Il roccolo di Sant'Alipio. Caccianiga Antonio

Il roccolo di Sant'Alipio - Caccianiga Antonio


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buoni padroni lo forzarono a rimanere con loro, procurando così al padre ed al figlio l'unica consolazione alla quale potevano aspirare, quella di vedersi qualche volta, e di essere vicini.

      Allora il bravo cadorino per togliere la moglie dall'ansiosa aspettativa, decise di mandare sue notizie all'arcidiacono non dimenticando i prudenti consigli di lui, e quelli dei padroni, che gli raccomandavano tanto d'essere guardingo e di misurare le parole, e fatto anche un po' esperto per l'esercizio dei dialoghi che teneva con suo figlio nel parlatorio del carcere, si accinse a scrivere con somma precauzione, quanto desiderava di far noto ai parenti ed agli amici. Ma fra il bisogno di render conto d'ogni cosa, e il timore di compromettere qualcuno con imprudenti espressioni, egli si trovò nel più grave imbarazzo, e costretto di pesare ogni pensiero, e di misurare ogni parola, rimaneva lungamente colla penna in mano, prima di scrivere una linea. Ogni pagina gli costava sudori, tuttavia scrisse a varie riprese le seguenti lettere, che dobbiamo pubblicare come documenti indispensabili che servono a far conoscere il successivo sviluppo degli avvenimenti che interessano il presente racconto.

      «Reverendissimo Signor Arcidiacono

      Vengo con questa mia a renderle conto del mio viaggio, che è stato faticoso per la Nina, e per l'umile sottoscritto, però siamo giunti entrambi in buona salute. Ho lasciato la Nina sotto la campana di Mestre, e sono arrivato a Venezia coll'ajuto di Dio. Le persone che io doveva vedere sono in villeggiatura, e quindi non possono giovarmi come io sperava. Mi sono assai sorpreso del loro gusto di ritirarsi in campagna nel cuore dell'inverno, ma Ella sa benissimo, Signor Arcidiacono che a questo mondo si fa sempre quello che si può, e non sempre quello che si desidera. Ho veduto mio figlio che sta bene di salute, quantunque starebbe meglio a casa, ma questo per ora non è possibile, perchè Sua Maestà imperiale reale ed apostolica, colla sua eccelsa volontà, si degna di tenerlo in prigione, del che siamo rispettosamente dolenti. Intanto rimango a Venezia per vedere se sarà liberato dalla giustizia di Sua Maestà, con tutto rispetto parlando.

      Vado ogni giorno in chiesa a San Marco e mi raccomando caldamente alla Madonna della Consolazione, che si trova sotto un arco a sinistra del coro, — la Madonna non la consolazione — la quale mi manca del tutto, per i supremi voleri dell'altefatta Sua Maestà.

      Null'altro per ora avendo da aggiungere, la prego, reverendissimo Signor Arcidiacono, di compatirmi sempre, salutandomi la Maddalena, a nome anche di Tiziano che le raccomanda il cane, e li saluta tutti, lei compreso, ed anzi per il primo, colle quali cose, malgrado le amarezze che mi rendono stupido, la prego di tenermi pel primo della parrocchia nell'ossequioso rispetto col quale me le dichiaro, e sono suo obbligatissimo e affettuoso

      Antonio Larese del fu Taddeo.»

      «Reverendissimo Signor Arcidiacono

      Siamo tutti peccatori, e bisogna far penitenza, e per questo nessuno fuma più tabacco. È la più grande penitenza che abbia fatto in mia vita, dopo quella di cavarmi il cappello davanti i birbanti, ma per non cadere in tentazione ho rotto la pipa. L'altro giorno della gente senza creanza che fumava per le strade, è tornata a casa colle coste rotte. I facinorosi dichiarano che erano cagnotti della polizia, cioè rispettabili impiegati di Sua Maestà. Un'altra penitenza è quella di fuggire la musica. Quando si presenta la banda militare, la piazza diventa un deserto, invece si va a passeggio da un'altra parte in onore di Pio IX, e là si trova una folla del diavolo, dove io non manco mai, per divozione del papa. Adesso si porta il cappello colla fibbia del nastro sul davanti, ed anche io vado all'ultima moda; ma siccome io portava la fibbia dalla parte opposta, così il mio cappello vecchio pel lungo uso aveva la falda bassa davanti e alta di dietro, e adesso è tutto il contrario, ciò che mi permette di vedere il sole. Dicono che questa moda sia fatta per contare gli italiani, e così si fa l'anagrafi per la strada, e si vede che siamo nel numero dei più, senza esser morti. I poveri militari della Sacra Maestà dell'Imperatore vivono isolati, i facinorosi li guardano di cattivo occhio, e la gente li schiva come se avessero la peste. Colla quale prendo congedo da vostra signoria, afflittissimo che i popoli ribelli non abbiano il dovuto rispetto ai croati di Sua Maestà; e salutandolo con la Maddalena, mi dichiaro, colla fibbia davanti

      Suo obbligatissimo servitore

       Antonio Larese del fu Taddeo.»

