Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8 - Giannone Pietro


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lettere la città, che non s'assicurasse del tutto; e mandò a chiederle, che mandasse nuovi Ambasciadori a confermare all'Imperadore quanto gli avea esposto da sua parte; e per ciò furono mandati Giulio Cesare Caracciolo per li Nobili, e Giovanni Battista del Pino per lo Popolo, i quali partirono a' 2 dicembre, e furono gratamente uditi dall'Imperadore. Non molto da poi ritornò anche dalla Corte il Principe di Salerno, e segretamente dava speranza ad alcuni, che si moveano di leggieri a crederlo, che l'Imperadore gli area promesso di rimovere il Vicerè dal governo del Regno; ma il Vicerè, che sapeva la verità, stava saldo, e colla stessa autorità di prima continuò a governarlo fin che visse.

      In cotal guisa i Napoletani costantemente s'opposero all'Inquisizione, Tribunale per essi cotanto odioso ed abborrito. Dalla lettera dell'Imperador Carlo in poi, non si parlò più d'Inquisizione; e tanto più fu posto poi a quella silenzio, quanto che gli animi di Cesare e del Papa s'erano ingrossati, e l'odio fra loro molto cresciuto; poichè essendo stato in una congiura nel proprio palazzo trucidato a' 10 settembre di quest'anno Pier Luigi Farnese figliuolo del Papa, il Pontefice se ne afflisse sopra modo: non tanto per la morte violenta ed ignominiosa del figlio, quanto per la perdita di Piacenza, e perchè vedeva chiaramente il tutto essere succeduto con participazione di Cesare. E morto il Pontefice Paolo III, il suo successore Giulio III, ad istanza di D. Giovanni Manriquez Ambasciadore di Cesare a Roma, ed a' prieghi della città, spedì Bolla a' 7 aprile del 1544, diretta al Cardinal Pacecco, allora Luogotenente del Regno per l'Imperadore, colla quale, per far cosa grata a Cesare, al detto Cardinale ed alla città ordinò, che non si facessero più confiscazioni di beni di Eretici nel Regno, cassando tutte quelle, che insino allora fossero fatte46.

      Intanto il Vicerè Toledo, per estirpare qualche falsa opinione, ch'era rimasa in alcuni, prestava facilmente il braccio secolare al Vicario di Napoli, che vi procedeva, secondo il prescritto de' Canoni, per via ordinaria. Egli è però vero, che non si sradicò allora l'abuso, che lo vedremo durare per più anni appresso, cioè di mandarsi i prigioni a Roma agli Ufficiali di quella Inquisizione, ovvero esigerne dagl'inquisiti le malleverie di presentarsi ivi avanti que' Ufficiali; poichè così nel tempo di D. Pietro, come de' suoi successori lo vediamo praticato, cioè, che andati gl'inquisiti in Roma, fatta la abjura, e la penitenza ad essi imposta dagli Ufficiali di quella Inquisizione, n'erano poi rimandati alle loro case.

      §. II. Inquisizione nuovamente tentata nel Regno di Filippo II ma pure costantemente rifiutata

      L'ordine del tempo richiederebbe, che si dovesse finir qui di parlare d'Inquisizione, e passare avanti nel racconto degli anni dell'Imperio di Cesare e del governo del Toledo; ma io stimo serbar miglior ordine proseguendo questa materia insino agl'ultimi nostri tempi, affinchè per non interrompere il filo, e per non venire di nuovo a trattarla, tutta intera, quanta ella è, sia collocata sotto gli occhi d'ogni uno: affinchè in uno sguardo tutta ravvisandola, possano i nostri con esattezza vedere i suoi orrori, e con quanta ragione i nostri maggiori l'abbian sempre abborrita, e si conosca con ciò, quanto siano grandi le grazie che debbonsi rendere al nostro Augustissimo Principe, che ce ne ha ora affatto resi liberi, ed esenti.

