La novellaja fiorentina. Vittorio Imbriani
questo cagnolino, e quel che mangiate, prima d'assaggiarlo, lo darete sempre a lui. Con questa mazzettina poi, picchiandola in terra, potrete ottenere tutto quello che vi garba. Avete inteso? Ora, tornate al mugnaio, rimettete i maiali, e poi zitti zitti e di nascosto partitevi da casa e andate pur lontano alla ventura, dove vi menano le gambe. Addio.»—E la vecchia sparì a un tratto. I bambini si sentirono tutti rinuzzolire alle parole della vecchia e allegri tornarono a casa co' maiali, e quando gli ebbero rimessi nello stalluccio, veduto che nessuno badava a loro, presero la via, come si dice, tra le gambe, e cammina cammina fino a che non arrivarono stracchi per bene in fondo a un bosco folto, che già era calato il sole e cominciava a far buio. Disse allora il bambino:—«Sorelline, non si pole andar più innanzi; dunque è meglio fermarsi qui a pernottare.»—«Ma dove ci s'ha a sdraiare?»—Domandarono quelle.—«Oh! bella: o che non ho con meco la mazza della vecchina?»—disse il bambino.—«Che volete voi? Un bel palazzo?»—«Sì sì, un palazzo e che non ci manchi nulla dentro.»—Lui battè la mazza in terra e subito una voce per l'aria dice:—«Comandi.»—«Comando un palazzo bello in questo luogo,»—rispose il bambino. E detto fatto, eccoti apparire un palazzo tutto splendente, che era una maraviglia. Subito i bambini c'entraron dentro e quando l'ebbero girato, dice la bambina maggiore:—«I' ho fame: ci vorrebbe un bel desinare apparecchiato.»— E il bambino battuta la mazza, la solita voce domandò:—«Comandi.»—E una mensa riccamente imbandita comparve in un battibaleno in mezzo della sala. Sicchè dunque, mangiato a più potere, tutti e tre preso un lume se n'andarono nelle camere, e insaccato il letto dormirono della grossa. A bruzzolo si svegliano, e quando furono levati comparisce la vecchia.—«Bon giorno, bambini! Siete contenti? state bene?»—«Altro, se siam contenti!»—«Bravi via! veggo che m'avete ubbidito, e anch'io son contenta di voialtri. E se m'ubbidirete sempre, sarà bene per voi.»—«Oh! di certo, che vi si vole ubbidire in tutto quello che ci comandate. Diteci che s'ha da fare.»—E la vecchia:—«Or'ora qui nel bosco ci apparirà il Re di questo paese, che va a caccia: e lui vorrà entrare in questo palazzo. Fategli bell'accoglienza e invitatelo a desinare. Avete vo' capito?»—«S'è capito, sì, sì, e si farà come ci avete detto.»—E la vecchia se n'andò via. Passato un po' di tempo, ecco si sentono de' corni di cacciatori. Arriva il Re e vede in fondo al bosco quel bellissimo palazzo dov'erano alloggiati i tre bambini. Dice:—«Oh! che palazzo è questo? Chi se lo pol'aver fabbricato, se non c'era qualche settimana fa, quando venni a caccia per queste parti? Vo' sapere di chi è.»—Subito corre al portone e picchia e gli aprirono i bambini. Lui rimase a vedere quelle tre belle creatore tutte bionde, e le bambine colla stella in sulla testa; e però diceva in tra di sè:—«E' paion quelle creature che m'aveva impromesso la mi' moglie!»—I bambini lo fecero entrar dentro e lo menarono a visitare il palazzo e tutte le ricchezze e maraviglie che c'erano; e lui non rifiniva mai di guardare e rimaneva a bocc'aperta insenza poter parlare: e poi anche non sapeva farsi una ragione, come que' tre bambini fossero soli, perchè non gli era riuscito vedere punti servitori, nè padroni grandi. Da ultimo il Re stava per licenziarsi; ma i bambini gli dissero che lo gradivano a desinare con loro, e lui, nella speranza di conoscere il babbo e la mamma de' bambini, acconsentì a restarci. Colla mazzetta impertanto il bambino maggiore fece comparire una tavola bell'e apparecchiata, che non ci mancava nulla, e proprio da Re; e all'ora di mangiare i bambini invitarono il Re nella sala e lo fecero mettere a sedere: sicchè desinarono allegramente con di molti discorsi, e i bambini raccontarono al Re che loro non sapevano chi fosse il loro babbo e la loro mamma, e il Re si confondeva a tutti que' racconti. Poi, finito il desinare, il Re se ne volse andare a casa e prima di partire disse:—«Sentite, bambini: m'avete accolto tanto bene e trattato anche meglio, ch'io me ne ricorderò ogni sempre. Anzi, tra quattro giorni io torno a farvi visita e voglio che vo' venghiate a desinare a casa mia. Intendo rendervi la pariglia. E poi vi voglio tanto bene, che tanto non ve ne vorrei se fossi mi' figlioli. Addio.»—La sera, il Re, arrivato al palazzo, disse a su' madre quel che gli era intravvenuto, e che aveva invitato que' tre bambini a desinare, perchè proprio rassomigliavano a quelli che la su' moglie gli aveva promesso. La Regina vecchia si sturbò a quel racconto, ma fece le viste di non essere sospettosa.