Il lampionaio. Maria S. Cummins

Il lampionaio - Maria S. Cummins


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aveva frequentato la scuola durante tutto l'inverno scorso, e fatto rapidi progressi, come sogliono i fanciulli intelligenti cui non s'è offerta l'opportunità d'istruirsi che ad un'età nella quale la mente già stimolata dall'ambizione è più pronta ad apprendere e più capace di buon profitto. Era fiorente di salute, e sempre linda, perchè Emilia la provvedeva generosamente di vestiti e biancheria, e la signora Sullivan prendeva cura della sua guardaroba. Ed era felice ed allegra, e saltellava per la casa, così vispa, così leggera, che True diceva che il suo uccellino non toccava mai la terra col tallone ma svolazzava attorno sulle punte dei piedini.

      Il vecchio non avrebbe potuto amare con maggior tenerezza la sua figlioletta adottiva, se ne fosse stato il vero padre. Quando egli sedeva al suo fianco sulla grande panca che venuta la bella stagione era stata portata fuori, nella corte, e ascoltava, paziente ed attento le storie ch'ella gli leggeva ad alta voce, storie di bambine che non dicevano mai bugie, di ragazzini che obbedivano sempre i genitori, e specie di fanciulli che sapevano dominare il loro temperamento focoso, sembravano proprio fatti l'uno per l'altra, com'erano realmente. Il piacere che il buon uomo trovava in quei libri, donati da Emilia e letti e riletti da Gertrude, era così vivo e costante come se fosse stato un ragazzo anch'egli. Coi gomiti sulle ginocchia e il mento sulle palme, True stava a sentire gl'ingenui raccontini ridendo quando ella rideva, commovendosi non meno cordialmente di lei alle peripezie delle piccole eroine, e godendo del finale trionfo della verità, dell'obbedienza, della pazienza.

      Emilia sapeva quale profonda impressione spesso facciano queste prime letture sull'animo dei bambini, e sceglieva i libri per la sua protetta con molta cura e molto criterio. La vita di Gertrude era adesso prospera e tranquilla quanto in passato misera e tormentata. Sei mesi innanzi si sentiva sola al mondo, negletta, non amata da nessuno. Adesso aveva parecchi amici e sapeva che vuol dire essere oggetto di cure affettuose, provveduta del necessario, accarezzata. Tutti i giorni della settimana avevano le loro gioie, ma il sabato e la domenica erano, come per la signora Sullivan, giorni beati, perchè Guglielmo veniva a udirla recitare le sue lezioni, a condurla a spasso, a ridere, a fare il chiasso con lei. Egli aveva sempre tante cose amene da raccontarle, era tanto pieno di vita, di brio, tanto pronto a partecipare a tutti i suoi disegni, a divertirla in mille maniere, ch'ella già dal lunedì mattina cominciava a contare i giorni fino al sabato venturo. E poi, allora, se c'era qualche piccolo guaio, se per esempio il vecchio orologio a pendolo s'era fermato, o s'era rotto un balocco, o peggio ancora le lezioni erano troppo difficili, Guglielmo rimediava a tutto, la traeva da ogni difficoltà, la consolava d'ogni suo puerile dispiacere. La madre stessa non lo attendeva con più ansiosa impazienza di Gertrude.

      Ma il pomeriggio della domenica ella lo passava sempre con Emilia, nella camera di lei, ascoltando la sua voce soave, imbevendosi del dolce suo spirito. Emilia non le faceva prediche, non la stancava con esortazioni e precetti. La bambina neppur si sognava d'esser là per imparare qualche cosa. E intanto la giovane cieca diffondeva a grado a grado la luce in quell'anima oscura. Gl'insegnamenti divini, le verità generatrici di virtù, vi s'impiantavano per opera sua, con forza, ma in modo così naturale che Gertrude non s'accorgeva dell'azione esercitata su di lei. In progresso di tempo, però, quando la bontà fu appieno fortificata nell'intimo del suo essere, e le prime sue deboli resistenze al male, le prime sue infantili risoluzioni di perseveranza nel bene si furono maturate in principî saldamente radicati, e confermate nella pratica, ella riandando il passato comprese che là, in quelle domeniche benedette, mentre ascoltava Emilia sedendo su un panchetto a' suoi ginocchi, aveva ricevuto nel cuore i primi raggi della luce immortale che mai non s'estingue.

