La novellaja fiorentina. Vittorio Imbriani
il vocabolo atauto:—«Io mi rancurava che doveva essere scannato e neppure morto giacere in pace, ma chiudere dentro di me la povera giovane ed essere l'atauto di quella innocente;»—ed annota:—«Atauto è voce spagnuola, ataùd. Il Giambullari l'usa nel IV Libro della sua Storia, dove dice che il conte Fernando di Castiglia, uccise di sua mano il conte di Tolosa: Il che fatto, comandò che e' fusse rivestito onoratamente di drappi moreschi, e riposto in atauto sontuosissimo. I Napolitani hanno tauto, che non è nè bara, nè feretro, nè cataletto, ma cassa mortuaria. Io sarei tentato a dir piuttosto tauto, parola già modificata italianamente da un popolo italiano, che atauto, usata una sola volta dal Giambullari, il quale la copiò da qualche storico spagnuolo.»—Questo termine spagnuolo ataùd, è tanto bello, che sebbene i francesi ne abbiano uno perfettamente corrispondente in cercueil, il Branthôme cercò di gallicizzarlo e parlando di Bartolomeo d'Alviano, dice: Quel convoy et quelle pompe funèbre! Celle de messire Bertrand de Glesquin fust bien plus belle et plus honnorable, lequel estant mort devant le Chasteau—Randon et ceux de dedans s'estant rendus, fust ordonné et advisé par ceux de l'armée qui commandarent amprès luy, qu'on porteroit sur son tahu, où estoit le corps, les clefs, en signe d'obediance et humilité.
[iii] Mornée, mugnajo e Mornera, mugnaja.
[iv] Pattej (plur. di pattell) pezze, fasce pe' bimbi.
[v] Tœu assolutamente, per: torre in moglie. Dice una canzonetta popolare:
La bella bionda la va al poggiœu Si gh'è on bel giovin che le vaur tœu. Vun le vœur, l'alter le vœur. La bella bionda ghe creppa el cœur.
[vi] Hin, sono, parola che parrebbe chinese. Si narra per ischerzo d'una signora, che andando a far visita a delle amiche, chiese alla portinaja se le padrone fossero in casa:—«Gh'hin?—cioè, ci sono? La portinaia chiede al cuoco delle signore, che usciva per far la spesa:—«Gh'hin?»—Il cuoco si volge alla domestica, che sciorinava e spolverava i tappeti ad una finestra, la quale affacciava sul cortile:—«Gh'hin?»—La domestica risponde al cuoco:—«Gh'hin!»—Il cuoco ripete alla portinaia:—«Gh'hin!»— E la portinaia dice alla visitatrice:—«Gh'hin, gh'hin!»—
[2] Usano sempre il sortire per uscir di casa. Più d'una volta m'è accaduto di domandare a qualche domestico o domestica se il padrone o la padrona fossero usciti e di sentirmi rispondere, quasi per correggermi e farmi la lezione: Sono sortiti. Ma tutti i ben parlanti, spero, persevereranno a dare al verbo sortire i soli significati antichi di aver in sorte e fare una sortita.
[3] Maestà, diceva la novellaja, più volentieri e più spesso di Sua Maestà, come si suol dire nella lingua aulica; e diceva bene, non essendo razionale l'uso del pronome possessivo, quando non ci sia a che riferirlo.
[4] Bisogna aver presente la costruzione solita delle casucce fiorentine, di quelle casucce caratteristiche con due finestrucole di facciata. I portoni non sono carrozzabili. Sorgono per qualche scalino. Ci ha tanti campanelli, quanti quartieri; ed i pigionali di ciascun quartiere tirando una corda di canape o di fil di ferro possono aprir l'uscio di casa.
[5] Eri, eravate.
[6] Vaghissima proprietà della nostra lingua di poter apporre il sostantivo allo aggettivo, quasi come un genitivo retto da questo. Boccaccio. Decameron, VII, 2.—«Almeno m'hai tu consolato di buona e d'onesta giovane di moglie.»—Il Firenzuola adopera questo modo di dire a tutto pasto: La trista della volpe, la pazza della barbiera, il semplice dello istrice, ecc.
[7] Nota quel vien via a casa, quanto più energico del va o torna! E nota la tendenza di adoperare alcuni verbi con qualche avverbio di moto e di luogo, alla inglese, invece del verbo semplice proprio. Così andar di sotto (invece di cadere); star su (invece d'alzarsi); venir su (invece di salire); ed infiniti altri.
[8] L'istesso, qui, nel senso di tale e quale. Sarà stato un canestrino simile, concedo; ma come avrebbe potuto essere il medesimo? Il navicellajo non era certo andato a restituirlo alla Reggia.
[9] Sic. L'effetto per la causa. Forse pittima?
[10] Vedi lo esempio milanese, L'esempi di trii fradej, in nota alla Novella del Mago dalle sette teste, dove invece dell'anello v'è un fazzoletto. Anche nell'Adone del Marini trovasi un anello incantato, che Venere dà al protagonista, ed il quale deve rappresentargliela quand'è lontana. Nel Costantino del De Notariis (Canto XXII. Stanza LXXXIII) abbiamo invece uno specchio.
Specchio di terso acciar, grande a misura
D'un uomo allor che il braccio alto distende,
Tra quelle ricche e luminose mura,
Mostro di meraviglie anco riplende.
A chi l'occhio vi porta, apre e figura
Ne l'imagine sua cose stupende.
Ciò che brama veder, lunge o dappresso
Tutto vi scorge e vivamente espresso.
Nel Bandello (p. I. nov. XXI) v'è una imaginetta di cera, che il Musset, drammatizzando quel racconto, ha trasformato in uno specchio simile tascabile nella sua Conocchia di Barberina.
VII.
L'UCCEL BEL—VERDE.[1]
C'era una volta un Re di Francia che era molto amante della caccia. Un giorno, andando a caccia, i cani principiarono a urlare fortemente. E lui va per tirare a una fiera e invece ci trova una bellissima donna. Il Re, sorpreso di questa bellissima giovane, voleva sapere la ragione perchè l'aveva trovata sola in questo bosco, abbandonata? perchè stava in una grandissima afflizione? Lei dunque gli disse che facesse della sua vita quel che voleva, ma che non le strappasse il secreto de' suoi natali. Il Re rispettò il suo secreto, la fece mettere in corte, le dette il suo quartiere e disse che fosse rispettata come una di famiglia. Dopo alcun tempo il Re andò a far visita alla bella incognita e s'accorse da' suoi modi gentili e dal suo dolore che doveva appartenere ad una famiglia illustre e distinta. E quindi se ne innamorò talmente, che pensò di farla sua sposa. La madre del Re, indispettita di sentire che doveva avere per nuora una sconosciuta trovata in un bosco, giurò che ne avrebbe fatto crudele vendetta e che il sangue de' Reali di Francia non si sarebbe mai contaminato con una sì vile sposa. Difatti, dopo pochi mesi che il Re aveva sposata questa sconosciuta, arrivò un corriere d'Inghilterra intimando al Re una improvvisa guerra. Il Re non poteva intendere come l'Inghilterra volesse fare a lui la guerra senza alcuna ragione. Ma per meglio accomodare le cose pensò di andare lì da sè con un piccolo esercito per conoscere la ragione di questa intimazione. Piangendo