L'ora topica di Carlo Dossi. Gian Pietro Lucini

L'ora topica di Carlo Dossi - Gian Pietro Lucini


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i tasti, un mondo nuovo d'armonie.

      Certo, dall'altra parte, rispondono: il libro non è inerte mai; al tomo de subtilitate corrisponde l'anima lontana, ignota che si affaccia, tra i fumi e le nubi e diventa La Geniale. «A lei che verrà» dedica un esemplare della Vita di Alberto Pisani il 30 novembre 1870: ed il 23 settembre 1883 «... e non venne ancora» ed il 15 maggio 1889 «ne è ancor venuta» ed il 16 luglio 1891 «.... e forse non verrà più» ed il 1 dicembre 1893 «A lei finalmente apparsa!» Non per altra ragione, Alberto Pisani aveva scritto, nella casina del Mago, davanti alla finestra spalancata sopra la prospettiva del cimitero intimo e breve, Le due morali: egli le aveva destinate in mente ed in cuore, a quella sola Donna Claudia Salis, per cui sofriva; tutti li altri che potevano per avventura, leggerle non gli importavano. Era a codesta innocente Salomè di gioconda prestanza lombarda, ch'egli offriva, sopra il piatto cesellato e d'oro della sua sottile eloquenza, il viscere rosso e sanguinoso ancora palpitante che l'arte sua aveva saputo svellergli dal petto senza farlo morire, ed inchinava, in omaggio per l'amore ed il mistero, come Sordello il cuor dell'Eroe pel coraggio e la gloria, a quella desiderata sua già mai. — Libro; invito: è il gorgheggio del rossignolo inconscio e necessario; è il doveroso nitrito del polledro a primavera. «Come il giovane che, per pura esuberanza di vita, si avventura senza contar quanto ha e che può, in qualsiasi impresa o viaggio, compreso il più rischioso di tutto, il matrimoniale; le prime volte entusiasticamente scriviamo, non per pompa di arte, non per mire di gloria, ma solo perchè non potremmo non scrivere. La gola dell'usignuolo si è empiuta di note e deve cantare: Venere intellettuale s'è eretta e vuole uno sfogo. È l'epoca, questa, dei lavori sinceri, dei libri fusi e squillanti come campane, non dei connessi a mosaico e muti quali parete di carcere[14]».

      È allora che Carlo Dossi rinfrange la propria anima nel prisma dell'arte sua e proietta sullo schermo delle pagine bianche le semplici diversità dei proprii sentimenti, ciascun de' quali si impersona in un eroe, come ciascuna astrazione dell'iride si individualizza in un colore unito e categorico. Eccolo tramutato ne' suoi giovanotti pudichi ed irresoluti; si rivede in costoro, che aspirano dalla pelle e si riempiono di germinazione; sente le seduzioni che li turbano, che si riversano tumide, incomplete coi loro gesti seminudi ed interrotti di donna, col loro fruscio di vesti sganciate e cadenti, o di veli che affrettatamente ricoprono, coi bagliori di un seno intravvisto, collo schiocchio di un bacio improvviso, il succio del bacio reso, livida orma impressa. Li spiriti si liberano, si fondono; la creatura sopporta il suo doppio destino; l'erma quadrifronte del quadrivio riassume, nel passaggio delle età, dalla culla alla tomba; non variano che i lenocinii, i fronzoli di parata, le vesti decorative; Ciascuno è Tutti, nudo; dall'imperatore di genio alla lacera canaglia miserabile. Carlo Dossi continua la pubertà per lunghi anni operosi di letteratura; vi funziona in questo stato che richiede l'estetica del simbolismo, perchè appaja concreto, a sua imagine e somiglianza, il suo fatto d'arte. «La malinconia[15] lo aveva preso per mano e lo aveva condotto ad almanaccare, scoprendogli, una strana regione di spiriti che egli non aveva prima sospettato, un regno, se non di difficile entrata, d'impossibile uscita. — E ciò aveva scosso fortemente i suoi nervi, — sotto al chiarore del fantastico mondo, le cose del materiale gli si colorirono al doppio». Egli s'illumina interiormente; Les illuminations interieures avrebbero trovato, poco dopo, i simbolisti francesi; l'equivalenza si determina. Donde venivano: Gìa imbrunata di morte e pargoleggiante, col sorriso pallido e pur lieto; e Donna Claudia Salis, che si sostituisce alla Provvidenza e conduce al suicidio, dopo d'esser riuccisa, d'Alberto; e la Cassierina, che sciupata dalla golosità di un libertino, non si affretta ad evadere e va consumandosi; e Donna Ines, spagnolesca, cerea, ardente in cuore, che odia la luna piena ed odia e ama il fratello, apparsole già come un Arcangelo di fuoco e di maledetta soavità? Donde le figure feminili, circonfuse di un'aura strana, che non si possono definire, perchè sfuggono alla assidua nostra attenzione, trepide, in movimento, rapide a scomporsi ed a ricomporsi in ogni istante la fisionomia, ad illuderci, ad apparirci svelate e ricoperte di nuvole, di garze opache, lune rincorse e seguite dai cirri di una notte estiva, sotto cui scompaiono ed, avvolte, inargentano e sfrangiano di porpore sbiadite e di ori vecchi smunti? — I critici del tempo parlarono di Sterne, di Thakeray, di Gian Paolo Richter; è a me lecito di aggiungervi George Meredith: la morte apre le postierle alla pubblicità, come un bel delitto: — la morte, soleva dire Meredith, io non l'ho mai paventata ed è l'altra fronte della stessa porta. — E voglio ricordarvi le creature del suo spirito che guarda altrove — my mind looks elsewhere — amate, dopo trent'anni che già nacquero, dai giovani della letteratura di Francia come loro creature (curioso motivo di similitudine con Carlo Dossi): — e quelle vengono dalla Istoria di Cloe, ed altre da Diana dei Crossways.

