Istoria civile del Regno di Napoli, v. 9. Giannone Pietro
più arcani con l'inobbedienza di capriccioso Ministro. Per la qual cosa i Vineziani risolutissimi alla difesa di quel Golfo, s'applicarono a rinforzarsi nel Mare con due Galeazze ed alcune Navi, ed elessero trenta Governadori dì Galee, acciocchè, secondo il bisogno, a parte a parte andassero armando.
Ma dall'altra parte il Vicerè, vedendo, che gli Uscocchi aveano perduti molti de' loro nidi, gli allettò a ricovrarsi nel Regno con Porto franco e con premj, quelli più accarezzando, che a' Vineziani riuscivano maggiormente molesti. Presero perciò costoro sotto il calore di tal protezione la Nave Doria, che con merci ed altri Navilj minori da Corfù passava a Venezia, vendendo sotto lo Stendardo del Vicerè pubblicamente le spoglie; e se bene i Gabellieri de' Porti principali del Regno esclamavano, che col traffico mancherebbero i dazj e l'entrate Reali, furono dall'Ossuna minacciati della forca, se più ardissero di dolersi. Il Nani, quanto buon Cittadino, altrettanto appassionato Istorico nelle azioni del Duca d'Ossuna, rapporta, che costui per natura vanissimo di lingua e d'animo, non solo applicava a turbar il mare, ma di continuo parlava di sorprendere Porti dell'Istria, saccheggiar Isole, e penetrare ne' recessi medesimi della città dominante: che ora in carta, ora in voce delineava e divisava i disegni, ordinava barche di fondo atto a' canali e paludi, tracciava macchine, nè più volentieri alcuno ascoltava, che coloro, i quali lo trattenessero con adulazioni al suo nome, o con facilità dell'impresa; ma che però non era tanto ciò ch'egli credeva di poter eseguire, quanto quello che desiderava, che si credesse, acciocchè si tenesse la Repubblica involta in maggiori dispendj, e distratta a tal segno, che più debolmente, ed offender potesse l'Arciduca, ed assistere a Carlo Duca di Savoja. Spinse pertanto l'Ossuna sotto Francesco Rivera dodici ben armati Vascelli nell'Adriatico: e benchè nel procinto di spiegare le vele, giungessero ordini della Corte di Spagna di sospender le mosse, parendo strano, che nel tempo d'aprire trattati di pace in Madrid, s'inferissero dal Vicerè durissime offese; egli ad ogni modo, facendo assembrare il Collaterale, fece far relazione dal medesimo alla Corte, rappresentando, che avendo alcune Barche armate della Repubblica preso un grosso Vascello, che voleva entrar in Trieste, conveniva al decoro e servizio del Re, che il Rivera partisse, e si reprimessero i Vineziani; onde fece partire i Vascelli, ed affinchè non fosse ciò imputato ad atto di romper la guerra in nome del Re colla Repubblica, fecegli partire colle sue insegne solamente.
La Repubblica perciò impose al Belegno, che comandava la sua Armata, d'unire in Lesina quella parte, che potesse avere più pronta per passar a Curzola, per coprire le Isole, ed in particolare per rompere il principal disegno dell'Ossuna di comparire a vista dell'Istria, per dar fomento all'armi dell'Arciduca Ferdinando, e divertire quelle della Repubblica. Conseguì l'intento il Belegno; poichè giunto che furono le Navi dell'Ossuna a Calamota, spinse loro la sua Armata incontro; onde il Rivera dubitando d'essere con disavvantaggio combattuto in quel sito, date le vele a prospero vento, attraversò il mare, ed a Brindisi si condusse.
Queste mosse avendo ingelositi i Turchi, gli spinsero a calare in grosso numero alla custodia, ed ai Presidj delle loro Marine; onde da ciò prese il Vicerè l'opportunità di chiedere ad altre Potenze soccorso, pubblicando non esser altro il suo scopo, che di abbattere l'inimico comune, e per ciò chiedeva, che si dovesse unir seco le Galee del Pontefice, di Malta, e di Fiorenza. Ma dall'altra parte i Ministri della Repubblica facevano altamente risuonare il contrario alle Corti di que' Principi, dicendo, che l'Ossuna al primo Visir avea inviati schiavi, e doni per allettarlo, e con ogni sorte d'uffizio incitarlo a muovere contra la Repubblica l'armi; e fecero valer tanto i loro ufficj, che non solo s'astennero que' Principi di dare all'Ossuna le loro Galee, ma proccurarono divertirlo dall'impresa, dicendo, che non servirebbe per altro, che a svegliare i Turchi e tirarli nell'Adriatico a fronte del Regno di Napoli e dello Stato Ecclesiastico.
