Col fuoco non si scherza. Emilio De Marchi
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Passavano queste immagini nell'onda sonora del trappolone, mescolandosi a una Variazione sulla Norma, una complicazione tremenda di semicrome, che le uscivano macchinalmente dalle dita….
Ora Ezio s'era dato tutto agli studî seri, voleva prendere la sua laurea, non perchè avesse bisogno di attaccare un manico al suo nome, ma perchè non si dicesse da nessuno ch'egli non aveva saputo fare quel che cento imbecilli sanno fare. L'orgoglio non è sempre al servizio del diavolo: e una volta inforcato questo cavallo, Ezio era uomo da camminare un pezzo sulla strada del bene. Era il momento di aiutarlo in tutti i modi, compreso quello di copiar per roba sua una scienza comperata per settanta lire….
Passavano questi pensieri, quando il campanello del portone di strada sonò in un modo più forte del solito, come soleva farlo sonar lui. Ezio era qui: l'orologio segnava le nove precise. Flora alzò uno sguardo alla nonna Celina e si scagliò sulla tastiera per darsi della forza e un contegno di artista ispirata. Sentì il suo passo che attraversava il cortiletto, lo sentì entrare, lo sentì fermo dietro le spalle: e piombò sul triplice finale: boum, boum, boum.
—Boum, boum, boum… questo tuo Listz merita di essere impiccato, ma tu non suoni male. Questa non è musica, ma semplicemente una Norma tirata a coda di cavalli.
—Forse è la prima volta che ne dici una giusta—rispose Flora colla solita spigliatezza, in cui soleva rinforzarsi come in una corazza.—Che sia effetto di quel cappellino nuovo di paglia?
—Che ha ella a dire del mio cappellino di paglia?—disse, mettendosi ritto davanti a un gran vetro allumacato, che faceva da specchio al ritratto della nonna Celina.
—È bello… è stupendo… è degno del padrone.
Egli era in giacchettina chiara con una larga fascia color pomodoro, che spiccava assai bene sopra i suoi calzoni color del burro, cascanti e flosci, da cui usciva un paio di scarpe zafferano,—Che cosa mi manca per essere un bel giovine? Celiò mentre si carezzava colla punta delle dita gli scarsi baffi neri e un cespuglietto di barba crespa incipiente, che dava vigore e forza alla sua faccia abbronzata di vice ammiraglio.
—Mamma, c'è Ezio—disse Flora, andando incontro alla signora Matilde, che entrò ravvolta ne' suoi soliti scialli di lana, come se fossimo in novembre, con in testa la sua cuffietta a nastrini celesti, in cui il suo viso pareva ancor più delicato e pallido: ma la finezza dei lineamenti manteneva in quella donna malaticcia un'apparenza di giovinezza, che i quarantacinque anni avean passato da un pezzo.
—Già in piedi la mia cara zia? quando si va ancora alla Cappelletta in canotto?
—Con te mai più—protestò la zietta, che si ricordava un brutto quarto d'ora.—Non avete nessun rispetto dell'acqua.
—Sono i vostri peccati che fanno il lago cattivo.
—I nostri? chi c'era al Ravellino stanotte? è così che lor signori si preparano agli esami di laurea?
—Tu predichi così bene in quella cuffietta che è peccato non far dei peccati.
—E del tuo conte Lolò che n'hai fatto? chiese Flora,—Dove l'hai fatto fare questo elegante attaccapanni?
—Don Andreino è il più impeccabile degli elegantissimi di Milano. È lui che da il tono alla moda.
—È per questo che porta quel corvattone verde e crespo come l'indìvia?
—È l'ultima parola di Parigi. Don Andreino, così minuscolo come lo vedi, sa a memoria il nome di tutti i cavalli che hanno vinto sui turf d'Europa in questi dodici anni.
—E non quello degli asini che perdono?…—rimbeccò la lingua maledica di Flora.
