L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria. Cesare Lombroso

L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria - Cesare Lombroso


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problemi sociali, uno desta più il desiderio di una soluzione sicura e precisa: quello della influenza che esercita la civiltà sul delitto e sulla pazzia.

      Se noi ci atteniamo alle nude cifre, certo il problema par bello e risolto, perché esse ci mostrano un aumento nel numero dei delitti e delle pazzie, quasi per ogni anno che corre, aumento sproporzionato a quello della popolazione[26].—Ma molto opportunamente il Messedaglia fa, in proposito, riflettere la grande probabilità di errore cui va incontro chi voglia risolvere, su semplici dati numerici, problemi complessi, in cui entrano parecchi fattori ad un tempo. Potrebbe, infatti, il maggiore aumento, così dei reati come delle pazzie, spiegarsi per le modificazioni delle leggi civili e penali, per una maggiore facilità alla denuncia ed al ricovero, specialmente dei pazzi, vagabondi e minorenni, e per una maggiore attività della polizia.

      Una cosa par certa (e noi ne toccammo a lungo più sopra, p. 253), che la civiltà abbia la sua, come ben la chiama il Messedaglia, criminalità specifica, ed una n'abbia, a sua volta, la barbarie. Questa, ottundendo la sensibilità morale, scemando il ribrezzo agli omicidi—ammirati spesso come atti d'eroe—considerando la vendetta un dovere, diritto la forza, aumenta i delitti di sangue, le associazioni dei malfattori, come fra i pazzi le manie religiose, la demonomania, le follie di imitazione. Ma i legami domestici sonvi molto più forti, l'eccitamento sessuale, le smanie dell'ambizione assai minori, e quindi molto meno frequenti i parricidi, gl'infanticidi ed i furti.

      I tipi di civiltà che l'uomo ha finora creato—scriveva Guglielmo Ferrero—sono due: la civiltà a tipo di violenza, e la civiltà a tipo di frode. L'una e l'altra differiscono fondamentalmente per la forma che assume in esse la lotta per l'esistenza. Nella civiltà a tipo di violenza, la primitiva, la lotta per la vita si combatte essenzialmente con la forza: il potere politico e la ricchezza sono conquistati con le armi, sia a danno dei popoli stranieri, sia a danno dei concittadini più deboli: la concorrenza commerciale tra un popolo e l'altro è combattuta sopratutto con gli eserciti e le flotte, cioè con l'espulsione violenta degli antagonisti dai mercati che si vogliono sfruttare comodamente da soli; le liti giudiziarie sono risolute col duello. Nella civiltà a tipo di frode, la lotta per l'esistenza è combattuta invece con l'astuzia e con l'inganno; ai duelli giudiziari subentra la guerra di cavilli e di raggiri degli avvocati; il potere politico è conquistato non più con gli scudi di ferro, ma con gli scudi d'argento; il danaro è attirato dalle tasche altrui con frodi e con malìe misteriose come i giuochi di borsa; la guerra commerciale è combattuta con il perfezionamento dei mezzi di produzione e più ancora dei mezzi di inganno, vale a dire con abili falsificazioni che diano al compratore l'illusione del buon mercato[27].

      Alla civiltà del primo tipo appartengono od appartennero la Corsica, in parte la Sardegna, il Montenegro, le città italiane del Medio-Evo, e in genere quasi tutte le civiltà primitive. Alla seconda invece appartengono tutti i popoli civili moderni, quelli cioè in cui il regime capitalistico borghese si è interamente sviluppato in tutte le parti del suo organismo.

      La distinzione fra i due tipi—però—non è così assoluta nella realtà come nella teoria, perchè talora nel seno di una stessa società si mescolano alcuni caratteri di un tipo e alcuni dell'altro.

      E poichè la patologia segue anche nel campo sociale identico processo della fisiologia, noi ritroviamo questi due mezzi di lotta anche nella criminalità.

      Noi assistiamo infatti al manifestarsi parallelo di due forme di criminalità: la criminalità atavica, che è un ritorno di alcuni individui, la cui costituzione fisiologica e psicologica è morbosa, ha dei mezzi violenti di lotta per l'esistenza che la civiltà ormai ha soppresso: l'omicidio, il furto e lo stupro; e la criminalità evolutiva, egualmente perversa nell'intenzione, ma assai più civile nei mezzi, giacchè ha sostituito alla forza e alla violenza, l'astuzia e la frode[28].

      Nella prima forma di criminalità non cadono che pochi individui fatalmente predisposti al delitto; nella seconda possono cadere moltissimi, tutti quelli che non posseggono un carattere adamantino, capace di resistere alle malsane influenze dell'ambiente esteriore.

