La novellaja fiorentina. Vittorio Imbriani

La novellaja fiorentina - Vittorio Imbriani


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al Re, destino proprio! Ma il Re deve andare alla guerra e gli dice:—«Addio; ricordati della promessa. Ora non ce n'è più che un solo de' figlioli.»—Ella la partorisce e fa la bambina di latte e sangue, co' capelli d'oro e la stella in fronte. Le sorelle per l'istess'omo la fan mettere in un canestrino e buttare in Arno; e ci mettono una tigre in letto, piccolina. Scrivono al Re che la sua sposa l'ha fatta una tigre; quel che le avevano a fare della sua sposa. Lui gli dice:—«Quel che volete; purchè, come io vengo a Firenze, non ci sia nel palazzo.»—Torniamo ora a questi barcaroli. Veggon l'istesso canestrino[8], lo prendono e veggon questa bambina, che! una cosa che sorprendeva. La prendono e la portano a casa del solito navicellajo. E questo poi va cercando la balia, e riprende il maschio e mette la bambina. E de' quattrini de' capelli sempre facevano a mezzo. Venghiamo alle sorelle che il Re gli lascia piena libertà di far quel che le vogliono di questa donna. La prendono, la levano di letto, la portano giù in cantina, la murano di qui in giù; dal collo in giù, tutta murata, altro che la testa fori. Ed ogni giorno gli andavano a portare un po' di pane, un bicchier d'acqua; e uno schiaffo per una gli davano: questo era il suo mangiare. Per tornare un passo addietro, il Re gli aveva scritto che murassero le stanze di questa donna dov'era stata: non le voleva veder più. Il Re torna, bell'e finita la guerra, e non fa menzione della moglie, non ne ricerca, chêh! Entra nel suo quartiere, com'era solito, senza dir nulla. Altro dicendo:—«Guarda come sono stato messo in mezzo da questa donna!»—da sè diceva. Venghiamo ora al navicellajo, che la bambina era grande, la riprende, dà uno sborso al balio e la riporta a casa. Questi ragazzi e questa bambina crescevano che bisognava vedere che belle creature erano codeste! E il navicellajo avea fatta tanta e tanta ricchezza su questi capelli. Dice alla moglie:—«Qui bisogna pensare a questi ragazzi; bisogna fabbricargli un palazzo, poerini, per quando saran grandi.»—Ma questo navicellajo stava poco distante dal Re, padre di questi bambini. Fabbrica questo gran bel palazzo che gli era anche più bello di quello del Re, davvero; con un giardino in dove c'eran tutte le meraviglie, non c'era più che desiderare. Que' bambini sempre crescevano, si fecero giovanettini; la bambina una ragazzina. Quando fu un dato tempo si ammala questo navicellajo e more. Per dispiacere, la moglie, sopraggiunge una febbre e more anco lei. E rimane questi tre giovanetti, ricchi, che figuratevi! non ve la posso dire la ricchezza che su' capelli aveva fatta il navicellajo. E i giovanetti procurorno d'occuparsi in qualche occupazione. La bambina rimaneva in casa a far le faccende domestiche. Quando aveva fatte le sue faccende domestiche, andava nel giardino così per passare una mezz'ora. Poi tornava i fratelli a mangiare, che s'adoravano: questi due fratelli adoravan la bambina e la bambina adorava loro, proprio s'adoravano da veri fratelli. Un giorno, quando l'era nel giardino, la dice da sè:—«Cosa manca in questo giardino? di più non ci pol essere. Oh che degna cosa che è questo giardino!»—Lì al cancello gli si presenta una vecchia:—«Te, tu dici che in questo giardino non manca nulla?»—la gli dice la vecchia.—«Ci mancano tre cose, bambina!»—dice.—«E quali sono?»—«Uccello che parla, albero che canta, fontana che brilla.»—In mentre la bambina la voleva dire:—«E in dove si pol ire?...»—la vecchia la sparisce, la non c'era più. E lei si mette a piangere disperata:—«Ah io credeva che non mancasse nulla, e ci mancano tre cose: uccello che parla; albero che canta; fontana, che brilla!»—E piangeva a calde lagrime. Tornano i fratelli e la veggono disperata in quel modo lì:—«Cosa c'è? cosa ci hai?»—«Eh lasciatemi stare! Era nel giardino che a me dicevo che non mancava nulla, che proprio non ci poteva che desiderare. M'è apparito una vecchia che m'ha detto: Te, lo dici che non manca nulla; ci mancano tre cose: uccello che parla, albero che canta, fontana che brilla.»—«Ah!»—dice il fratello maggiore—«e siei disperata per questo? Sarò io che ti farò felice. Vado io cercando queste tre cose.»—Aveva un anello questo fratello in dito; se lo leva, e gnene mette in dito alla sorella, e gli dice:—«Quando sarà cangiata la pietra, sarà segno che io son morto.»—La sorella non vole che vada:—«Ah!»—l'urla—«io non vo'....»—Ma lui parte e non gli dà retta e va via. Quando gli ha fatto un pezzo di strada; ma un pezzo, via, molto, trova una vecchia che gli dice:—«Dove tu vai, bel giovane?»