      L'abborrimento, che i nostri maggiori concepirono all'Inquisizione, si è veduto, che procedè dall'orribil modo di procedere dell'Inquisizione di Spagna contra i Mori e gli Ebrei, a tempo di Ferdinando il Cattolico: ora quest'avversione la vedremo assai più crescere per li nuovi e più terribili modi del Tribunal dell'Inquisizione di Roma, sotto il Pontificato di Paolo IV nostro napoletano. Questo Pontefice, assunto che fu al Papato, quando gli altri suoi predecessori s'affaticavano, o almeno lo fingevano, che per estirpar tanti novelli errori surti nella Germania non vi fosse mezzo più proprio, che la convocazione d'un Concilio generale; egli all'incontro reputava, che l'Inquisizione fosse il vero ariete contra l'eresia e la più valida difesa della Sede Appostolica; onde fu tutto rivolto a porre con rigorose Costituzioni in maggior terrore quel Tribunale47. Egli a' 15 febbrajo 1558 pubblicò una nuova Costituzione, la quale fece sottoscrivere da tutti i Cardinali, in cui rinovando qualunque censura, e pene pronunziate da' suoi predecessori, qualunque statuto de' Canoni, Concilj, e Padri in qualsivoglia tempo pubblicati contra gli Eretici, ordinò che fossero rimessi in uso gli andati in desuetudine, dichiarò, che tutti i Prelati e Principi, eziandio Re ed Imperadori caduti in eresia, fossero e s'intendessero privati de' Beneficj, Stati, Regni ed Imperj, senz'altra dichiarazione, ed inabili a poter essere restituiti a quelli, eziandio dalla Sede Appostolica: e li Beni, Stati, Regni, ed Imperj, s'intendano pubblicati e siano de' Cattolici, che gli occuperanno. E narra il Presidente Tuano48, che, quando il Papa pochi anni prima di sua morte, si vide libero della cura della guerra, tutto si diede a render più vigorosa l'Inquisizione, ch'e' chiamava Ufficio Santissimo, volendo, che si esercitasse con la maggiore severità del mondo, come la sperimentò (per tacer d'altri) Pompeo Algieri da Nola, che come eretico lo fece bruciar vivo49. A questo fine vi prepose Michele Gisleri Domenicano, fatto da lui Cardinale per l'austerità, ed asprezza de' suoi costumi, acciò l'esercitasse con maggior rigore, siccome fece; non solo in questo tempo, ch'era Inquisitor generale, ma anche da poi fatto Papa col nome di Pio V, il quale durante il suo Pontificato usò tali severità contro i sospetti d'eresia, che il Presidente Tuano50 non ebbe difficoltà di dire, che non senza orrore veniva a rapportarle. Volle ancora Paolo IV che a questo Tribunale si riportassero non solo le cause d'eresia, ma ancora altri delitti, li quali prima solevansi diffinire da altri Ordinari Giudici51.

      Erano surti fra noi a questi tempi li Teatini, li quali seguitando i vestigi del loro Istitutore, furono perciò tutti intesi ad invigilar sopra i Napoletani, e credevano non potere far cosa più grata al Pontefice, che andar a denunziare all'Inquisizione tutti coloro, ch'eglino credevano sospetti, ancorchè con debolissimi indizi, onde sovente di gravi disordini e tumulti nella città e nelle famiglie erano cagione; e se i Gesuiti surti nel medesimo tempo, loro emoli e competitori, non si fossero sovente opposti, di mali maggiori sarebbero stati cagione. Quindi l'abbominazione di questo Tribunale, non pur in Napoli, ma anche in Roma crebbe tanto, che morto il Pontefice Paolo a' 8 agosto del 1559, anzi ancora spirante, per l'odio concepito dal Popolo e Plebe Romana, gli ruppero la di lui Statua in Campidoglio, furono rotte le carceri ed estratti li prigioni, fu posto fuoco al luogo dell'Inquisizione, ed abbruciarono tutti i processi e scritture, che ivi si guardavano; e mancò poco, che il Convento della Minerva, dove i Frati soprastanti a quell'Ufficio abitavano, non fosse dal Popolo bruciato52.

      Ma in questi tempi s'accrebbe lo spavento non solo per lo terrore, che dava l'Inquisizione di Roma, ma molto più per quello, che per opera del Re Filippo II diede in quest'anno 1559 l'Inquisizione di Spagna per l'occasione che racconteremo.

      Avendo Filippo, dopo la morte della Regina Maria d'Inghilterra sua seconda moglie, deliberato lasciar la Fiandra, e ritirarsi in Ispagna, viaggiando per mare, patì sì gran tempesta, che perduta quasi tutta l'armata, con una suppellettile preziosa, che seco portava, appena ne uscì salvo. Giunto che fu nel Porto di Cales, diceva d'essersi liberato per singolar provvidenza Divina, acciò s'adoperasse ad estirpare il Luteranesmo; al che diede presto principio, poichè come narra il Tuano53, giunto appena in Ispagna, diede subito ordine, che si facesse diligente inquisizione contra tutti i Settarj, e sospetti d'eresie, per volergli egli severamente punire; e quando prima, secondo il caso portava, condennato uno, o più per le prave opinioni di Religione, tosto dopo la condanna si davano al carnefice per giustiziarli; furono, dopo quest'ordine del Re, i condennati per tutta la Spagna riserbati al suo arrivo, e condotti in Siviglia ed in Vagliadolid, dove con pompa teatrale doveano essere giustiziati. Il primo atto di questa spaventosa tragedia fu celebrato in Siviglia a' 27 settembre di quest'anno 1559, dove per dar un grand'esempio negli auspicj del suo governo, e per levar ad ogni uno la speranza di perdono e di clemenza, fece prima di tutti trarre dalla Torre Giovanni Ponzio Conte di Baileno, dove come Luterano era stato imprigionato, e portato come in trionfo nel teatro, ove fu bruciato dalle voraci fiamme: e con lui fu bruciato anche Giovanni Consalvo Predicatore. A costoro seguirono quattro nobili donne, Isabella Venia, Maria Viroesia,


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<p>46</p>

Chiocc. M. S. Giur. t. 8.

<p>47</p>

Soave Ist. del Conc. l. 5 pag. 417.

<p>48</p>

Thuan. L. 22 Hist.

<p>49</p>

V. G. Dict. V. Algerius.

<p>50</p>

V. Thuan. l. 29.

<p>51</p>

Thuan. loc. cit.

<p>52</p>

Thuan. l. 23 Hist.

<p>53</p>

Thuan. l. 33 Hist. Soave loc. cit. pag 425.