Storey. Keith Dixon

Storey - Keith Dixon


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un paio di giorni. Sto ancora preparando il terreno. Continua a non fidarsi di me. Ci vediamo presto.’

      â€˜Non chiudermi il telefono in faccia. Non ho finito.’

      â€˜Ãˆ un tuo problema, Cliff, tu non hai mai finito. Parli fino a sfinirmi — parli con tutti fino allo sfinimento. Vorrei avere avuto un centesimo per ogni parola che è uscita dalla tua bocca.’

      â€˜Un giorno ti pentirai di non avermi dato più attenzione. Sei troppo impulsiva, non rifletti mai sulle cose. Ti metti in dei casini da cui non riesci a uscire.’

      â€˜Ãˆ vita vera, Cliff,’ sentendo la sua rabbia salire, ‘non uno spettacolo televisivo.’

      â€˜Che diavolo vuol dire? Dai i numeri?’

      â€˜Significa che non me ne andrò a sedere in giro aspettando che le buone opportunità mi vengano incontro. Mio padre era un rompipalle, ma almeno ci provava, sapeva quello che voleva. Non se ne stava seduto a guardare le altre persone prendersi quello che lui non poteva avere. Lo faceva per se stesso. Era troppo stupido per farlo bene, ma almeno ci provava.’

      â€˜Pensi troppo a te stessa, ragazza. Sei una truffatrice in cerca di un affare, tutto qui. Non ti montare troppo la testa.’

      â€˜Se non lo faccio io, chi altro lo fa?’

      Buttò giù il telefono prima che lui avesse il tempo di obiettare. E non voleva l’opinione negativa di Cliff su di lei a girarle in testa proprio ora.

      Il problema era che Cliff l’aveva portata a ripensare a Paul Storey.

      E se da un lato non fu contraria a ciò inizialmente, ancora non era sicura se lui rappresentasse un po' di divertimento o un segno. E questo le dava fastidio.

      

      CAPITOLO SEI

      IL SUO INCONTRO con Frost aveva fruttato qualcosa — ci sarebbe stata una visita la settimana successiva, e la prospettiva di un’altra se fosse riuscito a persuaderli che l’area era decente. A Paul si stringeva lo stomaco al solo pensiero di avere estranei in giro per la casa, ma sapeva che doveva lasciar correre. Non aveva nemmeno vissuto in quel posto per quasi vent’anni, di cosa si preoccupava?

      Inviò un messaggio di risposta a Frost, dicendo che poteva farsi trovare a casa se voleva. O si sarebbe tolto di mezzo. Non voleva incontrare i possibili interessati se lui riusciva a fare da solo — che Frost si guadagni il suo stipendio.

      Si appoggiò allo schienale della sedia e chiuse il suo portatile. Era fortunato che ci fosse ancora il segnale WiFi; siccome suo padre era uno che comprava sempre nuovi congegni, volle subito internet, come un bambino in un negozio di giocattoli. Paul aveva trovato una macchina fotografica digitale nuova, una chiavetta per il videoregistratore, un paio di binocoli digitali, e molte altre piccole apparecchiature elettriche a cui poteva trovare un utilizzo. Il servizio internet era pagato fino alla fine del mese, in seguito avrebbe trovato qualche altro posto dove connettersi.

      Aveva messo il suo portatile su un tavolo di fronte alla finestra a golfo, dove poteva guardare dritto fino alla macchia di verde al di là del giardino, un pezzetto di prato che era stato tagliato dal comune e serviva da area di gioco per i bambini del quartiere, e luogo in cui defecare per cani randagi. Per raggiungere la strada e la macchina, si usciva dalla porta principale, scendendo per un breve percorso e poi attraversando questo prato di erbacce. Ora due adolescenti stavano calciandosi ripetutamente una palla, insultandosi e facendo finta di essere giocatori in una partita che avevano visto in TV.

