.
Cristoforo Colombo era profondamente agitato. Avrebbe voluto pregare, ma non poteva; il turbamento dello spirito, oppresso da mille pensieri affollati, il tremito di tutte le fibre convulse, gli negavano, oltre l'uso della parola, l'ordinata connessione delle idee. Temendo di dare spettacolo della sua commozione, discese dal cassero; discese a stento, sentendo che male lo reggevano le gambe; rientrò nella sua cameretta, e là finalmente, gittatosi con le braccia in croce sulla sponda del suo giaciglio, davanti allo spino fiorito e all'immagine di Maria, non pregò, non ringraziò, diede in uno scoppio di pianto. E furono molte le lagrime, prima che si sciogliesse il nodo che i singhiozzi gli facevano alla gola, come i pensieri alla mente. Tutti gli affanni sostenuti, gli stenti fisici, i patimenti morali, i dubbi, le delusioni, le paure di tanti anni infelici, si sfogavano in quella abbondanza di lagrime, che occhio umano non doveva vedere. Che sollievo, quel pianto! e quante cose diceva, che la lingua non avrebbe mai saputo ripetere! che elevazione di spirito, in quella prostrazione di nervi! che effusione riconoscente di un cuore onesto, che amava confessare la sua pochezza, ripetendo intieramente dal cielo quella fortunata virtù, per cui egli, oscuro marinaio, deriso e disprezzato, era fatto ministro di una grande opera, della più grande a cui creatura umana potesse raccomandare il suo nome nel tempo!
Piangeva, e piangendo si addormentò. Sono dei più robusti organismi, queste debolezze improvvise. Essi hanno vegliato tanto nello spasimo del desiderio, nella agonia dell'aspettazione, che alfine, come corda di arco troppo teso, si rallentano le fibre. E dormendo, egli sognò di fantastici regni che offriva ai sovrani di Castiglia; sognò di luminose regioni, a lui additate da una donna d'insigne bellezza, che teneva in mano, accostandolo al seno palpitante, un ramo di spino fiorito. Ma quella donna non era la sconosciuta dei mari. Egli aveva già veduto quel volto, dai delicati e nobili contorni; non gli erano nuove quelle ciglia lunghe, che ombreggiavano, senza nasconderle, due pupille scintillanti di vivissima luce; nè il bianco incarnato delle guance fiorenti, nè i bei capegli neri, nè l'alterezza della elegante e flessuosa persona. La vide egli, e mormorò nel sogno il suo nome: Beatrice di Bovadilla. Era per lei, protettrice generosa e costante, era per lei il ramo di spino fiorito. Ma anch'essa non lo aveva accettato in presente, che per farne omaggio alla Vergine, alla madre di tutti i dolori, ed anche di tutte le consolazioni. E deponeva l'offerta, ma ancora la tratteneva, come per dimostrare a lui di non avere sgradito il dono. Frattanto, volgeva a lui uno sguardo, lampeggiante di passione, illanguidito nella espressione dell'annientamento supremo; con lo sguardo un sorriso, un palpito, un bacio, mandato lentamente col sommo delle dita; e spariva. L'angiolo dei casti pensieri, che tutti abbiamo immaginato e intravveduto, amoroso custode dell'uomo, di questo inesperto Tobiolo del viaggio terrestre, non aveva a turbarsi di quel bacio, che la visione del sogno offriva al povero almirante del mare Oceano. Era un bacio, poi? o non piuttosto un pensiero compassionevole, un saluto, un addio?
Si destò finalmente. Quanto era durato il suo sonno? Era balzato in piedi, ritornando alla coscienza di sè medesimo. Non aveva sicuramente dormito molto, perchè nella cameretta era buio ancora. E poi, egli sentiva le guance ancor molli di pianto. Rasciugò le sue lagrime, si scosse, ed uscì nuovamente in coperta.
L'alba non era spuntata ancora; ma già, all'orizzonte, si distingueva meglio quella lingua di terra, isola, o promontorio di continente avanzato sul mare. Per quella volta, non era più da temere una delusione mattutina; i contorni non erano di nube, nereggiavano come dorsi di colline sull'azzurro cupo del cielo. Ed era la terra desiderata; finalmente, era quella. Come si sarebbe mostrata ai suoi occhi? Somigliante, nella vegetazione, alle terre d'Europa? Da qual gente abitata? Ultimo confine del mal conosciuto Cattaio? Isola solitaria sul mare, e lontana ancora di molto dalla ricca Cipango? Quali domande, a quell'ora! Il giorno era imminente, i dubbi si sarebbero chiariti, le curiosità pienamente appagate. Per intanto, era la terra.
A questa conclusione erano venuti più facilmente i marinai, che non sentivano il bisogno di saper tante cose, e ballavano la ridda sulla coperta, accompagnando i salti e le capriole con liete canzoni paesane.
L'alba sospirata imbiancò l'orizzonte, diffondendosi via via per la volta del cielo. Col suo mite chiarore, un fremito gaio corse sull'acque. La terra nereggiava ancora; ma a grado a grado si fece turchina, azzurra, violetta, e da ultimo, spuntando dal lontano orizzonte