Ma non per ciò il Duca si ritenne d'inviar sotto Pietro di Leyva diciannove Galee ad unirsi al Rivera, il quale passato con questo nuovo soccorso a S. Croce e trovati a Lesina i Vineziani inferiori di forze tentò di tirarli fuori a combattere: ma costoro fermi solo alla difesa, sopraggiunta la notte, obbligarono l'armata Spagnuola a ritirarsi in Brindisi con la preda d'un Naviglio di Sali e d'un Vascello d'Olanda, che navigando con alcuni soldati di quelle Levate, si trovò sopraffatto dalle navi dell'Ossuna. I Vineziani per ciò seriamente pensando all'importanza dell'affare ingrossarono la loro armata; e dall'altra parte l'Ossuna accrebbe la sua a diciotto Navi e trentatrè Galee, la quale comparse sopra Lesina, con animo di provocar la Veneta alla battaglia; ed intanto i Ministri spagnuoli, per atterrire con la fama di vasti apparecchi, avean fatto precorrer voce, che l'armata dei Galeoni solita a custodire la navigazione dell'Oceano, entrando nello stretto di Gibilterra, penetrerebbe nell'Adriatico, e che in Sicilia pure s'armavano di nuovo moltissimi Legni; le quali voci erano in parte accreditate dalle ardite procedure del Vicerè, il quale oltre d'aver ingrossata con alquante Galee la Squadra del Leyva, faceva scorrere dagli Uscocchi tutto il Golfo, i quali colle loro Barche insultavano fino in vista de' Porti di Venezia istessa con depredazioni e con danni gravissimi; tanto che obbligò il Senato a disponere qualche Galea alla guardia di Chioggia, ed a scegliere in Venezia certo numero di gente atta all'armi: ciò che riuscendo nuovo in quella città, avea posto il Popolo in non poco scompiglio; il quale per una falsa voce insorta, che, essendosi già combattuto dalle due armate intorno Lesina, i Vineziani avessero ottenuta una insigne vittoria sopra gli Spagnuoli, era corso impetuosamente per manomettere la persona e la Casa di D. Alfonso della Queva Marchese di Bedmar Ambasciadore del Re Filippo in Venezia, creduto principal instigatore de' tentativi dell'Ossuna.
Le due armate però intorno Lesina, ancorchè la Spagnuola avesse provocata la Veneta, non vennero mai a battaglia; onde il Leyva, vedendo che i Vineziani s'erano posti su la difesa del Porto s'allargò a Traù vecchio, dove incendiò il paese, e predò molte barche; indi colle Galee speditamente verso Zara trascorse, dove per una preda offertaglisi, si divertì da maggior vittoria; poichè con tutto che avesse precisi ordini di tentar la sorpresa e l'occupazione di Pola, o d'alcun altro Porto nell'Istria, egli scontrandosi a due Galee di mercatanzia, avido della preda, si trattenne ad occuparle con alcuni Legni, che conducevano provvisioni di vitto all'armata nemica; onde sopraggiunti da questa gli Spagnuoli, ed imbarazzati in oltre co' Legni predati e con le ricchissime spoglie, traversato il Mare verso il Monte Gargano, radendo le rive, finalmente a Brindisi si ricondussero e poco da poi le lor Galee uscirono dal Golfo. Il Vicerè di ciò ne rimproverò acremente il Leyva, che per quella preda si fosse perduta l'opportunità d'una più importante conquista; ad ogni modo, ostentando la preda, fece condurre a Napoli le merci ed i legni, molto godendo del dispiacere che in Venezia n'appariva.
Esclamavano intanto i Ministri della Repubblica in tutte le Corti de' Principi di questi atti ostili dell'Ossuna, il quale in mezzo a' trattati di pace oltraggiava il Golfo creduto di lor Dominio, e che proccurava, avendo intelligenza co' Turchi, tirar le armi di quelli a' danni della Repubblica, li quali, pretendendo rifacimento del danno ancor da essi sofferto in quella preda, minacciavano di prenderne ragione coll'armi contra la Repubblica. Ma nell'istesso tempo non tralasciava il Duca ancor egli di declamare contra i Vineziani, dicendo esser pur troppo insoffribili i loro vanti del dominio, che sognano di quel mare: essere per ragion delle genti la navigazion libera e molto meno potersi pretendere di vietarla all'armata del Re Cattolico, che non conosce superiore alcuno nel Mondo. A questi tempi e per tali occasioni, narrasi, che il Marchese di Bedmar Ambasciadore del Re Cattolico in Venezia, per toccar più sensibilmente i Vineziani, avesse fatto comporre da M. Velsero, o come altri tengono da Niccolò Peireschio, (ciò che parimente si suspica da quel che Gassendo ne scrisse nella di lui vita) quel libro intitolato: Squittinio della libertà Veneta. Questo libro acerbamente trafisse i Vineziani, li quali con difficoltà poterono trovar altro condegno Scrittore, che lo confutasse; e che finalmente non trovando altri, vi facessero rispondere da Teodoro Grass-Winckd Olandese, il quale ne compose un opposto, col titolo: Majestas Reipublicae Venetae; siccome da poi fecero Scipione Errico e Raffael della Torre Genovese.
(Burcardo Struvio19, ciò che conferma nel Syntagm. Juris publici Imp. R. G. cap. 2 §.17, scrisse il vero Autore di questo libro essere stato Alfonso della Queva; e dirà vero, se intende che costui, il quale era lo stesso che il Marchese di Bedmar allora Ambasciadore dei Re Cattolico in Venezia, desse commissione a M. Velsero, o ad altri di comporlo, ma non già ch'egli dettato l'avesse o composto.)
(Narrasi che il Doge di Venezia avendo data
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Bibliot. Hist. cap. 21 § 29.