—«Oh vado in cerca dell'uccello che parla, albero che canta, fontana che brilla.»—«Poerino!»—dice—«tu non sai che hai da camminar tanto!»—«Eh»—dice—«cammini quanto volete: gua', io ho da trovar questa roba.»—In mentre che tu hai finita la strada, tu troverai una bellissima piazza dove c'è una porta. Entra dentro e vedrai un cortile lungo lungo, ma lungo! Di qui e di là non vedrai altro che statue; che sono uomini e donne andati come siei ito tu, tale e quale, per cercare queste tre cose. Te, le puoi avere. Se quando tu senti urlare, strapparti per la persona, se tu non ti volti, questa roba l'è tua; ma se ti volti, tu divieni statua.»—Questo giovane ringraziò questa donna e si rimette in cammino. E cammina quanto può e arriva a questa bellissima piazza che gli avea detto ed entra nel cortile. Appena ch'egli è entrato nel cortile principia a sentire urli.—«Acchiàppalo! acchiàppalo! Lascialo ire! Dàgli, dàgli!»—Chi lo strappa di qui, chi di là, una cosa impossibile, ecco! Lui resiste per un pezzo, ma poi si volta e viene una statua. Veniamo alla sorella. La guarda l'anello e la vede che la pietra divien gialla. Urla:—«Ah! mio fratello, mio fratello è morto!»—Dice l'altro fratello:—«Se è morto il fratello, son vivo io per farti felice.»——E la bambina l'urla che non vol che vada via a nessun costo. L'urla! Ma lui non gli dà retta, scappa via ed è finita. E la ragazza rimane a piangere dicendo:—«Io son la vittima de' miei fratelli! io per la mia ambizione sono la vittima[9] de' miei fratelli!»—Il fratello cammina cammina; quando gli ha fatto un pezzo di strada trova la stessa vecchina dell'altro; l'istessa vecchina l'incontra. E lei dice:—«Dove vai, bel giovane?»—«Vado così a trovare l'uccello che parla, albero che canta, fontana che brilla.»—«Ah poerino, te hai a camminare assai!»—«Eh!»—dice—«questo si sa. Camminerò quanto ci vole! Tanto io l'ho da trovar questa roba.»—«Ma senti. Troverai una bellissima piazza...»—la vecchina gli dice come a quell'altro maggiore.—«E poi te troverai un bellissimo cortile. Appena che tu entri dentro sentirai urlare. Non ti voltare, altrimenti tu diventerai una statua.»—Questo ragazzo la ringrazia, va via, e trova la piazza col cortile e entra dentro. E sente:—«Ah piglialo! acchiappalo!»—Lo strascinavan di qui, lo battevano, mah! non era possibile, gua'! Stancato, si volta.—«Eh state fermi!»—Rimane una statua. Venghiamo alla sorella. Guarda l'anello e vede la pietra cangiata un'altra volta[10]. Lei urla e dice:—«Oh dio! l'è morto anche questo de' miei fratelli! Sono stata io la vittima!»—Che ti fa? Serra il palazzo e va via:—«Sono morti loro, e voglio morire anch'io.»—Quando ha fatto un pezzo di strada, la trova l'istessa vecchina.—«Ah, dove vai, bella ragazza?»—«Ah!»—la gli dice—«vado incontro di uccello che parla, albero che canta, fontana che brilla.»—«Poerina!»—dice—«tu morirai!»—«Eh! come han fatto i miei fratelli! Sono morti loro e voglio morire anch'io!»—«Lo so, che quelli eran tuoi fratelli»—la gli dice.—«Tieni queste due pentole di lardo, con questo pennello. Tieni questa boccettina per mette' l'acqua della fontana. Se ti riesce di passare, èmpila d'acqua, prendi una rama di quell'albero e acchiappa l'uccellino e vien via. Di queste due pentole io ti do, quando tu torni addietro, ungi tutte queste statue, fra quelle c'è anche i tuoi fratelli. Ungile tutte, risuscitan tutte; quante ce ne è, tante risuscitano.»—Poi la gli dice—«questa boccettina, buttala nella tua vasca, tu vedrai come brilla! Quella rama, piantala dove tu vuoi nel tuo giardino, tu sentirai come canta! E l'uccello, mettilo su un posto nel boschetto, tu sentirai come discorre!»—Eccoti la bambina, la ragazza ringrazia questa vecchina e va via via via e trova il posto che gli aveva detto. Entra e principia a sentire:—«Acchiàppala! pìgliala! pìgliala!»—sempre urli; e chi la tirava di qui, chi di là. Ma lei costante, arriva al giardino senza mai voltarsi. Entra dentro, empie la boccettina di acqua, come la vecchina gli aveva detto, prende la rama dell'albero, acchiappa l'uccello e vien via. L'uccello se lo mette in seno e poi la prende queste pentole che gli avevan dato ed unge tutte le statue, che risuscitano. Urla! tutti, uomini e donne:—«Ah ecco la nostra liberatrice! Ah ecco la nostra liberatrice!»—Urla di tutti quelli che risuscitavano. Costì c'era anche i suoi fratelli. Figuratevi! baci, abbracciamenti vedendo la sua sorella. Ognuno andiede alle sue case. La ragazze e i fratelli tornano al loro palazzo. Lei, appena entra
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