Il lampionaio. Maria S. Cummins

Il lampionaio - Maria S. Cummins


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che sta lassù in cielo e ha fatto le stelle?

      — Sì.

      — Credete che mi amerà e permetterà che vada in cielo anch'io una volta o l'altra?

      — Sì, se tu sarai buona e amerai tutti quanti. —

      Dopo avere riflettuto un poco la bambina concluse:

      — Signorina Emilia, proprio non posso. Sicchè non ci andrò mai, lo veggo. —

      In quella sentì cadere una lacrima sulla sua fronte. Alzò gli occhi, e fissò nel volto della cieca uno sguardo pensoso.

      — Cara signorina Emilia, voi ci andrete?

      — Procuro di meritarlo.

      — Mi piacerebbe andarci con voi, — disse Gertrude scotendo la testa.

      E s'immerse in una profonda meditazione. Emilia stimò di non doverla interrompere.

      — Sentite, — riprese alfine la bambina con voce così sommessa ch'era appena un mormorio — vorrei provarmici ma temo di non potere.

      — Dio ti benedica e t'aiuti, figliuola mia, — disse la cieca ponendole la destra sul capo.

      Nessuna delle due parlò più. Passò così un buon quarto d'ora. Emilia, la quale teneva sempre Gertrude in grembo, s'era accorta, notando la regolarità del suo respiro, che, esausta dalla febbrile agitazione a cui era stata in preda, aveva finito col cadere in un placido sonno. Quando la governante fu di ritorno, ella, mostrandole la piccina addormentata, la pregò di portarla sul letto. La signora Ellis la compiacque, con un'aria di stupore, poi si volse a lei esclamando:

      — Affemmia, signorina Emilia, quest'è la medesima spiritata creatura urlante che per poco non è stata dianzi causa della nostra morte! —

      La giovane sorrise all'idea d'una bambinetta di otto anni che atterrava e annientava una donna delle dimensioni della signora Ellis, ma non disse nulla.

      Perchè pianse Emilia quella notte, ricordando la scena della mattinata? Perchè, china, in ginocchio, lottò aspramente contro un fiero dolore? Perchè con sì fervida istanza chiese a Dio di darle nuova forza e nuovo coraggio, e implorò la Sua benedizione sul capo della fanciulletta? Perchè in lunghi anni di tenebre desolate, in molte ore di lotta terribile, di disperata angoscia, ella aveva sentito che un carattere come quello manifestato da Gertrude poteva, in un momento di suo tremendo predominio, funestare tutta una vita, bandirne per sempre ogni felicità terrena.

      E però quella notte ella inalzò al Cielo un'ardente preghiera per impetrare la grazia di rimaner ferma nel suo proposito, di poter con l'aiuto divino conseguire il suo fine immortale curando quella piccola anima della cecità che l'affliggeva.

       Indice

      Un influsso da lei spira che il cuore

      Dell'afflitto, alla vita, alla speranza,

      Richiama dagli abissi del dolore.

      Hemans.

      Il pomeriggio della domenica seguente trovò Gertrude seduta su un panchetto davanti a un piacevole focherello di legna, nella camera d'Emilia. I suoi grandi occhi erano fissi nel volto della fanciulla cieca che sembrava esercitare su lei un vero fascino, tale era l'attenzione con cui ella seguiva tutte le più fugaci espressioni di quei lineamenti. — Molte altre persone maggiori d'anni e di senno ne avevano, come Gertrude, sentito il dolce incanto senza poterlo definire. Non era la bellezza: almeno non una bellezza appariscente, perchè Emilia non l'aveva mai posseduta, neppure al tempo che due begli occhi color nocciuola illuminavano il suo viso; nè era quella potente attrattiva che danno ad alcune donne la voce e le maniere; la voce sua, benchè armoniosa, era così piana, e le sue maniere così semplici, che non conquistavano la fantasia d'assalto. Non era, infine, la compassione per la sua cecità. Quest'immensa sventura, certo, destava intorno a lei sentimenti di calda simpatia; ma i suoi amici dimenticavano spesso ch'ella non vedeva. Prima di tutto non erano costretti a rammentarsene, posto che Emilia non si lamentava mai, mai non intratteneva egoisticamente gli altri sulla propria infermità; e poi non c'era nulla di penoso nell'aspetto delle sue palpebre chiuse, ombreggiate da lunghissime ciglia. Accadeva quindi che, conversando con lei, qualcuno le parlasse di cose evidenti soltanto per il senso della vista, o perfino richiamasse la sua attenzione su questo o quell'oggetto: ed ella non rimproverava lo smemorato nemmeno con un sospiro, nè mostrava di non curarsi del mondo visibile da cui era esclusa; ma, paga in apparenza delle descrizioni che le venivano fatte e delle immagini che si formava nella mente, discorreva con piacevolezza su qualsiasi argomento preferito da' suoi interlocutori. Alcuni dicevano che Emilia Graham aveva una bocca graziosissima, e ne amavano le variabili espressioni; secondo altri nulla era più seducente in lei che la pozzetta nella sua guancia destra; parecchie ragazze desiderose di piacere confessavano che se avessero sperato di riescir a ondulare i loro capelli come quelli d'Emilia, li avrebbero intrecciati ogni sera: donava tanto! Ma i pochi eletti che grazie alla propria spiritualità erano capaci di comprendere e apprezzare il carattere della giovane cieca, i pochissimi suoi intimi che avevano saputo le sue lotte e veduto i suoi trionfi, se si fossero studiati di spiegarsi donde ella derivasse il potere di rapire i cuori e guadagnar l'amore e l'ammirazione di tutti, giovani e vecchi, avrebbero detto come Gertrude quella domenica che sedeva ai suoi piedi, fissandola intensamente: «Signorina Emilia, voi siete stata con Dio!»