      Paul si ricordò di quando lo faceva anche lui — cavolo, quasi trent’anni fa ormai, il suo compagno di gioco Johnny Hall che abitava in fondo alla strada, sebbene lui preferisse trafficare con le bici, sporcarsi le mani d’olio stringendo una catena o cambiando una ruota. Paul aveva una buona coordinazione già allora e creò la squadra di rugby della scuola; prendeva un autobus per raggiungere la scuola nei freddi sabati mattina, salendo in un furgone bianco malridotto per essere portato nelle scuole dei ricchi — King Henry VIII, Bablake, certe volte anche più lontano, fuori città. Poi, a diciassette-diciotto anni, dopo la partita, ed essere stati scaricati di nuovo a scuola, un gruppo di loro avrebbe camminato fino al pub più vicino, e lui si sarebbe seduto in silenzio con la schiena al muro, mentre i chiacchieroni si raccontavano bugie sul sesso e le varie teorie cospiratorie sugli alieni a cui credevano.

      Si chiese come lo avrebbero visto adesso, di ritorno dalla Vecchia Londra con la coda tra le gambe, disoccupato, la reputazione andata, nessun amico in città se non questa banda di falliti che gli era capitata. In qualche modo era contento che suo padre fosse morto prima di avere a che fare con lui. Il problema a Londra era esploso mentre lui era in ospedale e Paul era riuscito a tenerlo lontano dalle notizie. I pochi estratti che furono mostrati non lo citavano come agente in questione e non voleva rendere gli ultimi giorni di suo padre ancora più sofferenti di quanto non lo fossero già.

      Era un suo problema e doveva inghiottire e andare avanti, non farne un dramma.

      Sollevò il telefono e cercò il numero di Millie, voleva chiamarla ma non lo fece, era passato troppo poco tempo dall’ultima conversazione. Non voleva che pensasse che dipendeva da lei o non sapeva gestirsi senza qualche tipo di approvazione da parte sua. Doveva chiamare Rick, tuttavia si trattenne e si convinse di smettere di disturbare i suoi amici bussando alla loro porta.

      Stava fissando lo schermo quando il telefono squillò con il suo curioso trillo elettronico.

      E c’era la fantastica voce scozzese di Araminta a palargli come se lo avesse conosciuto da sempre, si ricordava la fatica che aveva fatto a lasciarle il suo numero chiedendosi se lo avrebbe mai usato.

      Ora disse, ‘Volevo sapere come stavi e chiederti un favore.’

      Cercava di portarlo dalla sua parte, pensò: non aveva mai mostrato interesse per lui prima d’ora, quindi perché proprio ora?’ Era come se fosse automatico per lei — mostrati interessata a qualcuno così hai il permesso di chiedere un favore.

      Disse, ‘Siete molto esigenti voialtri, continuate a volermi far fare cose per voi. Cosa sono, il nuovo garzone tra gli schiavi?

      â€˜Ok, va bene, eri l’unico in giro e ho pensato che ti potesse piacere la proposta. Ci si vede in giro.’

      â€˜Che cos’è che vuoi?’ disse. Forzandosi di rendere la sua voce annoiata sebbene fosse veramente incuriosito e volesse vederla di nuovo.

      â€˜Non essere così sulla difensiva. Hai la macchina, vero?’

      â€˜Perché?’

      â€˜Voglio che mi porti da qualche parte stasera.’

      â€˜Hai intenzione di intervistare qualcuno su tutta questa corruzione?’

      â€˜Puoi farlo o no? Risposta semplice, sì o no.’

      Non poteva dire se lei si stesse infastidendo o no — quel tono sembrava essere la sua impostazione predefinita — così non reagì.

      Prendendo altro tempo disse, ‘Non ti può portare Cliff o uno della sua squadra?’

      â€˜Se avessi voluto che uno di loro mi portasse glielo avrei chiesto, giusto?’

      â€˜Difficile da dire. Sei così diplomatica.’

      Prima che lei ribattesse lui le chiese dove sarebbero andati e lei disse che era fuori a Coundon, alla fine di Holyhead Road. Paul era stato da suo cugino Derek’s Christening da quelle parti da ragazzo, ma non conosceva la zona. Sapeva che c’era un centro commerciale in cui si trovava il vecchio stabilimento Alvis, perché suo padre gli aveva detto che là aveva comprato un frigorifero alla Comet, prima che fallisse. Aveva un vago ricordo del fatto che Alvis avesse costruito carri armati per l’esercito prima di essere venduto.


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