Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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troian portò mille anni pria,

      per strana e formidabile aventura,

      che 'l ragionarne pur mette paura.

32

      Trovandosi costui dunque presente

      a quel parlar, alzò l'ardita faccia;

      e si dispose andare immantinente,

      per trovar quel guerrier, dietro alla traccia.

      Ritenne occulto il suo pensiero in mente,

      o sia perché d'alcun stima non faccia,

      o perché tema, se 'l pensier palesa,

      ch'un altro inanzi a lui pigli l'impresa.

33

      Allo scudier fe' dimandar come era

      la sopravesta di quel cavalliero.

      Colui rispose: – Quella è tutta nera,

      lo scudo nero, e non ha alcun cimiero. —

      E fu, Signor, la sua risposta vera,

      perché lasciato Orlando avea il quartiero;

      che come dentro l'animo era in doglia,

      così imbrunir di fuor volse la spoglia.

34

      Marsilio a Mandricardo avea donato

      un destrier baio a scorza di castagna,

      con gambe e chiome nere; ed era nato

      di frisa madre e d'un villan di Spagna.

      Sopra vi salta Mandricardo armato,

      e galoppando va per la campagna;

      e giura non tornare a quelle schiere

      se non truova il campion da l'arme nere.

35

      Molta incontrò de la paurosa gente

      che da le man d'Orlando era fuggita,

      chi del figliuol, chi del fratel dolente,

      ch'inanzi agli occhi suoi perdè la vita.

      Ancora la codarda e trista mente

      ne la pallida faccia era sculpita;

      ancor, per la paura che avuta hanno,

      pallidi, muti ed insensati vanno.

36

      Non fe' lungo camin, che venne dove

      crudel spettaculo ebbe ed inumano,

      ma testimonio alle mirabil pruove

      che fur raconte inanzi al re africano.

      Or mira questi, or quelli morti, e muove,

      e vuol le piaghe misurar con mano,

      mosso da strana invidia ch'egli porta

      al cavallier ch'avea la gente morta.

37

      Come lupo o mastin ch'ultimo giugne

      al bue lasciato morto da' villani,

      che truova sol le corna, l'ossa e l'ugne,

      del resto son sfamati augelli e cani;

      riguarda invano il teschio che non ugne:

      così fa il crudel barbaro in que' piani.

      Per duol bestemmia, e mostra invidia immensa,

      che venne tardi a così ricca mensa.

38

      Quel giorno e mezzo l'altro segue incerto

      il cavallier dal negro, e ne domanda.

      Ecco vede un pratel d'ombre coperto,

      che sì d'un alto fiume si ghirlanda,

      che lascia a pena un breve spazio aperto,

      dove l'acqua si torce ad altra banda.

      Un simil luogo con girevol onda

      sotto Ocricoli il Tevere circonda.

39

      Dove entrar si potea, con l'arme indosso

      stavano molti cavallieri armati.

      Chiede il pagan, chi gli avea in stuol sì grosso,

      ed a che effetto insieme ivi adunati.

      Gli fe' risposta il capitano, mosso

      dal signoril sembiante e da' fregiati

      d'oro e di gemme arnesi di gran pregio,

      che lo mostravan cavalliero egregio.

40

      – Dal nostro re siàn (disse) di Granata

      chiamati in compagnia de la figliuola,

      la quale al re di Sarza ha maritata,

      ben che di ciò la fama ancor non vola.

      Come appresso la sera racchetata

      la cicaletta sia, ch'or s'ode sola,

      avanti al padre fra l'ispane torme

      la condurremo: intanto ella si dorme. —

41

      Colui, che tutto il mondo vilipende,

      disegna di veder tosto la pruova,

      se quella gente o bene o mal difende

      la donna, alla cui guardia si ritruova.

      Disse: – Costei, per quanto se n'intende,

      è bella; e di saperlo ora mi giova.

      A lei mi mena, o falla qui venire;

      ch'altrove mi convien subito gire. —

42

      – Esser per certo dei pazzo solenne, —

      rispose il Granatin, né più gli disse.

      Ma il Tartaro a ferir tosto lo venne

      con l'asta bassa, e il petto gli trafisse;

      che la corazza il colpo non sostenne,

      e forza fu che morto in terra gisse.

      L'asta ricovra il figlio d'Agricane,

      perché altro da ferir non gli rimane.

43

      Non porta spada né baston; che quando

      l'arme acquistò, che fu d'Ettor troiano,

      perché trovò che lor mancava il brando,

      gli convenne giurar (né giurò invano)

      che fin che non togliea quella d'Orlando,

      mai non porrebbe ad altra spada mano:

      Durindana ch'Almonte ebbe in gran stima,

      e Orlando or porta, Ettor portava prima.

44

      Grande è l'ardir del Tartaro, che vada

      con disvantaggio tal contra coloro,

      gridando: – Chi mi vuol vietar la strada? —

      E con la lancia si cacciò tra loro.

      Chi l'asta abbassa, e chi tra' fuor la spada;

      e d'ogn'intorno subito gli foro.

      Egli ne fece morir una frotta,

      prima che quella lancia fosse rotta.

45

      Rotta che se la vede, il gran troncone

      che resta intero, ad ambe mani afferra;

      e fa morir con quel tante persone,

      che non fu vista mai più crudel guerra.

      Come tra' Filistei l'ebreo Sansone

      con la mascella che levò di terra,

      scudi spezza, elmi schiaccia, e un colpo spesso

      spenge


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