      Sighele giustamente nota che il fenomeno si riproduce più in grande nelle due forme di criminalità collettiva, propria, l'una della classe elevata, l'altra dell'infima classe sociale. Da una parte abbiamo i ricchi, i borghesi, che nella politica e negli affari vendono il loro voto, la loro influenza, e per mezzo dell'intrigo, dell'inganno e della menzogna, rubano il danaro del pubblico; dall'altra parte abbiamo i poveri, gli ignoranti, che nei complotti di anarchici e nelle dimostrazioni e nelle sommosse, tentano ribellarsi contro la condizione che loro vien fatta e protestano contro l'immoralità che scende dall'alto.

      La prima di queste due forme di criminalità è essenzialmente evolutiva e moderna; la seconda è atavica, brutale, violenta. La prima è tutta di cervello e procede con mezzi d'astuzia, quali la appropriazione indebita, il falso, la frode: la seconda è in gran parte di muscoli e procede con mezzi feroci: la rivolta, l'omicidio, la dinamite.

      L'Italia di questi ultimi anni ha pur troppo offerto lo spettacolo rattristante dello scoppio simultaneo di queste due criminalità. Abbiamo avuto nello stesso tempo in Sicilia il brigantaggio, le rivolte delta fame, cui una pietosa o interessata menzogna ha prestato altri nomi ed altri motivi,—e a Roma, collo scandalo bancario, le grasse immoralità delle classi ricche.

      Noi vedemmo nei vol. I e II gli esempi della criminalità sanguinaria speciale e associata al Medio Evo.

      Perchè, qualcuno chiederà: «Se in tempi antichi le associazioni criminose esistevano dappertutto, perchè la pratica loro si conservò solo in alcuni paesi (Napoli), e si spense negli altri?» La risposta è trovata pensando alle condizioni poco civili del popolo e del governo soprattutto, che manteneva e faceva ripullulare quella barbarie, prima e perenne sorgente delle malvagie associazioni.

      «Finché i governi si ordinano a sêtte, sentenzia assai bene d'Azeglio, le sêtte si ordinano a governi». Quando la posta regia frodava sulle lettere, quando la polizia pensava ad arrestare gli onesti patriotti, e trafficando coi ladri, lasciava libertà ad ogni eccesso nei postriboli e nell'interno delle carceri, la necessità delle cose contribuiva a proteggere nel camorrista chi poteva mandarvi un plico sicuro, salvarvi da una pugnalata nel carcere, o riscattarvi a buon prezzo un oggetto rubato, od emettervi, in piccole questioni, dei giudizi forse altrettanto equi e certo meno costosi e meno ritardati di quelli che potevano offrire i tribunali.

      Era la camorra una specie di adattamento naturale alle condizioni infelici di un popolo reso barbaro dal suo governo.

      Anche il brigantaggio era spesso una specie di selvaggia giustizia contro gli oppressori. Al tempo della servitù in Russia, i moujik, indifferenti alla vita, provocati da sofferenze continue di cui niuno si preoccupava, erano pronti a vendicarsi coll'omicidio, come ben ci mostrò un canto rivelatoci da Dixon. Non v'è (dice il noto autore dello studio sulle prigioni in Europa) famiglia grande di Russia che non abbia un massacro dei suoi nella storia di famiglia. La mancanza di circolazione dei capitali, e l'avarizia, spingevano i ricchi dell'Italia meridionale ad usure e malversazioni contro i poveri di campagna, che non sembrano credibili. A Fondi, scrive il Jorioz, molti divennero briganti in grazia delle angherie del sindaco Amante.—Coppa, Masini, Tortora, furono spinti al brigantaggio dai maltrattamenti impuniti dei loro paesani.—I caffoni (diceva alla Commissione d'inchiesta il Govone) veggono nel brigante il vindice dei torti che la società loro infligge.—Il sindaco di Traetto, che si spacciava per liberale, bastonava per istrada i suoi avversari, e non permetteva loro di uscire alla sera.—Le questioni che nascevano fra i ricchi ed i poveri, per la divisione di alcune terre appartenenti ad antichi baroni, il cui possesso era dubbio, ed era stato promesso a tutti, ed in ispecie ai poveri coloni, gli odi che dividevano i pochi signorotti dei comuni dell'Italia meridionale, e le vendette esercitate contro i clienti degli uni e degli altri, furono cause precipue del brigantaggio. Sopra 124 comuni della Basilicata, 44 soli non diedero alcun brigante; erano i soli comuni dove l'amministrazione era ben diretta da sindaci onesti.—Dei due comuni, Bomba e Montazzoli, vicini a Chieti, il primo, ove i poveri erano ben trattati, non diede briganti; mentre il secondo, ove erano malmenati, ne fornì moltissimi.—Nelle piccole terre dell'Italia meridionale, osserva assai bene il Villari, vi ha il medio-evo in mezzo alla civiltà moderna; solo che invece del barone


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