Fame usurpate. Vittorio Imbriani
Ma così, come l'Aleardi li ha rappresentati: primo, l'impedimento, rimanendo troppo nel vago, sa del capriccio irragionevole; e, secondo, la rassegnazione sa d'impotenza. Il poeta non ha sentito: non v'è strazio di sorta in lui.
Non v'è di che stupire. L'amore è abnegazione, oblio di sè: come può dunque amare un autolatra? Chi non vede che sè solo dappertutto, non può provare alcuna maniera di affetto. E questo è il caso nell'Aleardi anche per l'amor filiale: più lo decanta, più ne ostenta, e meno ci commuove. Se fra' cani ci fosser de' verseggiatori, forse a qualche o bracco o levriere o barbone od alano o mastino o molosso potrebbe condonarsi il dire:
..... ne la deserta
Mia cameretta ancor sento il celeste
Tuo profumo di santa;
ma per la genitura o meglio progenitura di Giapeto, un figliuolo che fiuta od annusa la madre è una immagine ridicola, ed un profumo di santa non si sa cosa sia. Nè mi si citi la Novella sesta della seconda giornata del Decameron, dov'è detto: — «Il figliuolo, quantunque molto si maravigliasse, ricordandosi di averla molte volte avanti in quel castello medesimo veduta e mai non riconosciutola, pur nondimeno conobbe incontanente l'odor materno e sè medesimo della sua preterita trascuraggine biasimando, lei nelle braccia ricevuta lagrimando teneramente basciò.» — Che odore in questo brano non indichi cosa che agisce sull'olfatto, è chiaro. La Crusca registra lo squarcio come esempio di odore nel senso d'indizio o sentore; e dopo — «conobbe incontanente l'odor materno» — aggiunge parenteticamente — «cioè la raffigurò.» — La spiegazione letterale non parmi soddisfacente, ma non importa. La brutal metafora del Boccaccio non era da prendersi per ingemmarne una lirica.
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VII.
La passione è femmina, il concetto è maschio; quella vuol esser fecondata da questo per produrre un portato poetico. L'animo dello scrittore il paragono ad un areme, un gineceo, un serraglio; i suoi affetti mi rappresentano le odalische; ed il concetto figura il pascià che gitta il fazzoletto a qual più gli aggrada. Nella Real Casa dell'Annunziata di Napoli, (di squallida risorta ampliata, come vi dice una lapide insulsa, che ricorda il celebre: L'un era padovano e l'altro laico) dove con pochissima carità si diseducano le projette, v'era e v'è forse ancora una usanza singolare: stretta clausura tutto l'anno, ma il giorno della festa del luogo, le porte si spalancano o spaparanzano (come s'esprime energicamente il dialetto partenopeo, con parola, che secondo il Manzoni, la lingua Italiana gl'invidia). Chiunque voglia entrare e visitare il brefotrofio, padrone. Le educande, in gran montura, stanno impalate lì come tanti capi di merci in vendita; e se alcuna mi dà nel genio, posso scegliermela e sposarla su due piedi e crearne una madre-famiglia: non c'è memoria che un'esposita avesse rifiutato un pretendente per quanto laido, scontraffatto, decrepito e scostumato, che una cosa anelano esse tutte più che lo Ebreo la venuta del Messia: di liberarsi dalla bolgia, dalla tomba, in cui gemono; in cui sono oppressi i polmoni, depressi gli spiriti; dove non si può nè respirare nè sperar bene. Appunto quelle innocentine somigliano alle disposizioni dell'animo nostro, che si precipiterebbero col più scapestrato concetto, pur di uscire da' muti claustri della mente, e vivere nella luce e nello splendore della parola. Ogni componimento implica un concetto, che n'è l'anima, ch'è il pensiero il quale in esso risiede e s'incentra, facendone un microcosmo. Sparito il concetto, ogni poesia sfigurerebbe; la più zeppa e ridondante d'immagini vaghe sarebbe soltanto un mucchietto di preziose gemme. Perchè [pg!43] le gioie si spietrino; e, come nel mito indiano sotto la mano prepotente della divinità, divengano membra di sommo splendore e fattezze d'impareggiata avvenenza e vita: bisogna che il signor concetto sopprima con un colpo di stato l'autonomia delle singole parti ed immagini, subordinandole ad una unità superiore. Allora il componimento addiventa un tutto organico, acquista coscienza e significato. Il Carteromaco, nel sesto canto del Ricciardetto, ha un bel paragone che qui quadrerebbe:
Come il pittor ch'a mosaico si dice,
Dev'esser il poeta a mio parere;
E quegli è riputato il più felice,
Che meglio accoppia pietre bianche e nere
E rosse e gialle: e poi di tutte elice
Una fera, una donna, un cavaliere.
