L'ora topica di Carlo Dossi. Gian Pietro Lucini
in fine, pubertà. Se intercorre tra i quindici e i vent'anni; se non ritarda con processo postumo — e ne diventa una malattia morale, che può dare dei frutti d'arte saporosissimi, ma artificiali ed esigenti di una passione un poco sadica; — se una buona costituzione mentale rifiorisce, si incomincia armoniosamente la prima tappa per la esperienza; si va alla conquista della coscienza delineatasi sul bene e sul male; si risolve in versi; i più forti la deviano a profitto della prosa.
In alcuni organismi privilegiati, e per ciò dolorosi d'esserlo, questo stato di continuo malessere, questo stato in divenire, perdura; li accompagna, fedele tormento e carnefice. — Pietro Verri nota, nel Discorso sull'indole del piacere e del dolore, che tutti li uomini che coltivano le scienze e le arti con buon successo, furono spinti dalla infelicità e dalla folla dei mali sulla laboriosa carriera che hanno battuto: ed a loro, così, vien concesso, per tale esuberanza, una valvola di sicurezza, per cui esce, in armonia ed in equilibrio, il troppo pieno della loro commozione. — Arte, rifugio, arte, romitaggio tranquillo, ma donde si espandono, donde non hanno più paura, nè di sè, nè delli altri, nè delle cose del mondo: — arte, che li rispecchia e perciò giudica li altri. L'arte li arma e li protegge, li avvalora; dai termini ambigui, dai dolori innominati e dal malessere, costoro, favoriti e cruciati insieme, si riverseranno nel libro; non nel libro del giorno, ma nell'opera dell'epoca; questo, che non si disperde, nè si dimette come un capellino alla moda, ma resta; ed è necessario che lo conosca, a riflesso del tempo, l'uomo civile.
La letteratura universale se ne avvantaggiò, ne conta i capolavori, siano La Vita Nova, o La Vita di Alberto Pisani siano L'Education sentimentale di Flaubert, o La Saison en Enfer di Rimbaud; precoce e restio, pei secoli, ciascuno, come Rousseau, ama dettare Les Confessions di fatti accaduti, o di fatti sentiti e per ciò più veri; e, l'uomo conservando il tono del proprio tempo, riesce oltre a dire la semplice personalità dell'uomo di natura. Romanticismo, se il tempo e le costituzioni saranno militari e reazionarie; simbolismo, se l'assetto della nazione volgerà alle industrie, il tono dell'anima al cinismo utilitario.
Lasciano il modo freddo e sereno del classico, in cui il ragionamento si distende, in cui la realtà ha un culto maggiore della verità, e, per tutti, un valore uguale e circoscritto: su cui non si sente il bisogno di ritornare alla ricerca delle essenze, dei nuclei costitutivi le idee, le emozioni, le credenze, i fatti sociali; in cui l'uomo saggio è calmo, riposa tra quattro spunti, o ruderi fondamentali di cognizioni, e, sopra a queste quattro sicurezze imparate dai maestri, si adagia, pago che rappresentino tutto il suo bagaglio scientifico e religioso. — Romanticismo, simbolismo, l'inquietudine,
«che col dar volta al suo dolore scherma;»
il mare in tempesta; il vento che ulula e sradica; il lago che schiumeggia crestato e livido; la foresta che si discapiglia; tutti nervi esagitati; la nevrastenia alla porta della ragione; la confusione tra i diritti, i doveri che non sono più e molti diritti che permangono privilegi; il cervello che fermenta ed estua; la rivoluzione imminente sulle piazze; provvidenziale e dolorosa, l'arte. È la secchia d'oro, scolpita ed aggemminata, uscita da mani pie e squisite, che discende e s'immerge al drenaggio dell'anima ripiena d'ogni liquore prezioso e va svuotandola senza interruzione sulle pagine; le quali si coprono di scrittura nera, ma cantano i sogni biondi e rosei andati a male, l'ostilità del tempo inclemente, i desiderii senza soddisfazione: liquore, che è il frutto della cooperazione di natura se, dalla mente, imbriglia l'ebefrenia e rappresenta il sopra più dell'ideale. — Crepuscolo, ora dei nervi. «Il giorno fondesi nella notte. È la più stanca ora per tutti e la più insidiosa per quelli, in cui i nervi tiranneggiano i muscoli. Già l'uomo cede alla donna, la riflessione alla spontaneità. Tutti quei sentimenti, sepolti lo stolto giorno in un tenore di vita odiata e nel sospettoso contatto coi nostri così-detti fratelli, risorgono; ciò che vi ha in noi di gentile parla. Nè le carezze di quest'ora tristissima son sconosciute ad alcuno, perchè tutti hanno in sè qualche cosa di buono, e ne hanno, perchè a nessuno è negato di amare»[10].