—«Oh! già, son delle vostre solite! Una volta v'incapricciste d'una campagnuola, e si vedde come andò a finire. Ora pigliate de' contadini bastardi per belle gioie, e ci almanaccate su di fantasia.»—Dice il Re:—«Non almanacco nulla, mamma. Quando gli vedrete que' bambini, conoscerete che ho ragione. E gli ho invitati a desinare, e non mancherò alla mi' parola di Re.»—«Oh! fate voi, che per me non me ne impaccio,»—gli arrispose la madre. Al quarto giorno il Re ritornò a far visita a' bambini. Intanto però bisogna sapere, che nel palazzo c'era riapparsa la vecchia e gli aveva istruiti come dovevano comportarsi.—«Se il Re v'invita a desinare, andate. Ma badate, veh! state all'ubbidienza. Non mangiate nulla insenza prima darne al cane, e non aprite la scatolina che quando vi si dia un gran dispiacere.»—I bambini dissero al Re:—«Noi si viene volentieri, ma a patto che Lei ci permetta di portar con noi questo canino. Senza lui non ci si parte da casa.»—Dice il Re:—«Menatelo pure: a me non mi dà noia.»—Sicchè tutti assieme uscirono fuori e arrivarono al palazzo del Re. Quando furono dentro, il Re menò i bambini alla presenza di su' madre:—«Guardi, mamma, che belle creature! e come sono ammodo.»—La Regina però gli guardava di traverso: poi a un tratto disse:—«Bambini, all'ora di desinare c'è tempo, e forse voi avete fame dopo una spasseggiata tanto lunga. Venite con meco in dispensa, qualche cosa da mangiare ci sarà.»—I bambini non se lo fecero dire du' volte e a salti andaron dietro alla Regina assieme col canino, che scodinzolava a tutto potere. Quando furono nella dispensa, la Regina prese una cofaccia dolce e la diede a' bambini perchè la mangiassero; ma loro, prima staccatone un pezzo lo buttarono al canino, che l'ingollò in un battibaleno, e a male brighe che l'ebbe ingollato, cominciò a dimenarsi e a buttarsi a pancia all'aria, e doppo avere sgambettato annaspando co' piedi, rimase là morto stecchito colla bava alla bocca. A quello spettacolo i bambini si messero a piangere e a urlare che pareva il finimondo: e urla e piangi, che non c'era verso di farli chetare, corse tutta la corte assieme col Re. Tutto a un tratto la bambina maggiore dice:—«Ecco il momento vero di aprire la scatolina, chè un più gran dispiacere non ci si poteva dare:»—Tira la scatolina di tasca e l'apre, e appena aperta scappa fuori un vago uccellino, che comincia a volare per tutte le stanze del palazzo. Allora sì che i bambini urlavano e piangevano più che mai, perchè quell'uccellino gli era scappato via. Si messero tutti a corrergli dietro, ma era impossibile acchiapparlo; sicchè vola di qui, vola di là, non si fermò che in cucina sopra un armadio alto e principiò a cantare:
Piulì, piulì, piulì! La vostra mamma è qui.
Il Re a sentir quel canto rimase tutto confuso e ratturbato. Dice:—«Oh! che vuol dire quest'uccellino?»—E in quel mentre l'uccellino volò sulla finestrina dov'era murata la moglie del Re; e lì daccapo:
Piulì, piulì, piulì! La vostra mamma è qui.
Dice il Re:—«Presto! comando che vengano i muratori e cavino da quella buca la mi' moglie.»—I muratori vennero e col martello smurarono quella disgraziata, che era stata tant'anni a quel modo rinchiusa, e non aveva indosso che la pelle e l'ossa, e sulle gambe non ci si reggeva. La presero a braccia e la portarono nel letto, e con de' brodi e delle medicine gli riuscì dargli un po' più di fiato. Allora il Re gli s'accostò e gli disse:—«Dite il vero e non abbiate temenza, chè son qua per difendervi a tutt'uomo; come sono andate le cose?»—Dice lei:—«Maestà! il vero è che questi tre bambini sono quelli che io gli avevo promesso di partorire al primo parto. Lei domandi alle balie che m'assisterono, chi me li portò via dal letto e ci messe invece tre cani. Lì presente c'era anche la Regina su' mamma. Senta Lei.»—Subito furono mandate a chiamare le du' balie, e loro confessarono che la Regina per astio aveva fatto lo scambio, e che gli aveva dato de' quattrini e una pensione a vita perchè stassero zitte. Si cerca la Regina, ma non si poteva trovare in nessun luogo; finalmente un servitore disse che l'aveva vista entrare dentro la carbonaia a nascondersi. Il Re ordinò che ci si mettesse foco, e a quel gran calore e fumo la vecchia dovette scappar fori, se non voleva morire affogata. Fu presa dalle guardie e legata; e il Re, radunato il tribunale de' Giudici, la fece condannare al supplizio, e senza misericordia gli tagliarono la testa. Il Re poi fece un nuovo sposalizio colla su' moglie, con grand'invito, e riconobbe i figlioli. E da quel giorno,
Se ne stettero e