Fame usurpate. Vittorio Imbriani

Fame usurpate - Vittorio Imbriani


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non caduco e nuovo.

      Quant'è vero quest'uomo che stima un'ora di vita in patria, più che l'eternità in cielo! quanto è vero questo letterato che apprezza più la fama terrena della beatitudine paradisiaca! Ma l'ultimo verso stona; l'impressione sublime de' precedenti è ammorzata da quella gelida filza d'aggettivi qualificativi, che terminerebbe degnamente l'allocuzione d'un professor di quarta ginnasiale nell'assegnare agli allievi un tema di esercitazione rettorica. Nè si scusi l'Aleardi citando Dante:

      Pareva a me che nube ne coprisse

      Lucida, spessa, solida e pulita.

      In una descrizione di cosa materiale, que' quattro aggettivi, che ne determinano le qualità essenziali, sono necessari; ma i quattro aggettivi appiccati da lui al carme, rivelator di meraviglie inaudite, ne indicano qualità, che si sottintendevano e ch'egli escogita con la riflessione.

      Nell'Ardelia di Messer Baldessar Olympo da Sassoferrato Nella quale si contiene Sonetti Capitoli Dialoghi Frottole et Strambotti Et di nuovo con ogni diligentia Stampata et ridotta in una bella e nuova forma; opera pubblicata, come in calce all'ultima pagina: In Venetia per Dominico de' Franceschi al segno della Regina 1569; trovo parecchie Ottave di Epitetti (sic) bellissimi di Baldessare Olympo da Sassoferrato in laude di Leontia. Sono una sfuriata prima di aggettivi e poi di sostantivi; e veramente questo genere di poesia, che si direbbe imitata dall'Aleardi, non richiede isforzo grande di fantasia. Eccone per saggio una stanza:

      — «Unica, eccelsa, singulare, grata,

      Gentil, soave, gratiosa e honesta;

      Piacevole, gioconda, accostumata,

      Inclita, saggia, famosa, modesta;

      [pg!76]

      Ingeniosa, accorta, vaga, ornata,

      Humil, pietosa, dolce, pia e presta;

      Celeste, amena, ludibonda e lieta,

      Tepida, pura, angelica e discreta.» —

      Deh, perchè tutti i canti non sono pari a' pochi brani surriferiti? Allora l'estetico saluterebbe con gioia in Aleardo Aleardi, se non il — «quinto gran poeta Italiano,» — come ha detto qualche imbecille, che non conosceva di certo ne l'Alfieri, ned il Leopardi, ned il Manzoni, di certo una nostra nuova gloria. Mentre invece ora queste gemme, rari nantes in gurgite vasto, servono solo a dimostrare non esserci letamajo, nel quale non possano scavizzolarsi perle. Basterebbe aver pazienza e stomaco da razzolarvi, e chi sa? potrebbero trovarsi dei galantuomini sugli stalli della sinistra parlamentare. Ma quando in un tutto artistico qualcosa non riesce, esso è sbagliato come tutto, per quanto alcune singole parti possano essere buone in sè, e quindi l'autore ha prodotto un'opera senza pregio e valore. Un'immagine indovinata non può salvare un componimento pessimo del resto; giacchè una sola immagine basta unicamente a formare l'epigramma, genere di componimento, pel quale riconoscemmo gran disposizione nell'Aleardi.

      Il poeta non è dotto, ned istoriografo; dottrina e poesia son due: possono coincidere, possono divergere. Non so immaginar cosa più ridicola del pretendere ad un merito poetico versificando nozioni geologiche od isteriche o rendendo inintelligibili i versi senza un buon corredo di noterelle. Ma non è poi lecito, quando uno vuol darsi l'aria del dottore, d'incorrere in quegli svarioni, che fanno scoppiare i precordi dalle risa e giustificano lo scherzo: doctores a docendo, sicut montes a movendo. Estendere la passione delle reminiscenze e del rettorico fino ai farfalloni, l'è un po' troppo. Nè vale per iscusa il provare che l'errore fu tenuto ieri per verità inconcussa: oh bella! tu vivi oggi; e, se se' savio, hai da vivere [pg!77] com'usa oggi. Se tutto muta! Non più d'un dieci anni fa, quando ottenevi da una signora il ritratto, potevi tenerti sicuro dal fatto tuo, anzi le belle facevano quasi quasi più difficoltà per accordarti la miniatura, che per concederti i sommi favori: adesso, invece, possediamo la fotografia di chi ci pare, e nessuna l'ha per male e non implica nulla. Fosse del pari agevole l'aver gli originali in braccio! Se quindi uno scrittore, ora, facesse andare in bestia qualcuno, solo perchè scopre il ritratto della sua donna in mano ad altri, farebbe una castroneria. In simili castronerie incorre parecchie volte il Nostro.

      È egli lecito d'impiegare ben sedici versi a maledire quel valentuomo, anzi grand'uomo, che fu Omar ed a compianger l'uman genere per lo incendio della biblioteca alessandrina, che i bimbi a scola imparano il prelodato Omar non aver mai bruciata, perchè già distrutta prima di lui? Stupisco che l'Aleardi calunni un nimico melensamente, uniformandosi a' suggerimenti di Don Basilio. È egli permesso di chiamare il tedesco

       ..... ispido nipote

       Dei Nibelungi da la fulva chioma,

       ..... gentil favella,

       Che non ha madre, che non ha sorella,

      creando un nuovo fenomeno filologico? Una lingua prima e senza parentele! È egli perdonabile di battezzare per Cimbri i tedeschi? Mah! e dire che Aleardo Aleardi sprofessoreggia, la fa da professore in Firenze! [pg!78] Sia però notato a lode de' fiorentini, l'uditorio di lui comporsi di qualche inglesaccia sfiancata, di qualche damina emancipata, del loro codazzo e degli amici del professore. L'Italia impiega pur bene i danari, che gli snocciola! Pagherei una lauta mancia, sborserei una larga cortesia, a chi potesse dimostrarmi, che l'insegnamento di lui è stato fecondo del benchè menomo frutto.

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