Fame usurpate. Vittorio Imbriani

Fame usurpate - Vittorio Imbriani


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il mondo possiede e fa nomarsi

      Dritto: la man degli avi insanguinata

      Seminò l'ingiustizia; i padri l'hanno

      Coltivata col sangue, e ormai la terra

      Altra messe non dà; —

      versi che Aleardo Aleardi copia così:

       L'odio fu sparso, il postero

       Raccoglierà vendetta.

      Lo stesso Manzoni vi rappresenta Alboino che sale sopra 'l monte, rivolge in giù lo sguardo all'Italia e sclama: — «Questa terra è mia!» — Ed Aleardo Aleardi imita:

       .... Or su que' sassi... si sdraja

       Il vïennese sordido gregario:

       Stende le membra, del bastone esperte,

       Plebeamente, e, accesa l'acre foglia

       Americana, guarda in ver le pingui

       Venete valli e le lombarde e dice:

       «Quelli son miei poderi.»

      E, (salta agli occhi) imita con ben poco discernimento. La esclamazione, dal Manzoni acconciamente suggerita ad Alboino Re, non istà bene sulle labbra dei poveri soldati tedeschi, i quali, come gli avrebbe dovuto insegnare il suo povero Beppe:

      .... Re pauroso

      Degl'Italici moti e degli slavi

      Strappa a' lor tetti e qua senza riposo

      Schiavi li spinge per tenerci schiavi!

      [pg!63] Ci vuole anche un po' di criterio per utilizzare ammodo gli spogli è gli excerpta fatti nello scartabellare i buoni autori: non foss'altro per non somigliare alla moglie del tintore. Un giorno che aveva bisogno di cenere per le stoviglie o pel bucato, dà di piglio ad una catasta di guado e di verzino, credendo fosse roba di scarto; e con buona alchimia da cinquecento lire di droghe trasse cinquazei centesimi di cenere.

      Il Byron, sclamando:

       Know ye the land where the cypress and myrtle

       Are emblems of deeds that are done in their clime?

      con quel che segue, ha imitato il Goethe, che nel Guglielmo Maestri fa dire alla sua Mignon:

       Kennst Du das Land? wo die Citronen blühn

      eccetera. Il fatto è innegato: quella splendida introduzione ad uno dei più cari poemetti dello irrequieto inglese, venne aggiunta sulle bozze di stampa; è da lodarsi di non avere rifuggito dall'imitare. Ed il Goethe ed il Byron han date stupende descrizioni, idealizzando la natura di due contrade a loro cognite e memorande. E la forma interrogativa ne' loro versi non è arbitraria, anzi ha un significato: indica la nostalgia degl'interlocutori, quel desiderio intensamente appassionato, il quale non può credere ignoto ad alcuno l'oggetto dell'affezione nostra, e chiama tutti a testimoni che si ha ragione di amare. Ma quando Aleardo Aleardi sul serio ti chiede:

       ..... Hai tu veduto

       Ne la convalle di Siddim profonda,

       Sotto il nitido ciel di Palestina,

       Hai veduto brillar sinistramente

       La laguna d'Asfalte?