      «Reverendissimo Signor Arcidiacono

      Devo prevenirlo per sua regola e norma, e per avviso ai Cadorini, che S. M. I. R. A., con venerato decreto sovrano, si è graziosamente degnata di proibire tre colori che non gli vanno a sangue, e sono il bianco il rosso ed il verde. Ogni sovrano ha pieno diritto di bandire i colori che gli riescono antipatici, ma temo pur troppo che le nostre povere montagne dovranno andare in prigione come ribelli, perchè in primavera non potranno nascondere la neve, l'erba e le fragole. Qui le donne sono sorde, e portano fiori e nastri coi tre colori proibiti, e faranno benissimo di metterle tutte dentro, e se come si vede, anche gli uomini seguiranno l'esempio, Sua Maestà sarà costretto di far chiudere le porte delle città, e di considerare i suoi sudditi come tanti prigionieri di Stato. In tale previsione vorrei prendere il largo, ma i miei padroni persistono a non lasciarmi partire. Mi hanno detto che jeri sera vi fu un gran baccano al Teatro della Fenice, e venne freneticamente applaudito un coro nel quale si cantava: «la patria tradita.» L'altra sera ad un ballo nominato la Siciliana, i facinorosi e male intenzionati hanno gridato Viva Napoli, perchè quel re ha dato la costituzione.

      Io non frequento il Teatro, ma assisto ogni domenica alla messa a San Giacomo all'Orio, dove si trova sempre il console del papa, e la gente è tanto fitta che un grano di miglio gettato dall'organo non potrebbe cadere sul pavimento. Credo che se Pio IX venisse a Venezia non avrei da invidiare le feste vedute dal mio povero padre per la venuta di Pio VI, delle quali non si è mai dimenticato in tutta la vita. Ma credo che il nostro imperiale e regio governo non sarebbe troppo contento di questa visita, per cui io non domando altro che di riverirla unitamente a tutti di casa, e mi dichiaro in buona salute, anche per notizia di Maddalena, colla quale le presento la assicurazione d'ogni rispetto del suo devotissimo,

      Antonio Larese del fu Taddeo.»

      «Reverendissimo Signor Arcidiacono

      I venerati decreti di S. M. I. R. A. proibiscono «i discorsi antipolitici» e le riunioni di più persone. E infatti «i facinorosi e male intenzionati» furono causa di nuovi ribaltoni. Il governo fece chiudere varie botteghe e mise in prigione i negozianti che vendevano oggetti coi tre colori ribelli. Guai se un trattore mette nella stessa vetrina delle uova, dei cavoli, e della carne di manzo, questa mostra ostile al governo lo farebbe dichiarare «facinoroso e male intenzionato» e lo condurrebbe direttamente in prigione.

      I fedeli poliziotti sono trasformati in imbianchini, e percorrono le vie con un mastello di calce ed un pennello per cancellare le iscrizioni di «Viva Pio IX, viva l'Italia, morte ai tedeschi,» e devono anche lacerare tutte le cartoline collate sui muri, che dicono cose da far drizzare i capelli ai buoni sudditi. Si dice che anche nelle provincie le popolazioni manchino di rispetto ai croati, mandati da qualche giorno in gran numero, per consolare la gente dabbene. A Padova venne chiusa l'Università, dove quei matti di studenti, mostravano la strana pretesa che gl'italiani dovessero essere i soli padroni d'Italia. Non avrei mai creduto di udire simili enormità, che sono severamente punite dalle leggi. Temo che il mondo vada a gambe levate, colle quali ho paura che voglia colpire le parti deretane di certa gente senza giudizio. In questi giorni abbiamo avuto molta pioggia, senza contare quella delle dimostrazioni antipolitiche, ma siccome il lunario annunzia giorni sereni pel secondo quarto della luna, così mi rassegno al fango colla speranza d'un migliore avvenire, il quale le auguro felice, e in piena salute, come Ella mi intende, mentre mi inchino colla solita venerazione; e mille cose alla Maddalena.

      Suo obbligatissimo ed affezionatissimo servitore

       Antonio Larese del fu Taddeo.»

      «Reverendissimo Sig. Arcidiacono

      Quello che adesso è arrivato me lo aspettava da un pezzo. Sua Maestà il nostro amatissimo sovrano nella sua paterna sollecitudine pei sudditi si è graziosamente degnato di ordinare «il giudizio statario» per tutto il Regno Lombardo-Veneto, ciò che vuol dire che chi non avrà giudizio dovrà subirlo per forza, e il più statario che sarà possibile. Questa veneratissima sovrana patente, abbassata da Vienna, promette d'innalzare alla


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