I suicidi di Parigi. Ferdinando Petruccelli della Gattina

I suicidi di Parigi - Ferdinando Petruccelli della Gattina


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ed il malessere.

      E l'era proprio la posizione cui il dottore di Nubo occupava in società. E' si librava sull'ordine sociale. E' guardava dall'alto in basso le idee, i principii, i pregiudizii, le passioni, gl'interessi, quali, per una convenzione tacita, li si erano stabiliti ed accettati.

      Arrogesi a ciò, che quella vita di uccellatore non lo aveva punto arricchito.

      Il dottore spendeva con una prodigalità reale. Ora, per soddisfare a questi gusti assorbenti, occorreva una fortuna di Nabab. E' guadagnava certo, moltissimo, per tutti i mezzi; ma la ricchezza non faceva che traversar le sue mani.

      In questa situazione di spirito, in questa posizione sociale, il dottore erasi più di una fiata dimandato:

      —«Che addiverrò io nella vecchiaia, quando le mie forze saranno paralizzate, e la mia intelligenza sarà presso a poco ossificata?»

      Inclinato al fatalismo, e' si fermò poco su questa considerazione. Ma dessa ritornava e ritornava poi inesorabile, ed accampava nel suo spirito con altrettanta e maggior persistenza che l'età sua avanzava; che i suoi proventi si assottigliavano; che le sue morali facoltà perdevano della loro sofficità e del loro rimbalzo. Inoltre, i dubbii cumulati poco a poco, goccia a goccia, sul suo conto, cominciavano adesso a pigliar forma, sostanza, ed il carattere di sospetto.

      E' ritrovavasi precisamente nel parossismo di questa preoccupazione quando vide la gitanina, sulla piazza di Nicastro.

      Il dottore insegnava che il pensiero nasce nella polpa grigia del cervello come il fiore dalla terra, e che l'impressione esterna teneva luogo di semenza. Ora, la vita della zingarella; le inquietudini sul suo avvenire; il suo stato di afflievolimento; il disgusto della sua vita equivoca… s'incrociarono nel suo spirito, si compenetrarono a vicenda, formarono una mischianza tenebrosa, informe, nella quale lungo lungo la via, e' non vide, non comprese assolutamente nulla. Arrivò così alla vetta della montagna di Nicastro.

      Che la dottrina del dottore fosse buona o cattiva—ed è pur la nostra—chi à mai scandagliato a che tiene lo zampillar del pensiero, ove allogasi la sede della vita? Ciò che certo è, gli è che l'abbarbagliante lamina di oro—cui, di lontano, il sole ripercosso dal mare fece scintillare ai suoi occhi—dissipò come per incanto il caos ammonticchiato nel suo spirito, ed un'idea lo colpì.

      Di un lampo, egli percorse ed acciuffò il suo avvenire; formolò un progetto.

      Diede l'ordine di tornare a Nicastro. Ma allo scander misurato del passo del suo cavallo, gli avvenimenti, o, per meglio dire, i disegni, si svilupparono nella sua mente.

      —Io sono vecchio—pensava egli. Fra non guari non sarò più in istato di lottare, e meno ancora di spezzare la stolida corrente della società quale essa è. Sono solo. Quando non sarò più forte abbastanza per tenermi in piedi e fuori la portata della folla, io cadrò. Ed altri, che procedono di già sulle mie piste, passeranno sul mio corpo. La miseria, l'umiliazione, forse il castigo, si rovesceranno su me. Io ò bisogno di lusso. O' abitudini di benessere che esigono una spesa enorme, e quindi dei guadagni eccessivi. Il delitto, l'imbecillità, le passioni, e gl'interessi degli altri àn provveduto fin qui alla mia esistenza. Li ò trafficati e taglieggiati, tenendomi in guardia ed imponendomi quando invitato non ero. Poichè dessi vivevano nel male e del male, che io mi fossi angelo o demone, avevano a subirmi…

      Il conte si fermò un istante sul passato. Poi la sua meditazione si slanciò sulle onde dell'avvenire.

