Storey. Keith Dixon

Storey - Keith Dixon


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      â€˜Paul Storey. Il tuo?’

      â€˜E’ Levati-Di-Torno.’

      â€˜I tuoi genitori ti hanno regalato un’infanzia felice, non è vero?’

      â€˜E’ un tuo amico, Minty?’ Si era girato a guardare la donna, ancora seduta, con le ciglia aggrottate in un modo che Paul stava cominciando a riconoscere.

      Lei disse, ‘Lascialo fuori, Cliff. Ci sentiamo più tardi.’

      Cliff. Quello era un nome che non si sentiva spesso oggigiorno, pensò Paul, un nome degli anni Sessanta, ma era felice di avere un nome di riferimento.

      Cliff disse, ‘Tu non mi dici cosa devo fare – nessuno di voi. Se voglio entrare qui e parlare con te, lo faccio.’

      â€˜Vai a casa, ti chiamerò.’

      Cliff si girò per guardare Storey, date le sue dimensioni, in tutta la sua presenza. Paul non pensò che Cliff fosse intimorito, solo prudente. Probabilmente girava sempre con una banda, gente che lo avrebbe supportato o fatto quello che diceva. Gli aveva dato una tale confidenza che andava in giro come un’arma carica. Paul lo aveva già riscontrato in passato e non gli piaceva. Le persone che controllavano le altre in quel modo spesso avevano problemi a mantenere l’autocontrollo.

      Cliff si mosse di nuovo e andò dall’altra parte del tavolo, in piedi accanto alla donna, ridando un’occhiata a Paul. Disse, ‘Non mi piaci. Ma hai dello stomaco. Ci siamo conosciuti da qualche parte?’

      â€˜Ne dubito.’

      â€˜Sì, anch’io. Ma c’è qualcosa in te che riconosco. Mi verrà in mente.’

      â€˜Non ci perdere il sonno.’

      â€˜Oh, non lo farò.’ Si girò e uscì dal bar come aveva detto, senza voltarsi indietro, sempre sicuro di sé.

      La donna disse a Paul, ‘Non sederti, non avevo bisogno di un salvatore.’

      â€˜Lo so.’

      â€˜Allora perché ti sei intromesso?’

      â€˜Fa parte della mia natura.’

      Lei lo osservò con il primo segno di curiosità che lui avesse visto da parte sua, come se avesse finalmente catturato la sua attenzione.

      Lui disse, ‘Sembrava che non volessi parlare con lui.’

      â€˜Lo avevo turbato.’

      â€˜Qualcosa che hai scritto?’

      â€˜Non esattamente. Puoi andare ora, per favore?’

      Fece cenno di sì col capo ed era sul punto di andarsene quando gli venne in mente qualcosa. Disse, ‘“Minty?”’

      Lei guardò in su. ‘Araminta. Non ti preoccupare – non avrai mai l’occasione di usarlo.’

      â€˜Nome insolito per una scozzese.’

      â€˜Non per questa.’

      â€˜Sei sempre così aggressiva?’

      â€˜Sei sempre così stupido?’

      Lui non disse nulla, la osservò mentre lei lo guardava, il suo sguardo sicuro, sapendo che stava cercando di manipolarlo. La stessa cosa che stava facendo lui con lei. Non era sicuro che fosse divertente, ma stava tenendo la sua mente occupata dalle altre cose. Come cosa avrebbe fatto della sua vita.

      Senza cambiare la sua espressione, lei disse, ‘Vediamoci più tardi. Per un drink.’

      â€˜Va bene. Dove?’

      Lei gli disse il nome di un pub e gli diede l’indirizzo – non conosceva il posto ma conosceva la zona da quando era un bambino.

      Lui disse, ‘Ti lascio il mio numero,’ e iniziò a pronunciarlo, poi si fermò per lasciarla prendere il telefono e segnarlo.

      Lei lo fissò di nuovo, poi infine prese il suo telefono e annotò il numero. Una volta finito, disse, ‘Non è un appuntamento amoroso. Non ti vestire bene. Non so nemmeno perché lo sto facendo.’

      â€˜Non ci pensare troppo – rovinerebbe un bel momento.’

      â€˜Sarò là dalle otto.’

      â€˜Come ti riconoscerò?’

      â€˜Sarò quella che si fa gli affari suoi. Te l’ho detto, non ti entusiasmare.’

      CAPITOLO QUATTRO

      IL PUB SI trovava a Ball Hill, a dieci minuti di cammino dal vecchio campo da calcio di Highfield Road. Se la ricordava come una vivace area commerciale con banche e un ufficio postale e negozi di ogni genere. Una biblioteca. Ora metà delle attività erano serrate e la maggioranza dei negozi che erano ancora aperti erano outlet di beneficenza. L’area era ridotta male, più o meno come il resto della città che aveva visto fino ad allora.

      Quando entrò vide subito Cliff, seduto a un tavolo rotondo con altri tre uomini, Araminta più lontana, a scrivere su di un largo telefono nero.

      Cliff invece lo salutò con la mano, un gran sorriso sul suo volto.

      â€˜Minty ha detto che stavi arrivando. Ha detto che pensavi fosse un appuntamento romantico. Bene eccoci qui.’

      Paul disse ‘Niente lingua la prima sera.’

      Cliff non ci fece caso, disse, ‘Siediti. Mettiti a tuo agio,’ accennando agli altri al tavolo. ‘Questi sono Dutch, Gary e Tarzan. Lascio a te immaginare chi sia chi.’

      â€˜Non c’è problema, non resto.’

      â€˜Dai, non fare così. Voglio conoscerti. Mi hai preso di sorpresa prima, ma ripensandoci mi è piaciuto quello che hai fatto. Difendere la signorina.’

      Araminta sollevò lo sguardo. ‘Ehi.’

      Cliff le diede un’occhiata, scrollando le spalle.

      â€˜Non le piace questo. Non le piace essere considerata come una donnetta. Non posso biasimarla. Te la immagini a lavare i piatti, in piedi davanti a un lavandino con il grembiule da cucina?’ Ghignò come se si aspettasse la risposta di Paul, una piccola danza nei suoi occhi, divertendosi a destabilizzare Storey.

      Paul diede un’occhiata agli altri uomini. Uno era alto, seppure a sedere, con un viso asciutto e cupo e larghe orecchie. Probabilmente Tarzan, giudicando dalla forza che Paul poteva notare dal suo fisico. Indossava una maglietta sporca sotto a una giacca marrone di velluto che lo faceva sembrare un roadie di una band anni Settanta. L’uomo nel mezzo era biondo e con la carnagione molto pallida, il volto squadrato e le labbra rosa e piene. Aveva il torace robusto, non alto quanto Tarzan, ma nemmeno basso, la capigliatura bionda e la pelle chiara suggerivano che poteva essere Dutch, olandese sia di nome che di nascita.

      Il terzo uomo sarebbe Gary, dunque. Il più piccolo di loro e con una luce nervosa negli occhi, come se non avesse ancora visto nulla che gli piacesse. Teneva in mano un sottobicchiere da birra e lo sgualciva e lo piegava fino a strappare lentamente delle strisce sottili, automaticamente, senza guardare, l’abitudine di una vita. La sua maglia verde a collo alto era cosparsa di vernice bianca.

      Nessuno di loro aveva più di trent’anni e tutti avevano l’aspetto pallido di uomini che raramente uscivano o camminavano più di mezzo miglio alla settimana.

      Paul sospirò. Il tipo di criminali da quattro soldi da cui avrebbe sperato di stare lontano. Come aveva fatto a finire a quel punto di nuovo, a fissare occhi spenti, i cui proprietari conoscevano poco, pensavano


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