Un bel sogno. Cagna Achille Giovanni
scrisse a mamma pregandola di trovarsi a casa fra quattro giorni!..
Tal nuova afflisse tanto profondamente il giovane che se ne stette senza parola! – Quattro giorni appena! Ed era questa la felicità che aveva sognata? Mai non gli venne in mente che Laura dovesse partire, e questʼidea lo colpì sì forte, che ne provò vero dolore.
Laura vedendolo così triste, non cercò dʼinterrompere il filo delle sue riflessioni; serbò il silenzio per qualche istante scrutando attentamente tutte le oscillazioni del di lui sguardo. Forse non si sbagliò sul secreto del dolore che gli si dipinse in volto, e come per tentare qualche conforto, sclamò mestamente:
– È doloroso a dirsi, in questo mondo si nasce solamente per fare dei sacrifizii!
– Pur troppo, rispose Ermanno, dacchè il discernimento della ragione rischiarò la mia mente, io vidi essere lo scopo della vita non altro che una continua aspirazione ad una meta inconseguibile. È tanto vero che la felicità è una chimera impossibile, che io stesso abbandonai ogni speranza di ottenerla. Diffido della speranza perchè so che essa frutta il disinganno; eppure questa fata menzognera, mi ha sedotto anco una volta; eppure malgrado tutta la mia triste esperienza, ho sperato una follia! Sperai che un fiore non dovesse mai avvizzire, ed a quel fiore ho legati i miei affetti. – Che mi rimarrà infine?.. Nulla, un fuscellino dʼerba appassita!..
Laura questa volta aveva compreso; le parole del giovane suonarono amaramente nel di lei cuore.
– Feci male, mormorò Ermanno, feci male venendo qui questa sera, doveva aspettare domani, o dopo…
– Ma bravo! sclamò Laura con accento di rimprovero, il male lʼavrebbe fatto non venendo, perchè ieri sera lʼabbiamo desiderato vivamente, perchè con lei si passa unʼora senzʼaccorgersene; perchè infine se ella non venisse, arrecherebbe gran dispiacere allo zio, ai cugini… ed a me!
La giovinetta pronunziò queste parole con tale accento di dolore, che Ermanno ne ebbe rimorso, in quella voce egli ritrovò lʼespressione di una pena viva e profonda. Ne ebbe tanto rimorso che prendendo la mano di lei le disse:
– Mi perdoni madamigella. – Io stesso non so bene quello che mi dico… Creda pure che mi sarebbe stato impossibile resistere più oltre, giacchè se dipendeva solamente dalla mia volontà, a questʼora non sarei qui; ma da due giorni comanda in me unʼaltra potenza tanto forte, che mi abbandono rassegnato al mio destino. – Sia che vuolsi, se è vero che sarò poi infelice, è pur vero che ora sono felicissimo!
Laura strinse nelle sue la mano di lui, ed egli proseguì con voce sommessa fissandola negli occhi:
– Ma perchè ora piange… perchè quelle lacrime?
– Perchè sono felice, rispose Laura sorridendo cogli occhi lagrimosi. La dolcezza delle parole di Ermanno le aveva strappato il pianto; ma il pianto della gioia, quelle lacrime soavi che escono da un sorriso, e Laura piangeva sorridendo.
Si erano detto tutto?.. Chi lo sa; chi potrebbe dire sin dove si sarebbero arrestati? ma non era prudente lʼabusare dellʼoccasione, tanto più che poco dopo sopraggiunse Letizia.
– Ben venuto signor Ermanno, sclamò Letizia sorridendo, meno male che ella si sia ricordato dei torti che aveva da riparare – Laura era con lei indignata, ma a quanto vedo la mia buona cugina pecca per troppa indulgenza.
– Si fu perchè sua madre non istava bene, disse tosto Laura.
– Madamigella Letizia sa meglio di me che non mi faccio troppo pregare per venire in casa sua.
– Oh per me, rispose Letizia, non ci fo gran caso, sono sì bene abituata alle sue stranezze che non mi sarei stupita se anche questa sera non fosse venuto.
In quel momento entrò Alfredo, il quale fece pure ad Ermanno i suoi rimproveri aggiungendo:
– Però quello che non si fece ieri, si può fare oggi. Volete signorine che andiamo in carrozza?