      Così la sua tacita preghiera a Dio era stata esaudita. Egli aveva mandato alla fanciulletta ignara un suo messaggero terrestre, perchè la guidasse verso la pace sempiterna; un messaggero a' cui occhi suggellati erano invisibili i sentieri del mondo, ma che per lunga esperienza conosceva la via del cielo. E chi poteva guidarla meglio di colei che aveva così pazientemente appreso il cammino? Chi poteva esser atto a dissipare le tenebre di un'altra anima, più di colei alla quale Dio aveva dato una fiaccola divina per rischiarare la notte ond'era avvolta la sua vita?

      Fu per Gertrude un gran dolore l'apprendere che la sua protettrice sarebbe tra poco andata in campagna per passarvi l'estate. Il signor Graham possedeva una villa amenissima a circa sei miglia da Boston, dove tutti gli anni si recava immancabilmente appena giunto il tempo delle piantagioni. Attivissimo uomo d'affari durante l'inverno, quando cominciava la stagione calda evadeva dal suo scrittoio, abbandonava il libro maestro e la corrispondenza commerciale, per dedicarsi tutto alle salubri fatiche e alle delizie del giardinaggio. Emilia promise alla bambina che un giorno di bel tempo l'avrebbe fatta venire alla villa, e sarebbero state insieme dalla mattina alla sera. Di questa visita Gertrude godette tre mesi avanti, nell'immaginazione, e più di tre mesi dopo, nella memoria.

      La compensò alquanto dell'assenza d'Emilia il piacere di veder più spesso Guglielmo, il quale grazie alla lunghezza delle giornate trovava ora modo di fare qualche scappatina a casa, la sera. E Guglielmo sapeva confortarla qualunque fosse la causa del suo dolore.

       Indice

      Ogni minuto scoccando

      T'apporti di saper nova ricchezza,

      Ogni minuto volando

      Canti la tua bontà, la tua saggezza.

      Cotton.

      Una bella sera, sul finir dell'aprile, Gertrude, che era stata a salutare la signorina Graham prima della sua partenza per la campagna, sedeva in fondo alla corte, piangendo amaramente. Ella teneva in mano un libro e una lavagna nuova; i doni che Emilia le aveva fatto nell'accomiatarsi. Ma il libro era sempre involtato in un foglio, e la lavagna cosparsa di lacrime. Assorta nel dolore di quel distacco (il primo per lei dei tanti da cui la vita è contristata) non udì i passi che s'avvicinavano, nè s'avvide che qualcuno le stava dappresso, finchè non sentì due mani posarsi sulle sue spalle. Si voltò e si trovò tra le braccia di Guglielmo, con la faccia lacrimosa contro la sua faccia ridente.

      — Olà, Gertrude! — esclamò egli. — Cotesta accoglienza tu mi fai quand'io vengo a casa una sera entro la settimana per passarla con voialtri? La mamma e il nonno sono fuori, cerco di te, e ti trovo immersa in un mare di lacrime che non mi lascia nemmeno vederti in viso. Via, via, smetti di piangere! Se tu ti figurassi come sei orribile così!

      — O Guglielmo! — ella balbettò tra i singhiozzi. — Non sai che la signorina Emilia se n'è ita?

      — Ita, dove?

      — Lontano, a sei miglia da Boston, per rimanerci tutta l'estate. —

      Ma Guglielmo dette in una risata.

      — Sei miglia! Una distanza enorme, affemmia!

      — Io però non posso più vederla.

      — La vedrai l'inverno venturo.

      — Ohimè, l'è lunga!

      — Perchè le vuoi tanto bene?

      — Perchè lei ne vuole tanto a me. Non mi vede, poverina, eppure mi ama, quanto, eccettuato lo zio True, nessuno al mondo.

      — Io non lo credo.... no, non credo che t'ami quanto t'amo io. Anzi ne sono certo. E come potrebbe amarti del pari, lei che non t'ha mai veduta, mentre io ti vedo, e tu sei la persona che ho più cara dopo la mamma?

      — Davvero, Guglielmo?

      — Sì, davvero. Quando m'incammino verso casa, penso sempre: «Or ora vedrò la Gertrudina.» Quando durante la settimana succede qualche cosa di nuovo dico in cuor mio; «Questo lo racconterò alla Gertrudina.»

      — Io invece m'ero immaginata che non potevo piacerti.

      — O perchè no?

      — Perchè tu sei molto bello, e io punto. Sentii l'altro giorno Elena Chase dire a Lucrezia Davis, che Gertrude Flint è la più brutta della classe.

      — Si vergogni! Scommetto ch'è brutta lei, piuttosto. A me sarebbe sicuro antipatica; non


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