      questa interrogazione è rettorica, perchè senza ragione d'essere, mera scimmieggiatura. Quando il Nostro, parlandoci d'un prigioniero che ritrae sulle mura del carcere la sua ganza, chiama arte di Giotto la pittura; questa denominazione parafrastica è rettorica, [pg!64] perchè il povero Ambrogio Bondone qui non c'entra: il richiamarcelo in mente ci distrae dal prigioniero e dal suo triste sollazzo; mentre invece altrove, come ho avvertito, il tedesco è stupenda e caratteristicamente chiamato lingua di Lutero, rammentando così tutto l'odio che ogni Italiano vuoi cattolico, vuoi incredulo, deve alla nazione che generò quel secondo periodo di barbarie e di recrudescenza fanatica addimandato Riforma. Le descrizioni dell'inverno islandese e simili, sono rettorica nell'Aleardi, perchè il paragone serve solo a determinare e caratterizzare il termine principale, a compierne il fantasma; ed ove diventi un tutto per sè, una cosa autonoma: ove lo scrittore nel pennelleggiarlo ecceda i limiti e dimentichi il principale, dobbiamo conchiudere che il poeta patisce di distrazioni, id est che non è potentemente preoccupato dall'essenziale, che non ne è quindi commosso. Ecco perchè tali strampalataggini convengono agli umoristi, a' quali importa mostrarsi fuori et al disopra della poesia. La scelta de' paragoni non è concessa all'arbitrio del poeta; non gli è mica lecito di adoperar questo o quello, a capriccio, perchè nuovo, perchè gli va a sangue, per una sua fisima, perchè così gli pare e piace. Gnornò: le similitudini hanno una necessità logica derivata dal sentimento, dal soggetto, dal carattere che volete esprimere; e quell'Italiano, il quale, per mostrare come l'anima sua, risalendo i tempi, migri agli anni della giovinezza, descrive in trentun versi i cigni che migrano d'Islanda in Grecia, doveva proprio aver l'animo più freddo del naso d'un gatto o vogliam dire (per non incorrere nella colpa che riprendiamo) più fredda delle ghiacciaje che circondan l'Ecla.

      [pg!65]

       Indice

      Mai non disse Aleardo Aleardi la più giusta cosa, che quando fece reclamare dalla sua musa come proprio retaggio

       ..... Fucate fantasie, vestite

       D'arte caduca.

      Infatti, chi, per mancanza di concetti e di sentimenti, nonchè di forma e di pensieri proprî, è costretto a vivacchiare di accatto e d'impostura, cerca per istinto necessario o per necessità istintiva, di nasconder questa menda esaggerando2, spaccando e rinvergando in cose estranee alla poesia le quali egli falsamente giudica fregi ed ornamenti, l'originalità, la virtù di piacere, che la steril sua fantasia è impotente a dargli. Questi mezzucci riescono spesso ad illudere e si scrocca fama di poeta; ma, trascorso il primo bollore, vien riconosciuto che lo scrittore è precipitato nel goffo, nel mostruoso ed ha sconfinato dalla poesia. Così talvolta una vecchiaccia, o rinsecchita od adiposa, a furia di perrucchini, di belletto, di bambace, di fascette, di polvere di riso e d'altri simili ordigni e cosmetici, giunge a simulare un'apparenza di grazia e di gioventù; e (l'uomo è fragile!) può farti scusabilmente girare il capo come un arcolajo per minuti cinque. Ma dopo i cinque minuti di capogiro scusabili, come la ti ha concesso un favore e l'effervescenza del sangue calmandosi toglie il momentaneo velo all'occhio, saresti inescusabile se non sapessi vederla nella schifosa realtà sua ed abborrirla.

      Il nuovo piace anche a me: cui non piace? Pure, cosa intendete per nuovo? La novità non istà per Aleardo Aleardi nell'incarnare ne' suoi componimenti concetti e sentimenti così connaturati, che diano una [pg!66] impronta particolare, singolare a' pensieri, alle immagini, alla lingua, al verso. Egli spesso si figura di ringiovanire il triviale e l'altrui che costituiscono il fondo della sua poesia, aggiungendovi de' ghirigori superflui, degli ammennicoli inutili, frammischiandovi qualche barbaro o strano vocabolaccio. Ha molto del secentista, come del resto quasi tutti i più vantati del secolo fra gli stranieri. Del pari Bernardino di San-Pietro non ravvisava il merito del suo Paolo e Virginia nello aver creato delle persone vive o nell'importanza del concetto poetico e sociale; bensì nell'aver posta la coppia innamorata fra gli insoliti banani e palmizî, invece di collocarla fra le querce e le ficaje consuete.

      Esemplifichiamo.

      Il poeta non è botanico, nè la botanica è poesia. L'insopportabile abuso, che fa l'Aleardi di termini tecnici, i quali talvolta mi mascherano stranamente le più note pianticelle, non ha senso, ed esaspera il lettore. Mi ricorda la rabbia del vecchio cortigiano Behrisch, il quale avea riempita una delle stanze assegnategli per alloggio nella duchesca di Dessavia, con graste di geranî, pianta


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