      Nel coro s'intona Forestina: dalle selve vergini della sua novissima patria di castigo e d'immeritata relegazione, dal crepuscolo di una civiltà primordiale e sovvenuta, nelli sforzi dell'amore, della fede, ella si porge a Mario, il regressivo violento, gli dona amore, soavità, purezza ingenua ed incosciente, lo nobilita e lo riammette nelli uffici e nella utilità del consorzio umano: Forestina, nome fragrante di eriche e di timi silvestri; nome, anche, di crestaina milanese, sbocciata al fomento de' romanzi di Tarchetti e di Tronconi, per la polvere dei balli dei Filobaccanti, di cui, corega e maestro di casa eroico, si istituiva Bizzoni; Forestina, ripresa e sciupata dalla penna or mai stanca di Cletto Arrighi, se ne descrive li Amori; quella che parve, immeritamente, a Settembrini sorella spuria di Esmeralda, quando giudica victorhughiana La Colonia felice; come altri, per troppa presunzione, la rimettono, ed errano, pedissequa al romanticismo dei Masnadieri di Schiller.

      Ed anche ritornino dai Cieli, che imparadisano li Amori, le imagini, le statuine, i ritratti; e Ricciarda giovanetta dipinta e conservata immune dall'oltraggio de' secoli in pinacoteca; ed il bell'albero snello e schietto dalle foglie cangianti nel seguirsi delle stagioni, la Tillia; ed Elvira, alla cui morte pianse lagrime innamorate: e dalla Terra risorgano, per baci oscuri ma saporitissimi, Ester e Lisa ed Adele, la fraterna amica dell'amico ed Antonietta, intossicata d'amore: e, dal libro suo ancora, una diletta creata da lui, come per ideale incesto angelico, Gìa. Queste non suscitano nessun richiamo, nessun esempio nel cielo delle lettere nostre. Foscolo le aveva appena intravedute nella sua traduzione del Viaggio sentimentale e nel Gazzettino del Bel Mondo; Tarchetti le sorprese, in parte ma come Ninfe astute e maliziose s'erano rimbucate tra le frasche, nascoste, vivide e capziose nelle profondità di un panteismo illuminato da un raggio fantastico e cristiano; Manzoni le aveva ignorate; Victor Hugo rese enormi sino al grottesco. Queste del Dossi erano fuori ed oltre il classicismo ed il romanticismo. Poco prima, Aloysius Bertrand le aveva indicate dalle sue Fantaisies de Gaspard de la Nuit; meglio Baudelaire ne' Paradis artificiels; più lontano, Stendhal, allora sconosciuto ai più, fattosi Docteur Sansfin, gibboso e sperimentalista sulla natura viva, le aveva vedute balenare interrottamente. Sicuramente, l'ultimo aveva sorpassato la consuetudine e non aveva perduto il merito di continuare Rovani, come questo aveva continuato Manzoni; ma in modo diverso, nel suo modo.

      Per intanto, oggi, auspicati, gli porgo davanti, a parallelo, un Poil de Carotte, un Livre de Monelle, le Moralités Legendaires: Jules Renard, Marcel Schwob, Jules Laforgue, dovrebbero essere, ignorandolo, scolari del Dossi. La ragione rimane nello stesso momento morale: «Come[16] se non bastasse una vita astiosamente calma, or si trovava essicato quel sentimento che, a volte, a minuti, gliela faceva parere tal quale ei avrebbe voluto, senza pensare, che, spento il mezzo creatore d'ogni illusione, era pur spento quella per non ne sentir la mancanza». — Così, a dispetto della vita, che gli si rifiuta, viene la letteratura grande e pessima virtù d'ogni amarezza; non per questo, conoscendola, rinuncia, elegge il suo piacere doloroso e terribile, come l'ammalato d'amore torna ad amare per morirne; come l'intossicato dall'oppio e di morfina non dimette quei veleni della gioia amara che lo imparadisano e lo consumano. Che altro doveva fare il giovane Alberto se non scrivere sè stesso, sognare:

      «Des casques, des rouets, des livres, des épées,

      Des cierges, des bijoux, des billes, des poupées?»

      E la sua Principessa di Pimpirimpara, risponde a Lohengrin fils de Parsifal,


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