      —Fra poco—pensava egli—io non potrò più nulla di tutto ciò, e chi sa? Per una monelleria della provvidenza—come essi la chiamano—lo schifo, sì abilmente condotto per trent'anni, potrebbe naufragare alla fine su quella spiaggia inetta e goffa che si addimanda la polizia correzionale o le Assisi… Fermiamoci a tempo. D'altronde, proviamo un po' dell'altra linea—di quella che addimandasi retta, perchè tutta la plebe la segue più o meno, e perchè il Codice l'à autorizzata, la religione l'à consacrata. Perchè no? Con l'abilità di un jockey abituato alla corsa sur un cammino accidentato, la corsa sur una via piana potrebbe essere, egualmente profittevole. Ma, ad ogni modo, è mestieri munirsi di un parafulmine e di un paracadute, per qualunque cosa possa arrivare. Quella piccola zingara, la di cui bellezza si annunzia con tante promesse, potrebbe contenere la mia salvezza. Le darò un'educazione brillante e spigliata; le aprirò tutte le porte del gran mondo di Parigi; sarò un mistero per coloro che vorranno scandagliare le mie dovizie… Sia dunque per le speranze che si allogheranno sulla mia successione—speranze cui raddoppierò in raddoppiando di lusso; sia per l'abbagliante bellezza della fanciulla, ella si mariterà riccamente… o soccomberà come una regina. Allora finchè lo potrò, seguirò la mia via. Quando poi sarò stanco, quando il pericolo sarà sicuro, io avrò il mio piccolo nido assicurato nei di lei penati—il mio Hôtel des Invalides—prima del suicidio. Perocchè, se ella guazza fra i milioni, potrei io morire all'ospedale, o avvelenarmi?… I creditori, avendo a traversare i cortili di un palazzo circondato da giardini e popolati di servi, divengono trattabili. Le diffidenze si spunteranno, quando mi si saprà coverto della corazza d'oro di mia nipote.

      Questo progetto, materiale, volgare, sviluppato e seguìto in tutt'i suoi dettagli, spinto fino alle conseguenze le più remote dell'abiezione, dell'egoismo, della bassezza, del delitto, fermentò nello spirito del dottore.

      E' lo mise poi in atto, circondandolo di tutte le precauzioni e di tutte le attrattive che dovevano farlo riescire.

      Regina rispose a tutto, meravigliosamente. La macchina del conte di Nubo funzionò superbamente. Ella attirò tutti gli sguardi; svegliò tutte le avidità le più sfrenate. Regina ebbe un successo di voga nel mondo: fu alla moda, fu la lionne della stagione. Gli amorazzi, gli amoretti, le seduzioni, le tentazioni, le dimande in matrimonio piovvero a catinelle.

      Il dottore restò saldo.

      Regina però aveva indovinato lo scopo del suo allevatore, e con una certa leggerezza calcolata, gaissima d'altronde, glie lo aveva sviluppato un giorno in cui il suo pseudozio mostravasi un pochino più espansivo del consueto. Ella faceva vista, pertanto, di accomodarsi con docilità alla condotta del suo cornac—lo chiamava di questo nome—si lasciò pilotare, e si promise di giungere al porto con lui, combinando le sue proprie aspirazioni con i calcoli del suo exploiteur.

      Il conte di Nubo credè avere alla fine trovato il suo desideratum nella persona di Alberto Dehal, il banchiere svedese. Egli analizzò la fortuna del giovane alla lente d'ingrandimento, per suo proprio conto. In seguito, scoprì che Alberto, oltre i milioni, possedeva uno spirito meditativo, poetico, un po' vaneggiatore, ma colto e fino, un aspetto distintissimo, ed amava Regina alla follia. Con delle condizioni simili, il matrimonio fu subito abborracciato.

      Quando tutto fu definitivamente stabilito, il dottore significò il suo piano alla fidanzata.

      Regina si sentì profondamente ferita dai procedimenti del conte. Si tacque nonpertanto. Fece anzi sembiante di annuire. Però, nel suo foro interno giurò di liberarsi a proposito.

      Noi abbiam già visto ch'ella non vi mancò. E sappiamo ch'ella corre adesso sulla strada d'Inghilterra—non per le messaggerie, ove il dottore avrebbe potuto farla arrestare per telegrafo e dove si sarebbe trovata mista ad un mondo eccessivamente importuno nella sua situazione, ma in una bella sedia da posta, mollemente cullata nelle nuvole d'oro dell'amore.

      Sergio erasi fatto precedere da un corriere per preparargli i cavalli da rilievo.

      All'ora stessa, il dottore di Nubo, il quale aveva ripreso tutta la sua calma e si era rassegnato, leggeva al club la lettera di madama Augusta Thibault. E poco dopo, recavasi da lei.

       Indice

      Le consolazioni che non consolano.

      La bella vedova giaceva distesa sur una dormeuse, nel suo boudoir, in négligé di mattino, quantunque fossero già le 9 della sera. Ella aveva interdetto la sua


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