      Gertrude, certo, era una strana bambina. Per quanto ignorante, sentiva la superiorità d'Emilia Graham su ogni persona da lei finora conosciuta; e nella sua fede ch'ella appartenesse a un ordine di creature sovrumane, credeva implicitamente alla verità delle sue parole, si lasciava di buon grado guidare ove ella voleva, sicura che non cercava se non di giovarle perchè l'amava.

      Con la sua voce soave Emilia impartiva alla piccola uditrice seduta dinanzi a lei sul panchettino, la prima lezione per insegnarle a distinguere il bene dal male. Ella non vedeva il visetto pensoso levato verso il suo viso; ma la profonda attenzione di Gertrude, che non fiatava, non si moveva, e più la stretta delle manine che avevano preso una sua mano e la tenevano, le provavano che di già un gran punto era vinto.

      Gertrude non era più ritornata a scuola dopo il suo conflitto con le «grandi». A tutte le esortazioni di True ella aveva opposto un'ostinazione invincibile. Ma la signorina Graham, la quale comprendeva meglio di lui la natura della bambina, fece valere ragioni ben più forti di quelle che aveva potuto adoperare egli, e riuscì nell'intento che a lui era fallito. Ciò che eccitava così fieramente l'indignazione di Gertrude era l'insulto recato al suo vecchio amico; ma ella le presentò la cosa sotto un diverso aspetto, e la persuase che se amava davvero lo zio True, glielo avrebbe dimostrato in assai miglior modo obbedendo a' suoi desiderî che non ostinandosi in una pazza collera. Ottenuta così da lei la promessa che la mattina seguente sarebbe andata a scuola, le diede savi consigli circa il contegno da osservare verso le condiscepole che avevano provocato la sua avversione contro di loro, e la tranquillò dicendole che il signor Flint l'avrebbe certo accompagnata e fatto alla maestra le debite scuse per la sua assenza, nel qual caso ella non aveva più da temere difficoltà nè dispiaceri.

      True, infatti, lietissimo della sua resipiscenza, andò alla scuola con lei, chiese della maestra, e nella sua maniera un po' rozza, ma schietta, le espose il caso e le affidò la bambina.

      La signorina Browne era una giovane di buon senso e buoni sentimenti. Vide le cose nella vera luce. E chiamate in disparte le ragazze che con la loro malevola petulanza avevano eccitato la collera della piccola, parlò in guisa che si vergognarono della loro condotta e s'astennero in seguito dal molestare Gertrude. Questa poi strinse amicizia con due scolarette dell'età sua, ch'erano tra le più tranquille; nelle ore di ricreazione si divertiva con loro, e non ci furono altri guai.

      Passò l'inverno. Ritornarono le tiepide giornate di primavera, liete di sole, in cui Gertrude poteva sedere davanti alla finestra aperta o sulla soglia dell'uscio, quando gli uccelli cantavano, la mattina, tra i rami d'una vecchia acacia piantata nella stretta corte, o il tramonto raggiava la sua luce d'oro nella vasta camera


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