Crepuscolare in fatti, coll'Alberto Pisani, Carlo Dossi si dichiara e si intorbida insieme; ed è tuttora un grande mistero fisiologico, direi quasi mostruoso, il vederlo in una vita più chiusa dalla comunemente esercitata da tutti, quindi senza un vasto campo d'osservazione a portata delle sue esperienze, indovinare gesti e fatti della vita altrui nelle più intime esercitazioni, farsene il critico e l'humorista. Suol dire per ciò: «[11]Ho cominciato a pensare a cinque anni, — a scrivere a sette — a sedici anni stampava. Ho sofferto una specie di purgatorio matrimoniale dai ventinove ai trentasei, a trentasette ero già entrato in vecchiaja, con disturbi visivi, essicamento di pelle, ateroma. La sola facoltà genetica mi si risvegliò tardi poichè non conobbi donna che ai ventisette anni»; e la conobbe allora dal lato pessimo se gli ha fatto produrre La Desinenza in A.
Onde, chi fu precocemente appassionato del sentimento d'amore per riflesso di letteratura e per schiva funzionalità biologica — che del resto lo difende e lo copre dalla repulsa feminile — sente tardi il senso genetico. Si prolunga per lui questo suo stato speciale, come lo accolse anticipato, fattore delle sue migliori rappresentazioni estetiche; non viene assolto in tre anni, come normalmente impiega a nascere, svilupparsi, determinarsi in virilità; ma perdura tre lustri, irretizzandogli le cerebrazioni in modo acuto, donandogli, in oltre, le facoltà necessarie di costanza, coraggio e volontà per te quali ha sentito il bisogno di essere originale e similmente sincero.
Egli soferse e gioì quella età[12] «che in alcuno confondasi colla infantile», ed io aggiungo, in Carlo Dossi, colla maturità — «in cui l'anima anelante di congiungersi ad altra e non trovando chi incontro le venga, dona parte di sè perfino ad oggetti della natura organica; i quali sotto il suo soffio si fanno quasi sensibili: non potendo raddoppiarsi si divide».
Ed ecco, che i maschi, per eccesso di virilità non ancora razionalmente impiegata, si feminizzano; ed ecco, che, sorpreso Apollo da Dionyso, Cristo predica e Leonardo da Vinci vede errare, e ritrae, quel sorriso unico ed ineffabile sulle labra adolescenti di San Giovanni — Bacco, di Gioconda — Melusina; e tutte le parole proferite hanno un senso oscuro e conturbato che ricercano luce e speranza. Turgido di linfe, che fremitano nell'impeto seminale e ribollono, l'adolescente, nascosto e pur offerto alla pubblicità della letteratura, si appresta, colle grazie pudiche, spavalde, originali, corrotte, ciniche, in una sincera confusione che lo fa amare.
Egli coltiva la sua crisi; è la sua malattia e la sua gioja, gode della sua innocente perversità come una fanciulla, al primo apparire di sua luna rossa: avete letto Claudine à l'école di Villy? — Parlando di sè, Carlo Dossi attesta il buon lievito di una sua cattiveria e mattia. Ed allora si amano, tra le malinconie, le rumorosità dei giuochi strani e crudeli. Avvisano, quelle vergini di difficili mesi, nella incipienza delle virtù generative, anche le altre della distruzione: Shiwa ne è il mito nella trimurti. L'ebefrenismo si balocca sulli scrupoli religiosi ed il sadismo morale. L'organo è in floglosi e sitisce; la perversità gli porta requie e torna ad abruciarlo insieme: cupidigie d'amplessi, pazzie di amori angelici; sboccia la donna che sa concepire. Ad assaporare questo frutto, che palpita ed aspetta, ecco, un Don Juan di metafisica. Un distruttore di metafisiche. Carlo Dossi, è qui invece il paziente: egli sa che i due eccessi non si completano, ma si esasperano; sa che Le lettere di amore di una Monaca Portoghese equivalgono a Faublas, che Imperia è classicamente sana ed equilibrata, e che le ascetiche si appajano alle ammalate di ninfomania. Indovina le femine e le persegue; sembra del medesimo sesso: un medico illustre, infatti, discorrendo della costituzione fisica di Carlo Dossi, scherzando, amò sostenere, che, fattone il più tardi possibile la necroscopia, si sarebbe trovato, localizzato dentro di lui, un embrione di femina in arresto di sviluppo: e Primo Levi, che ha pur vissuto i suoi anni giovanili coll'autore di Alberto Pisani, non solo lo crede, ma lo torna a scrivere persuaso dall'opera letteraria dell'amico.
Chi poteva essere, adunque, la creatura ambigua, che dall'aspetto si definisce male? Malinconia; è chi va cercando e patisce un difetto per un eccesso[13]. «Or che c'entrava mai; tomo senza compagno, tomo de subtilitate, tra quei tomi di amori appajati?» Cerca, e, se non trova, imagina e plasma a sua imagine; e si confida alla carta, al mezzo più semplice e più sicuro; e sa che egli non si tradisce; ma alcuno saprà rievocare la voce viva, il suo canto, come, seguendo