Così deve il poeta, se sa fare,
Di varie cose il suo poema ornare.
Le pietruzze variopinte son le immagini singole, il concetto è appunto quella figura che risulta dal compaginarle. Il concetto pare dunque la più capace affermazione in cui si concreti il sentito dal poeta: se lo scrittore avesse male o deficientemente sentito, la riflessione genitrice del concetto, mancherebbe di sustrato, di un objetto sul quale esercitarsi. Nè mi si opponga il trovarsi qualche rara volta alti concetti senza punto sentimento, puta, nelle liriche di Giovambattista Vico. È vero, quindi nol nego. Ma non essendo stati sentiti, anzi solo pensati, que' concetti non si trasformarono di scienza in poesia; commuovono forse l'intelletto ma non la fantasia. Ed occorre non dimenticar mai, che scienza e poesia, quantunque spesso coincidano, sono essenzialmente due. Esaminiamo un po' qualche concetto de' componimenti di Aleardo Aleardi.
Chi non ripensa frequentemente un'Ora della sua giovinezza, divenuta momentosa per l'intera esistenza? Od anche le ore più volgari della prima età? Il trovarsi oppresso e stanco dalla ricchezza di contenuto [pg!44] della vita; il guardarsi indietro vagheggiando l'insulso tempo infantile, quando e' si vegetava; è umana cosa. Accade talvolta momentaneamente alle anime più robuste, vieppiù spesso alle fiacche ed imbecilli. Questo rimpianto, manifestato sotto forme adatte ad esprimere ciò che può esser solo un sentimento passaggiero, un accesso acuto, ha la sua ragion d'essere come ogni sentimento, e ci appaga negl'Idilli, nelle Romanze, nell'Elegie, che so! Se vien adoperato umoristicamente, meglio ancora. Ma non puole affermarsi con serietà in un lavoro a pretensioni e proporzioni colossali, che appena l'approfondisci, salta agli occhi quanto ha in sè di buffo, di ignobile, d'antipoetico, di gretto. Ed è così facile il cadere nell'indeterminato e nel declamatorio! — «Gli animi della fanciullezza» — scriveva il Leopardi — «sono, nella memoria di ciascheduno, quasi i tempi favolosi della vita; come, nella memoria delle nazioni, i tempi favolosi sono quelli della fanciullezza delle medesime.» — In quel modo che il popolo Romano a' tempi di Augusto non poteva rimpianger sul serio il Regno di Saturno, in quel modo che il collegio de' cardinali non brama sul serio d'esser ricondotto a' tempi degli apostoli; ciascun di noi non vagheggia sul serio com'ideale l'adolescenza, neppure i più scontenti della propria vita posteriore. Che, badate, particolarmente poetica, non è la giovinezza in sè, bensì quel grande sperare che si fa in essa ed il cui risolversi in fumo è tanto tragico. Dunque non m'hai da diffonderti troppo ne' particolari, non hai da infilzarmi prolisse querimonie da donnicciuola; anzi devi sapermi evocare splendidamente ma sobriamente con qualche immagini potenti, quell'epoca di beata inscienza ed incoscienza; farneticare di ciò che avrebbe potuto essere, che saresti potuto divenire; e poi con un tratto, con una parola, richiamarmi, revocarmi al presente amaro, nudo, sconsolato. Così mi seduci; t'impossessi dell'animo mio; e non mi lasci campo di riflettere e dirti: — «Che diamine! Non t'avvilire! Sii uomo!» — Aleardo Aleardi, invaso [pg!45] dalla stanchezza della virilità, rimpiange la quietitudine dell'animo puerile, il babbo, la mamma; racconta come una fiata, cavalcando a diporto, gli paresse di vedere co' proprî occhi ricombatter la battaglia di Rivoli; come, nel tornare a casa, pensasse alla Polonia; e, giunto alla tomba d'una fanciulla scannata dal ganzo, le imponesse di apparire per dargli notizie dell'insurrezione di allora (MDCCCXXXI); e come la donzella emergesse dal sepolcro per dirgli:
..... la vergine polacca...,
Or che ti parlo è già meco sotterra;
e come quindi una femmina vestita tricolore, velata tutta d'iridi sacre, nientemeno che l'Itala Musa in persona, intervenisse e sclamasse: