Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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a morte que' miseri a gara,

      né perché cada l'un, l'altro andar cessa;

      che la maniera del morire, amara

      lor par più assai che non è morte istessa.

      Patir non ponno che la vita cara

      tolta lor sia da un pezzo d'asta fessa,

      e sieno sotto alle picchiate strane

      a morir giunti, come biscie o rane.

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      Ma poi ch'a spese lor si furo accorti

      che male in ogni guisa era morire,

      sendo già presso alli duo terzi morti,

      tutto l'avanzo cominciò a fuggire.

      Come del proprio aver via se gli porti,

      il Saracin crudel non può patire

      ch'alcun di quella turba sbigottita

      da lui partir si debba con la vita.

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      Come in palude asciutta dura poco

      stridula canna, o in campo àrrida stoppia

      contra il soffio di borea e contra il fuoco

      che 'l cauto agricultore insieme accoppia,

      quando la vaga fiamma occupa il loco,

      e scorre per li solchi, e stride e scoppia;

      così costor contra la furia accesa

      di Mandricardo fan poca difesa.

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      Poscia ch'egli restar vede l'entrata,

      che mal guardata fu, senza custode;

      per la via che di nuovo era segnata

      ne l'erba, e al suono dei ramarchi ch'ode,

      viene a veder la donna di Granata,

      se di bellezze è pari alle sue lode:

      passa tra i corpi de la gente morta,

      dove gli dà, torcendo, il fiume porta.

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      E Doralice in mezzo il prato vede

      (che così nome la donzella avea),

      la qual, suffolta da l'antico piede

      d'un frassino silvestre, si dolea.

      Il pianto, come un rivo che succede

      di viva vena, nel bel sen cadea;

      e nel bel viso si vedea che insieme

      de l'altrui mal si duole, e del suo teme.

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      Crebbe il timor, come venir lo vide

      di sangue brutto e con faccia empia e oscura,

      e 'l grido sin al ciel l'aria divide,

      di sé e de la sua gente per paura;

      che, oltre i cavallier, v'erano guide,

      che de la bella infante aveano cura,

      maturi vecchi, e assai donne e donzelle

      del regno di Granata, e le più belle.

52

      Come il Tartaro vede quel bel viso

      che non ha paragone in tutta Spagna,

      e c'ha nel pianto (or ch'esser de' nel riso?)

      tesa d'Amor l'inestricabil ragna;

      non sa se vive in terra o in paradiso:

      né de la sua vittoria altro guadagna,

      se non che in man de la sua prigioniera

      si dà prigione, e non sa in qual maniera.

53

      A lei però non si concede tanto,

      che del travaglio suo le doni il frutto;

      ben che piangendo ella dimostri, quanto

      possa donna mostrar, dolore e lutto.

      Egli, sperando volgerle quel pianto

      in sommo gaudio, era disposto al tutto

      menarla seco; e sopra un bianco ubino

      montar la fece, e tornò al suo camino.

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      Donne e donzelle e vecchi ed altra gente,

      ch'eran con lei venuti di Granata,

      tutti licenziò benignamente,

      dicendo: – Assai da me fia accompagnata;

      io mastro, io balia, io le sarò sergente

      in tutti i suoi bisogni: a Dio brigata. —

      Così, non gli possendo far riparo,

      piangendo e sospirando se n'andaro;

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      tra lor dicendo: – Quanto doloroso

      ne sarà il padre, come il caso intenda!

      quanta ira, quanto duol ne avrà il suo sposo!

      oh come ne farà vendetta orrenda!

      Deh, perché a tempo tanto bisognoso

      non è qui presso a far che costui renda

      il sangue illustre del re Stordilano,

      prima che se lo porti più lontano? —

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      De la gran preda il Tartaro contento,

      che fortuna e valor gli ha posta inanzi,

      di trovar quel dal negro vestimento

      non par ch'abbia la fretta ch'avea dianzi.

      Correva dianzi: or viene adagio e lento;

      e pensa tuttavia dove si stanzi,

      dove ritruovi alcun commodo loco,

      per esalar tanto amoroso foco.

57

      Tuttavolta conforta Doralice,

      ch'avea di pianto e gli occhi e 'l viso molle:

      compone e finge molte cose, e dice

      che per fama gran tempo ben le volle;

      e che la patria, e il suo regno felice

      che 'l nome di grandezza agli altri tolle,

      lasciò, non per vedere o Spagna o Francia,

      ma sol per contemplar sua bella guancia.

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      – Se per amar, l'uom debbe essere amato,

      merito il vostro amor; che v'ho amat'io:

      se per stirpe, di me chi è meglio nato?

      che 'l possente Agrican fu il padre mio:

      se per ricchezza, chi ha di me più stato?

      che di dominio io cedo solo a Dio:

      se per valor, credo oggi aver esperto

      ch'esser amato per valore io merto. —

59

      Queste parole ed altre assai, ch'Amore

      a Mandricardo di sua bocca ditta,

      van dolcemente a consolar il core

      de la donzella di paura afflitta.

      Il timor cessa, e poi cessa il dolore

      che le avea quasi l'anima trafitta.

      Ella comincia con più pazienza

      a dar più grata al nuovo amante udienza;

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      poi con risposte più benigne molto

      a mostrarsegli affabile e cortese,

      e


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