L'ora topica di Carlo Dossi. Gian Pietro Lucini
che, messi sul cammino della confidenza vi rovesciano tutta l'anima, non terminerebbero più, svuotandosi de' loro più intimi secreti. E sono accenti feminili: così le accusa la calligrafia minuta, l'espressione ingenuamente architettata e timorosa di nuocere, il susurro, il bisbiglio all'orecchio della confessione: «... Perchè i libri di lei sono veri baci; baci intellettuali al lettore, cominciando dalla stessa bellezza delle edizioni, che è la più esterna, veste. — ... Io non ti conosco, o autore del Regno dei Cieli, dei Ritratti umani, dell'Alberto Pisani. — ... Qui parlo col tuo spirito, più che con te, personalmente, e ti parlo col mio spirito, più che con la mia voce. Quando ti vedrò, personalmente, ci daremo regolarmente del Lei, perchè le persone e i corpi dividono li spiriti, perchè ciascun corpo, nel mondo, vuol posto. Per il che noi ardiamo del desiderio in un istante, di conoscere una persona, di gettarle le braccia al collo; e poi ci batte il cuore quando abbiamo messo il piede sulla via di trovarla, di andare colla nostra persona avanti alla sua; perchè temiamo di spiacerle. Oh! quanto ci facciamo, spesso, più materiali che non sia nostra natura! — ... Io, un uomo, o mi piace e lo amo; o non mi piace: se mi piace e lo amo, mi piace tutto com'è; non conosco difetti; per me anche i suoi difetti costituiscono il tutto che amo. Così, per me, un libro: se lo amo, lo amo come un amico, svisceratamente — ... La Ines è un nuovo ardimento, e non v'è intemperanza... — Per me amore è santo ovunque sì trovi. Valesse, tal capitolo, a fermar la mano di un solo suicida, Caino d'amore, non sarebbe intanto scritto invano. — ... Con in mano il Regno dei Cieli dico io, sarebbero già stati risolti anche tutti quei problemi. — ... E tutto ciò sia un segno dei tanti ringraziamenti che il mio cuore fece a lei, nel leggerlo; è un tenuissimo scambio del piacere a me fatto dai suoi libri...» Chi scrive? Perchè scrive? Bisogno, necessità: innominata voce del coro greco, non impersonata mai «perchè le persone ed i corpi dividono li spiriti, e noi ci facciamo spesso più materiali che non sia nostra natura!» Angiolo lontano: Carlo Dossi rimette a suoi nemici, per il suffragio tuo, tutti i dolori di cui l'abbeverarono!
Or dunque; se l'opera di Carlo Dossi è all'apogeo e completa, tutta risplenda, come fa il sole a giugno che si svuota di luce sopra li oggetti e li determina colle brevi ombre sottili e lineari, oscura e necessaria apposizione; essa è attuale, in azione; risponde al nostro sentimento ed al nostro bisogno; è l'anello necessario che ricongiunge la letteratura di Alessandro Manzoni con quella che verrà; è una maglia essenziale nella catena della evoluzione psichica ed estetica, la cui ignoranza e mancanza produrrebbero uno squilibrio ed un vuoto; per cui la presenza è richiesta, logicamente effettiva, par ragioni fisiche e filosofiche, perchè non intercorrano soluzioni di continuità, ferite slabranti, sanguinose e dolorose, disaccordi inarmonici; perchè, un'altra volta,, si ripresentino vittoriosi i cardini d'ogni legge fisica e morale; πάντα ῥεῖ: — Natura abhorret a vacuo.»
II. COME È NATO
Carlo Dossi non ci viene da lontano; la sua nascita coincide con una grave e dolorosa sconfitta italiana, anzi ne fu sollecitata, come a noi insegnò a volere, con maggior tenacia e fortuna, l'indipendenza nostra: egli soferse, insieme alla sua crescita, quella della patria e ne espresse l'adolescenza ebefrenica. Mentre la miseranda cannonata d'Agogna contro Novara aveva condotto un giovane principe a Vignale, davanti ad un maresciallo austriaco imbaldanzito arbitro di guerra e di pace, e tornava a boccheggiare la patria nel sangue sparso a Milano, a Brescia, a Vicenza, a Venezia ed a Roma; egli nasceva il 27 di Marzo 1849 a Zenevredo, un borgo sulli Appennini dell'Oltrepò pavese, in vedetta della battaglia, risparmiato a pena dall'incendio, anzi, per un prossimo incendio, spaventata la giovane madre, settimino.
Ed egli fu precoce autore: (suol dire e distinguere: «De Amicis, Fogazzaro, Barrili, Rovetta ed altri non sono autori; cioè nulla aggiungono al patrimonio letterario italiano, ma semplici scrittori»). E subito il Demone lo richiese e se lo imprigionò. Egli non se ne pentirà mai: «[3]Tredici anni sono passati da allora, la mia esperienza è, più che matura, già marcia, e, non solo non sento rimorso alcuno di quel mio adolescente peccato, ma lo ristampo. — Resti dunque a dormire, nel suo sepolcro di versi, il consiglio del cisposo Orazio. — Per conto mio son ben contento di essermi alzato ai primi albori per cominciare questo viaggio, non breve, di una vita letteraria».