—Non per nulla tu hai sul capo quei capelli rossi e rabbiosi come bisce.
—Se avete qualche cosa a fare non perdetevi in ciarle—osservò la signora Matilde, prendendo posto nel suo seggiolone di velluto nel vano della finestra, mentre i giovani si mettevano a sedere alla tavola di mezzo.
—Brava, tu hai lavorato come un angelo, biondina, e bisognerà che ti faccia un bel regalo…—Bello, mirabile, incantevole…—andava ripetendo Ezio, mentre faceva passare le pagine del manoscritto.—Questi svolazzi faranno colpo sugli esaminatori.
—Bisogna che rileggiamo insieme qualche pagina che non ho ben capita. Quel tuo gobbetto, a ogni fiato, t'incastra una citazione latina che è uno spasimo.
—Il latino dà il sapore alla scienza come i lardelli allo stufato.
Si cominciò col ridere a questo paragone dei lardelli.
La mamma cercò di far la voce grossa, ma i ragazzi risero ancor più forte. Il sole entrava lieto per le due finestre e andava a battere sul volto di nonna Celina, che pareva rider anche lei nella vecchia cornice.
—Prima permettimi una pregiudiziale, come dite voi legali—soggiunse Flora.—Non c'è pericolo che l'autore di questa dissertazione abbia già presentata per roba sua la tesi o l'abbia già venduta ad altri? tu faresti una brutta figura.
—Punto primo la roba vien da Napoli e da Napoli a Genova c'è di mezzo il mare: punto secondo ho mutato il titolo e il principio dei capitoli: punto terzo i professori non sono così bestie da legger quel che noi presentiamo.
—Allora perchè fate le dissertazioni?
—È un uso così.
—Come le cravatte di Lolò.
—Oh no, più stupido.
—Sarete almeno chiamati a esporre le idee fondamentali del vostro lavoro.
—Questo sì. Sarebbe un'eccessiva imprudenza andare agli esami senza aver letto almeno una volta quel che si è scritto. Vuoi una sigaretta, Flora?
—Cominciamo.
—Cominciamo pure. Leggi tu, mentre io tiro due boccate. Tu permetti, zietta?
—Purchè non si faccian discorsi inutili.
Ezio si abbandonò sulla tavola, appoggiò la testa al palmo della mano, e seguendo coll'occhio il manoscritto originale, invitò Flora a leggere la sua copia.
La giovine cominciò con voce netta e scorrevole:
«Nella legge de Sicariis troviamo eguagliato chi prepara il veleno a chi lo somministra. Qui hominis necandi causa…—vuoi masticarlo tu questo lardello?
—Necandi causa—continuò Ezio, mentre Flora seguiva il manoscritto colla punta della penna—venenum confecerit, dederit, vel vendiderit, vel habuerit; quive falsum testimonium dolo malo dixerit… quo… qui… tu hai ragione, questi son scorpioni, non parole,
—Non c'è voluto meno che la mia pazienza e il mio amore per la tua laurea, se ho potuto resistere sino alla fine.
—Tu avrai un bel posto in paradiso.
—Speravo che mi dicessi: ti troverò un bel marito.
—A questo potrò pensarci quando avrò presa la laurea.
—Ahimè misera allora…!—conchiuse ridendo la fanciulla, che sapeva affrontare gli argomenti sdrucciolevoli per darsi il gusto di scivolarvi sopra.
—quo… qui pubblico judicio rei capitalis damnaretur… cioè gli si tagli il collo—continuò il mariuolo, che sapeva anche lui scivolare sugli argomenti sdrucciolevoli.
—…—retur—fece eco Flora:—E altrove nella stessa legge Cornelia:—Nihil…
—Nihil interest occidat quis an causam mortis praebeat.
—…praebeat, Ottaviano Augusto, Valentiniano, Valente, Graziano sotto il titolo:—de iis qui latrones…..
—Salta il lardello, biondina.
—Ulpiano