– In carrozza! osservò Laura, non sarebbe meglio a piedi?
– E sia pure, disse Letizia, che glie ne pare signor Ermanno?
– Per me sono a loro disposizione, comandino…
– Allora è inteso, non faccio attaccare, chiese Alfredo.
– Letizia, disse Laura, vedi se mamma vuol venire, ed anche lo zio.
– Non darti pensiero per mio padre, tu lo sai a questʼora egli si dispone per recarsi al suo inevitabile caffè. Sì dicendo Letizia uscì di sala. Rimasero soli sul balcone Alfredo, Ermanno e Laura; il primo sempre distratto come al solito, si mise a canterellare unʼarietta, guardando sbadatamente nella via. Ermanno e Laura erano seduti di fronte, e si dicevano tante cose cogli occhi.
V
Letizia ritornò ad interrompere quella mutua contemplazione annunziando che anche la madre di Laura avrebbe preso parte alla passeggiata; e difatti dopo pochi istanti madama Ramati comparì in sala ove trovò tutti disposti alla partenza. La sera era fresca, ed eccitava al passeggio; presero la via per recarsi nel viale fuori di città.
La comitiva si dispose così: Laura diede il braccio al cugino Alfredo, Letizia restò indietro colla zia ed Ermanno.
La madre di Laura era una vera gentildonna per modi distinti, aveva una certa conoscenza con Ermanno, epperciò non vi mancava lʼelemento alla conversazione.
Naturalmente il discorso cadde su Laura, e lasciamo supporre quanto gradevole fosse questo tema ad Ermanno. Se si volesse poi sapere di che parlavano Alfredo e Laura che precedevano gli altri di qualche passo, è facile immaginarlo. – Le donne hanno un certo tatto istintivo per far cadere il discorso su ciò che loro piace senza che chi parla se ne accorga menomamente. – Appena Laura si era appoggiata al braccio di Alfredo trovò, modo di toccargli la corda debole parlandogli cioè di Ermanno; Alfredo cadde subito a quel primo attacco, e ne disse fino allʼentusiasmo in favore dellʼamico.
– Sarà debolezza, aggiungeva, ma Ermanno mi è tanto simpatico, che se io fossi una donna, me ne innamorerei perdutamente.
– Fortuna per lui che non avrà bisogno di te per avere delle innamorate.
– Tʼinganni, tʼinganni dʼassai; in fatto dʼamore il mio amico è del tutto profano.
– Odia forse le donne?
– Tuttʼaltro, nella carriera che percorre, si trova di sovente a contatto colle signore, ma nessuna che io sappia gli inspirò qualche cosa più di un poʼ di cortesia. – È troppo concentrato nellʼarte sua della quale egli se nʼè formata una amante; non vive che per la musica.
– Ma, ribatteva Laura, non mi sembra vero che un giovinotto, unʼartista non celi in seno qualche fiammetta…
– Eppure credimi la è proprio così; diamine io che gli sono sempre ai fianchi, dovrei saperlo. Di giorno non esce che per le sue lezioni, del resto se ne sta sempre al pianoforte. Se talvolta a forza di preghiere si lascia trascinare in qualche concerto o serata musicale, fa propriamente un sacrifizio. Egli non ama la società; è nemico dei clamori; per chi non lo conosce sembra un selvaggio, ma chi lo frequenta riconosce in lui un giovane pieno di talento e di modestia.
– Lo credo perchè me lo dici, sclamò Laura, ma pare davvero impossibile che un giovane così amabile e distinto non cerchi qualche conforto in unʼaffetto – Si è tanto felici quando si ama.
– Ma mia cara, per uno della tempra di Ermanno lʼamore si trova ma non si cerca.
– Chissà che un giorno…
– Sarà difficile, e sinceramente non gliene farei augurio…
– Perchè mai?
– Mio Dio, la fedeltà è tanto rara al giorno dʼoggi, ed Ermanno è una di quelle nature che amando si legano corpo ed anima…
– In questo caso, che male ci sarebbe?
– Che male? il ciel lo guardi! Se per disgrazia sʼinnamorasse, e venisse poi deluso, credo che si darebbe alla disperazione.
– Ma