Bimbo, ama già il libro; precorre coll'imaginazione le pagine che va leggendo, le quali gli servono per altri più belli, personali e meravigliosi motivi. Ricama di tutta sua fattura sulli spunti di un verso, di una frase; compie a suo modo l'avventura già scritta. Tal quale il mimmo vede, nella Casetta di Gigio, un mondo scoprirsi a lui nel buio fantastico di sotto le coltri; al Dossi furono dati voli eccelsi per le nuvole e le stelle e gesta ipogee; donde la sua ebrietà di imagini, che sorprendono la brava gente astemia e sobria di entusiasmo: s'egli ha immerso, come il Silfo di Pope, le ali nell'arcobaleno, come Guymplaine risorge anche dalli inferni.
Il libro-passione, spesso, gli acquetò e gli spense la passione-amore. Carezza con mano innamorata le pagine, come il suo sguardo si posa, con ogni delicatezza, sopra il profilo delle bellezze desiderate ed ottenute. Ma possedere significa produrre; anzi, massimo possesso ed esclusivo, veder viva, materiata la cosa sua, erotta da sè, aver raggiunto alcun che di più a quanto già esiste, dirsi autore, poeta. Testè, mentre si correggevano insieme le ultime bozze dell'ultima edizione, che ce lo porge intiero, nei pomeriggi freschi e lariani del Dosso, tra le raccolte del suo archivio, che lo completano, tra le leggende scritte sopra le pareti di marmo e di cemento, che, come fogli perenni, dicono la sua storia con quella di coloro che ha amato e lo amarono; — gli tremava la mano che reggeva la pagina, la voce che leggeva le righe; lo vidi lagrimare silenziosamente sopra la sua creatura. Fresca, intatta, vergine gli usciva dopo quarant'anni; sonoro, giovanile l'accento persuasivo e malinconico; l'adolescenza, la maturità tornavano dentro il volume a parlargli: nulla si era perduto nell'aspettare, nessuna grazia avvizzita, non una bellezza sciupata; quanto caduco il corpo del padre, ma come vigile e costante il nato dalla sua intelligenza! Carlo Dossi non accoglieva al ritorno il Figliuol prodigo, ma Cordelia la più cara, la più devota, la più dolorosa delle figlie di re Lear: ed il bacio, che lo estasiava, lo faceva sofrire insieme.
Perchè il Demone gli diede occhi, mani, orecchi, membra e sentimenti specialissimi onde potesse rievocare il mondo diversamente: e tutti se ne meravigliarono e gli imputarono, i più, a posa menzognera la sua schiettezza, se ebbe il coraggio della massima sincerità; mirabile impostura del luogo comune! Egli se ne era allontanato, con quello disprezzando la gente comune, costituendo una vera rivoluzione in estetica contro i romantici, i classici, i cruscanti, i naturalisti, li idealisti; e fu sè stesso. — Ed il Demone gli dettò dentro le parole semplici naturali, e perciò misteriose; e lo credettero involuto, astruso, difficile: e il Demone gli porse in mano una penna temprata come uno stile, acuta, incisiva, incorruttibile, elastica, inossidabile qualunque fosse l'inchiostro dentro cui s'inzuppasse, acqua, lagrime, sangue, mota, cielo, coscienza umana, egoismo, folgore di ribellione e paradisiache bontà umiliate; ed egli ne usò, bambino gazzettiere, per giuoco, adolescente, per la malinconia dell'inquieto crescere, giovane, per i dolori e le crudeltà dell'amore, uomo, per le memorie e per l'istoria.
Sì che egli lo confessa ne' suoi Amori: «Amai i libri ancor prima che li sapessi leggere... parmi di aver davanti una folla di amici... li palpo sul dorso come generosi destrieri e li bacio anche, e sedendomi, qualche volta, sullo sporto della libreria, appoggio la mia testa contr'essi e lì rimango beato come sulle spalle di una donna cara, quasi assorbendo — feconda pioggia — il lor genio, quasi sentendo il mio ferro, al contatto della loro magnete, farsi magnete».
Primaticcio in tutto, per consentire alla sua nascita, sembra indovini le cose che la sua fanciullezza gli impedisce di conoscere; come d'un serbatoio d'esperienze altrui e di scienza atavica, elabora idee, concetti cui l'età giovanissima non gli concederebbe. I Quinterio, per parte di madre, gli avevano legato un fondamento di virtù pratiche e disinteressate; i Pisani l'avventuroso ritentare, il coraggio delle battaglie aperte, il piacere delle cose difficili e delle congiure — Don Carlo il nonno, tipico e romantico stipite de' Federati —: d'ambo i lati amore e culto per la patria. Carlo Dossi, al fomento di questa genealogia, presumeva ed indovinava giustamente; appartato